concreto, di solido. Len pensava che costruire era una cosa molto buona. Per il momento, era d’accordo con Dulinsky. Condivideva le sue idee, a quel riguardo, con tutta la forza di cui era capace.

Una voce lo chiamo, dall’ombra di una pila di travi, intimandogli di fermarsi, e lui disse:

«Salve, Harry, niente paura… sono io.»

Prosegui per la sua strada. Ora gli uomini di guardia erano diventati quattro. Erano armati di robusti bastoni di legno, e dei fuochi ardevano per tutta la notte, illuminando il perimetro della costruzione. Capiva bene quello che provava Mike Dulinsky: l’uomo veniva spesso la, come se fosse stato troppo inquieto per dormire.

Neppure Len riusci a dormire bene, quella notte. Rimase alzato, chiacchierando del piu e del meno, dopo cena, e poi ando a letto, ma pensava al giorno dopo, pensava che al mattino avrebbe percorso Shadwell per raggiungere il recinto dei mercanti, e vi avrebbe trovato Hostetter, Si, sarebbe andata proprio cosi. Lui avrebbe avvicinato Hostetter, con calma, e gli avrebbe detto qualcosa, qualcosa di non compromettente, ma che l’altro avrebbe capito. E Hostetter avrebbe annuito, dicendo, «Va bene, va bene, e inutile continuare a ostacolarti. Ti portero dove vuoi andare. Hai vinto, Len.» Quella scena continuava a ripetersi nella sua mente, e lui sapeva bene che si trattava di una di quelle cose che si sognavano quando si era bambini, e ancora non si sapeva nulla sulla realta. Poi comincio a pensare a Dulinsky, che si era chiesto dove avesse passato tutte le notti Esau, e allora il sonno scomparve. Anche Len desiderava una risposta a quella domanda.

Penso di saperla, quella risposta. Ed era sorprendente notare quale forza avesse quel pensiero. Lui si era detto e ripetuto che Amity non aveva importanza. E allora, perche era cosi turbato?

Si alzo, allora, e usci nella notte calda. Il recinto dei mercanti era buio e silenzioso, un silenzio rotto soltanto da qualche tonfo che giungeva dalle stalle, il movimento pesante e sonnolento dei grandi cavalli. Attraverso il recinto, e risali le strade sonnolente del paese, prendendo deliberatamente la strada piu lunga, per non passare accanto al nuovo magazzino. Non aveva alcun desiderio di fermarsi a scambiare qualche parola con le guardie.

La strada piu lunga lo portava a passare accanto alla casa del giudice Taylor. La non si muoveva nulla, e nessuna luce trapelava dalle finestre. Individuo la finestra della camera di Amity, e poi provo un senso di vergogna, e si allontano, dirigendosi ai moli.

La porta dell’ufficio di Dulinsky era chiusa, ma ora anche Esau aveva la chiave, e questo non significava nulla. Len esito. L’effluvio umido del fiume era forte nell’aria, un presagio di pioggia, e il cielo era rannuvolato. I fuochi dei guardiani ardevano, piu lontano, lungo l’argine. C’era molto silenzio, e, stranamente, l’ufficio aveva l’aria di un edificio vuoto. Len apri la porta, usando la sua chiave, ed entro.

Esau non c’era.

Len rimase immobile, per diversi secondi, dapprima pervaso da una collera cupa e sorda, poi calmandosi, gradualmente, provando un senso di disgusto e di disprezzo per la stupidita di Esau. In quanto ad Amity, se era quello che lei voleva, poteva accomodarsi ed essere felice. Lui non era in collera. Non molto, almeno.

La branda di Esau era intatta: nessuno l’aveva toccata. Len sollevo la coperta, piegandola con cura. Mise gli stivali di ricambio di Esau sotto il bordo della branda, raccolse una camicia sporca e l’appese con cura a un chiodo. Poi accese la lampada, accanto al letto di Esau, la regolo in modo che la fiammella ardesse al minimo, e la lascio accesa. Poi usci, lasciando la porta dell’ufficio chiusa a chiave.

Era molto tardi, quando rientro nel recinto dei mercanti. Malgrado cio, rimase per molto tempo seduto sul gradino della sua baracca, guardando la notte e pensando. Pensieri pieni di solitudine.

Al mattino, egli si fermo in ufficio, per prendere la lettera che Dulinsky aveva preparato per giustificare il suo viaggio a Shadwell, ed Esau era la, con un volto cosi grigiastro, livido e vecchio che Len provo, quasi, un senso di compassione per lui.

«Cosa ti succede?» domando.

Esau rispose con una specie di brontolio minaccioso.

«Mi sembri spaventato a morte,» disse Len, deliberatamente. «Qualcuno ti ha minacciato, per il magazzino?»

«Bada agli affari tuoi, accidenti a te!» ringhio Esau, e Len sorrise interiormente. Che sudasse, che sudasse copiosamente. Certo si domandava chi fosse stato la, durante la notte, quando lui era stato dove non avrebbe dovuto essere. E si doveva tormentare, chiedendosi chi fosse al corrente… e quali fossero le sue intenzioni. La paura gli avrebbe fatto bene.

Scese al molo piu vicino, e prese il traghetto, un grande battello piatto e massiccio con una specie di cassero che proteggeva il motore a vapore e la legna che lo alimentava. Una pioggia insistente, uggiosa, aveva cominciato a cadere, e la riva opposta era nascosta dalla nebbia. Un mercante diretto a sud, con un carico di lana e di pelli conciate, stava attraversando il fiume a sua volta. Len lo aiuto a guidare i cavalli, e poi sedette con lui sul carro, ricordando quali cose magiche fossero stati i carri quando lui era stato un ragazzo. La Fiera di Canfield pareva qualcosa di strano, lontana un milione di anni. Il mercante era un uomo magro, con una barba biondiccia, che gli ricordava molto Soames. Rabbrividi, e abbasso lo sguardo, fissando il fiume, la dove le acque lente e imperiose scorrevano eternamente verso occidente. Una lancia stava risalendo la corrente, a fatica, tra grandi spruzzi di schiuma. La lancia saluto con un ululato lamentoso della sirena il traghetto, e il traghetto rispose, e poi da oriente una terza voce parlo, e una processione di chiatte discese lentamente, a buona distanza da loro, chiatte cariche di carbone che scintillava lucido e nero sotto la pioggia.

Shadwell era un centro piccolo, e nuovo, e primitivo, in un certo senso, e cresceva cosi in fretta che dovunque si girasse lo sguardo si vedevano degli edifici in costruzione. Il porto era tutto un ronzio di attivita, e su una collinetta, dietro i moli, la grande casa di Shadwell se ne stava torva, a guardare lo scenario con i suoi occhi di vetro.

Len s’incammino lentamente verso l’ufficio del magazzino al quale era destinata la sua lettera. Molti degli uomini che avrebbero dovuto essere impegnati nelle costruzioni, quel mattino, non erano al lavoro, a causa della pioggia. C’era una piccola squadra di operai, riunita sul portico di un negozio. Len ebbe l’impressione di venire osservato con troppa attenzione, ma probabilmente questo era dovuto al fatto che lui era uno straniero disceso dal traghetto. Entro nell’ufficio, e consegno la lettera a un ometto piccolo e anziano che si chiamava Gerrit, che la lesse frettolosamente e poi squadro Len, come se fosse stato un animale viscido, uscito strisciando dalla fanghiglia delle acque basse della riva.

«Potete dire a Mike Dulinsky,» disse, «Che io seguo le parole del Buon Libro, che mi proibiscono di avere commercio con gli uomini empi e gli operatori d’iniquita. E in quanto a voi, vi suggerisco di fare lo stesso. Ma voi siete giovane, e i giovani sono sempre amici del peccato, cosi non sprechero il fiato. Andatevene».

Getto la lettera in un cestino dei rifiuti, e volto le spalle a Len. Len si strinse nelle spalle, e usci dall’ufficio. Attraverso la piazza fangosa, diretto al recinto dei mercanti. Uno degli uomini, sotto il portico del negozio, scese i gradini, e con aria distratta si avvicino all’ufficio di Gerrit. Stava piovendo piu forte, ora, e rivoletti di acqua giallastra scorrevano dappertutto sul terreno nudo.

C’erano moltissimi carri nel recinto, ma nessuno di loro portava sul tendone il nome di Hostetter. Quasi tutti gli uomini erano al riparo, a causa della pioggia. Non vide nessuno che conosceva, e nessuno gli rivolse la parola. Dopo qualche tempo, volto le spalle ai carri, e torno indietro.

La piazza era piena di uomini. Erano in piedi sotto la pioggia, e l’acqua gialla e fangosa si muoveva intorno ai loro stivali, ma a loro pareva indifferente. Tutti guardavano dalla stessa parte… tutti guardavano Len.

Uno di loro disse:

«Voi siete di Refuge».

Len annui.

«Lavorate per Dulinsky».

Len si strinse nelle spalle, e fece per passare oltre.

Altri due uomini si misero ai suoi fianchi, e gli afferrarono le braccia. Lui cerco di liberarsi, ma essi lo tennero stretto, uno da ciascun lato, e quando cerco di divincolarsi scalciando, gli bloccarono anche le gambe.

Il primo uomo disse:

«Abbiamo un messaggio per Refuge. Potete riferirlo voi. Non lasceremo che prendano cio che e nostro di diritto. Se non ci penseranno loro a fermare Dulinsky, lo fermeremo noi. Siete capace di ricordare il messaggio?»

Len lo guardo freddamente, ma era spaventato. Non disse niente.

«Fateglielo ricordare, ragazzi,» disse il primo uomo.

I due uomini che lo tenevano stretto furono raggiunti da altri due. Insieme, costrinsero Len ad abbassarsi, con il viso nel fango. Lui si rialzo, e quando fu di nuovo sulle mani e sulle ginocchia, essi lo colpirono con calci precisi, freddi e violenti, gettandolo di nuovo nel fango, poi afferrandolo per le braccia e costringendolo a girarsi. Poi qualcun altro lo prese, e un altro, e un altro ancora, sballottandolo e colpendolo per tutta la piazza, in un silenzio innaturale, rotto soltanto da grugniti dovuti allo sforzo: nessuno gli fece veramente male, ma nessuno gli diede la possibilita di reagire. Quando ebbero finito, se ne andarono, e lo lasciarono, stordito e ansante, seduto nel fango, con la bocca piena di fango e di acqua. Riusci a rimettersi in piedi, allora, e si guardo intorno, ma ora la piazza era deserta. Scese al traghetto, e sali a bordo, benche la partenza fosse ancora lontana. Era fradicio e intirizzito, e tremava, anche se non avvertiva un vero e proprio senso di freddo.

Il capitano del traghetto era nato a Refuge. Aiuto Len a pulirsi, e gli diede una coperta, prendendola dalle proprie provviste. Poi Len guardo le strade di Shadwell.

«Li ammazzo,» disse Len. «Giuro che li ammazzo.»

«Certo,» disse il capitano del traghetto. «E vi diro una cosa. Sara meglio che non vengano a Refuge a provocare guai, altrimenti si accorgeranno che cosa significa andare in cerca di guai».

Nel primo pomeriggio la pioggia cesso di cadere, e alle cinque, quando il traghetto si ormeggio di nuovo a Refuge, il cielo si stava gia rasserenando. Len ando subito da Dulinsky, a raccontare quello che era accaduto, e Dulinsky assunse un’espressione grave e scosse il capo.

«Mi dispiace, Len,» disse. «Avrei dovuto saperlo. Non avrei dovuto permetterti di fare questo».

«Ebbene,» disse Len, «Non mi hanno fatto alcun male, in realta, e adesso voi sapete come stanno le cose. Certamente verranno qui, all’adunanza. Potete scommetterci».

Dulinsky annui. I suoi occhi cominciarono a brillare, di quella sua fiamma fredda, e poi egli si frego le mani.

«Forse e quello che volevamo,» disse. «Presto, va’ a cambiarti e a mangiare qualcosa. Ci vediamo dopo».

Len s’incammino verso la baracca che era diventata la sua casa, ma Dulinsky lo aveva gia preceduto, e tutti i moli erano pieni di uomini di guardia, e le guardie del nuovo magazzino erano state raddoppiate.

Nel recinto dei mercanti, Fisher vide Len, gli si avvicino, e domando, apprensivo:

«Cosa e successo, Len?»

«Ho avuto dei guai con quelli di Shadwell,» rispose Len, ancora troppo in collera per provare il desiderio di parlarne. Entro nella sua baracca, e chiuse la porta, e comincio a spogliarsi, togliendosi gli abiti che erano diventati duri e impastati, per il fango rappreso.

E per tutto il tempo, continuo a porsi delle domande.

Si domando se Hostetter lo avesse abbandonato. E si domando inoltre se Hostetter, o chiunque altro, fosse stato realmente in grado di fare qualcosa, quando il momento sarebbe venuto. Ricordo la voce, che aveva detto qualcosa… qualcosa sul fatto che non sempre lui avrebbe potuto essere salvato.

Quando si fece buio, usci dalla baracca, e si avvio verso la piazza del paese, per partecipare all’adunanza.

11.

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