intorno al morso del cavallo lo spruzzo. C’era un’intera famiglia sul carro, l’uomo ritto a cassetta, con lo sguardo di un folle, con la mano alzata per far schioccare la frusta, con le donne che urlavano abbracciate, dietro, e i bambini stretti e piangenti. C’era della gente nella piazza, gruppetti divisi, alcuni si dirigevano verso la strada che portava a settentrione, altri correvano smarriti, senza meta, donne che chiedevano se qualcuno avesse visto i loro mariti e i loro figli, chiedendo, sempre chiedendo, cosa succede, cosa sta accadendo? Len correva tra quella gente smarrita, verso la strada di settentrione, la grande arteria che portava a nord.

Dulinsky era la, ai confini del paese, dove la grande strada polverosa solcava i campi di grano quasi maturo per la mietitura. C’erano circa duecento uomini con lui, armati di bastoni e di sbarre di ferro, con fucili e moschetti, con picconi e asce. Avevano l’aspetto risoluto e ansioso. Il volto di Dulinsky, arrossato dal sole, era rosso solo in superficie. Sotto l’abbronzatura era pallido. Continuava a strofinarsi le mani sui pantaloni, passando il pesante bastone da una mano all’altra. Len si fece avanti, si mise accanto a lui. Dulinsky gli lancio un’occhiata, ma non disse niente. La sua attenzione era rivolta a nord, dove un compatto muro di polvere giallo-bruna avanzava, spandendosi attraverso la strada e sul grano. Il suono dell’inno giungeva da quella parete in marcia, con un ritmico calpestio di piedi, e attraverso i contorni si distinguevano dei bagliori, qua e la, come se lucenti superfici di metallo riflettessero il sole.

«E il nostro paese,» disse Len. «Non hanno alcun diritto su di esso. Possiamo batterli».

Dulinsky si asciugo il viso sulla manica della camicia. Grugni. Avrebbe potuto essere una domanda, o una risata. Len si guardo intorno, osservo gli uomini di Refuge.

«Combatteranno,» disse.

«Davvero?» domando Dulinsky.

«Erano tutti con voi, stanotte».

«Questo era stanotte. Ora e giorno».

Il muro di polvere veniva avanti, ed era pieno di uomini. Si fermo, e la polvere venne soffiata via dal vento, o si poso sul terreno, ma gli uomini rimasero, diritti, una grande macchia solida che sbarrava la strada polverosa, e traboccava ai lati, sul grano calpestato. I riflessi brillanti diventarono lunghe, ricurve lame di falci, e falcetti, e qua e la canne di fucile.

«Qualcuno deve avere camminato tutta la notte,» disse Dulinsky. «Guardali. Ci sono tutti i maledetti contadini pidocchiosi di tre contee». Si asciugo di nuovo il viso, e parlo agli uomini che si trovavano dietro di lui. «State calmi, ragazzi. Non vi faranno niente». Fece qualche passo avanti, con espressione altezzosa e impassibile, con gli occhi che lanciavano rapidi sguardi saettanti di qua e di la.

Un uomo dai capelli bianchi e dal severo volto abbronzato come cuoio antico si fece avanti per incontrarlo. Portava un fucile da caccia nell’incavo del braccio, e il suo passo era quello di un contadino, pesante e ondeggiante. Ma egli raddrizzo il capo, e grido agli uomini di Refuge che attendevano sulla strada, e c’era qualcosa, nella sua voce aspra e stridente, che fece ricordare a Len il predicatore di quella notte.

«Fatevi da parte!» grido. «Non vogliamo uccidere, ma possiamo farlo, se vi saremo costretti, cosi fatevi da parte, in nome del Signore!»

«Aspettate un minuto,» disse Dulinsky. «Solo un minuto, per favore. Questo e il nostro paese. Posso chiedervi quali interessi pensate di avere, qui?»

L’uomo lo fisso duramente, e disse:

«Non avremo citta in mezzo a noi!»

«Citta,» disse Dulinsky. «Citta!» Scoppio a ridere. «Ora ascoltatemi, signore. Voi siete Noah Burdette, vero? Vi conosco bene, di vista e reputazione. Avete una grande fama di predicatore nella regione intorno ai Twin Lakes».

Fece qualche altro passo avanti, parlando con tono gentile e calmo, come un uomo convinto di volgere a proprio favore la discussione.

«Voi siete un uomo onesto e sincero, signor Burdette, e capisco che agite in base a informazioni che credete veritiere. Cosi sono sicuro che sarete contento di sapere che le vostre informazioni sono sbagliate, e non c’e alcun bisogno di ricorrere alla violenza. Io…».

«La violenza!» lo interruppe Burdette. «Non e quella che io cerco, ma non indietreggio di fronte a essa, quando si tratta di combattere per una buona causa». Squadro Dulinsky, lentamente, deliberatamente, con il volto duro come pietra. «Anch’io vi conosco, di nome e reputazione, e potete risparmiare il fiato. Volete tirarvi da parte?»

«Ascoltate,» disse Dulinsky, e nella sua voce entro una nota di disperazione. «Vi hanno detto che io tento di costruire una citta, qui, ed e una pazzia! Io cerco solo di costruire un magazzino, e ne ho pieno diritto, come voi avete diritto di costruire un nuovo fienile. Non potete venire qui a darmi degli ordini, come io non ho il diritto di venire a farlo nella vostra fattoria!»

«Io sono qui,» disse Burdette.

Dulinsky si volto, per un momento, guardando la strada alle sue spalle. Len si avvicino a lui, come se avesse voluto dirgli che era al suo fianco. E poi il giudice Taylor si avvicino, attraversando le fila disordinate e rade degli uomini di Refuge, dicendo:

«Disperdetevi, tornate alle vostre case, e restateci. Non vi sara fatto alcun male. Deponete le vostre armi, e tornate a casa».

Tutti esitarono, guardandosi l’un l’altro, guardando Dulinsky e la solida massa dei contadini. E Dulinsky disse al giudice, in tono d’infinito disprezzo:

«Voi, maledetta pecora vigliacca! Voi avete organizzato tutto questo».

«Avete gia fatto abbastanza danni, Mike,» disse il giudice, pallidissimo, ergendosi in tutta la sua statura. «Non c’e bisogno che tutti gli abitanti di Refuge ne soffrano. Fatevi da parte».

Dulinsky guardo con ira prima lui, e poi Burdette.

«Cosa intendete fare?»

«Mondare il male,» disse lentamente Burdette, «Come il Libro ci dice di fare, bruciandolo col fuoco».

«Per dirla in parole povere,» fece Dulinsky, «Voi intendete bruciare i miei magazzini, e tutte le altre cose che avrete voglia di bruciare. E io vi dico che non lo farete, accidenti a voi». Si volse, e grido agli uomini di Refuge. «Ascoltatemi, idioti, credete che abbiano intenzione di limitarsi al mio magazzino? Faranno bruciare tutto il paese. Non capite che questo e il momento cruciale, quello che decidera come vivrete per i prossimi decenni? Volete essere degli uomini liberi, o dei maledetti schiavi striscianti?»

La sua voce si alzo, divento un ruggito.

«Avanti, combattete per le vostre case e per il vostro paese, che Dio vi maledica, combattete!»

Si volto, e si lancio contro Burdette, sollevando il bastone sopra la propria testa, pronto a colpire.

Senza fretta e senza pieta, Burdette alzo il fucile e sparo.

Lo sparo produsse un rumore fortissimo, nel silenzio. Dulinsky si arresto di botto, come se avesse urtato una parete solida. Rimase in piedi per un secondo o due, e poi il bastone gli cadde dalle mani, e le braccia gli ricaddero sui fianchi, contraendosi intorno allo stomaco. Le ginocchia si piegarono, ed egli cadde lentamente in ginocchio nella polvere.

Len si lancio avanti a sua volta.

Dulinsky si volse a fissarlo, con un’espressione di immensa, attonita sorpresa. La sua bocca si apri. Apparentemente, tento di dire qualcosa, ma dalle sue labbra usci soltanto uno spruzzo di sangue. E poi, d’un tratto, il suo volto divento vacuo e remoto, come una finestra quando qualcuno spegne la candela nella stanza. Cadde in avanti, e giacque immobile.

«Mike,» disse il giudice Taylor. «Mike?» Guardo Burdette, e i suoi occhi cominciarono a dilatarsi. «Che cosa avete fatto?»

«Assassino,» disse Len, e la parola era diretta sia a Burdette che al giudice. La sua voce si spezzo, e poi divento un grido aspro. «Maledetto vigliacco assassino!» Sollevo i pugni, e si avvento contro Burdette, ma la linea dei contadini aveva cominciato a muoversi, come se la morte di Dulinsky fosse stata il segnale atteso, e Len venne travolto come un uomo caduto nel fronte di un’onda impetuosa. Burdette se ne era andato, e ora di fronte a lui c’era un giovane contadino tarchiato, con un lungo collo e le spalle curve e la stessa bocca del giovane che aveva gridato la sua accusa contro Soames. Brandiva un palo in mano, un palo come quelli usati per le staccionate dei pascoli, e lo calo sulla testa di Len, ridendo, una risata chioccia e frettolosa e sgradevole, e i suoi occhi scintillavano di un’immensa eccitazione. Len cadde nella polvere. Pesanti stivali passarono sopra il suo corpo, lo scalciarono, si mossero intorno a lui, come un’onda inarrestabile, coprendolo di lividi e di dolore e di polvere, ed egli si rannicchio, istintivamente, proteggendosi la testa e il collo con le braccia, per non essere schiacciato. Era tutto molto buio intorno a lui, ora, come se fosse improvvisamente calata la notte, e gli uomini di Refuge erano lontanissimi, dietro a un velo tenebroso e ondeggiante, ma riusci a vederli, mentre se ne andavano in tutte le direzioni, confondendosi nell’aria afosa, fino a quando la strada non fu deserta davanti ai contadini, e nulla piu si frappose tra loro e il paese. E cosi essi avanzarono su Refuge nel pomeriggio soffocante e torrido, sollevando di nuovo la polvere della loro marcia, e quando la polvere si poso di nuovo erano rimasti soltanto Len, e il cadavere di Dulinsky disteso nella polvere e calpestato, a pochi metri da lui, e il giudice Taylor, in piedi, in mezzo alla strada, nella stessa posizione di prima, il giudice Taylor che stava fermo la, immobile, e fissava Dulinsky.

13.

Lentamente, Len si rialzo in piedi. La testa gli doleva sordamente, e provava un senso di nausea che lo faceva vacillare, ma il desiderio di allontanarsi da quel luogo era cosi intenso, cosi imperioso, che egli costrinse il proprio corpo a camminare, malgrado tutto. Giro intorno al cadavere di Dulinsky, evitando con cura le macchie scure che imbrattavano la polvere in quel punto, e passo davanti al giudice Taylor. Non si parlarono, ne si guardarono. Len prosegui, camminando verso Refuge, fino a quando non si trovo a pochi metri dalla piazza, dove c’era un frutteto ai margini della strada, e poi s’incammino tra i meli, e quando penso di essere riparato dalla vista di coloro che potevano trovarsi sulla strada, scivolo a sedere sull’erba alta, mise la testa tra le ginocchia, e vomito. Un gelo terribile era sceso sul suo corpo, che era scosso da un tremito continuo. Aspetto che tutto questo passasse, insieme ai conati di nausea, e poi si alzo nuovamente in piedi, e prosegui, tenendosi a occidente, al riparo degli alberi.

Si udiva un rumore confuso in distanza, verso il fiume. Uno sbuffo di fumo si sollevo lento nell’aria chiara, e poi un altro, e d’un tratto si udi un sordo, tumultuoso rombo, e l’intera riva del fiume parve scoppiare in fiamme, e il fumo sali ribollente, nero e grasso e molto denso, illuminato in basso dalle fiamme che venivano dai barili di pece e dal petrolio delle lampade. Ora le strade del paese erano ingombre di carri e di cavalli e di gente che correva in preda al panico. Qua e la, qualcuno aiutava un ferito. Len li evito, passando per i vicoli e attraversando i campi periferici. Il fumo diventava sempre piu nero e denso, saliva ribollendo nel cielo e nascondeva l’azzurro e trasformava il sole in un livido, minaccioso disco ramato. E ora nel fumo c’erano delle scintille, e pezzi di materia infiammata scagliati verso l’alto. Quando raggiunse un posto piu elevato, Len vide che c’erano degli uomini sui tetti di alcune case, e sulla chiesa e sul municipio, uomini che si passavano dei secchi d’acqua per bagnare gli edifici. Di la, pote vedere anche la riva del fiume. Il nuovo magazzino stava bruciando, e anche gli altri quattro che erano stati di proprieta di Dulinsky, ma la distruzione non si era fermata la. C’era un tramestio, uno scuotere di armi e un ondeggiare di piccoli gruppi di uomini, e lungo tutta la linea dei moli e dei magazzini nuovi fuochi si stavano sviluppando.

Sull’altra riva del fiume, Shadwell osservava ma non si muoveva.

Le stalle e le baracche del recinto dei mercanti erano in fiamme, quando Len vi giunse. Nugoli di scintille erano caduti sulle masse di fieno e biada, e altre scintille cominciavano a consumare le tettoie di legno dei ripari. Len corse nella baracca che aveva occupato, e afferro il suo zaino di tela, e la sua coperta. Quando usci dalla porta, senti che stavano arrivando degli uomini, e si rifugio frettolosamente tra gli alberi che sorgevano da un lato. Le foglie verdi e asciutte si stavano gia increspando, e i rami erano scossi da un bizzarro vento malato. Una banda di contadini stava arrivando dal fiume. Si fermarono ai margini del recinto, ansando, guardandosi intorno con occhi brillanti e feroci. Gli stalli adibiti alle vendite all’asta erano ancora intatti, uno dei contadini, un gigante dalla barba rossa, dalle guance infuocate e dalla voce che rombava come un tuono, punto il braccio in quella direzione, e urlo qualcosa riguardo ai cambiavalute nel Tempio. Tutti mandarono avide grida, come una muta di cani famelici giunti alla tana del procione, e corsero verso la lunga fila di banchi e capannoni, fracassando tutto cio che si poteva rompere, e ammucchiando i rottami, e appiccando fuoco a ogni cosa con una torcia brandita da uno di essi. Poi essi proseguirono, calpestando e fracassando e incendiando tutto cio che incontravano sulla loro strada. Len penso al giudice Taylor, che se ne stava da solo al centro della strada, intento a fissare il cadavere di Dulinsky. Avrebbe avuto molte altre cose da osservare, prima che quella giornata fosse finita.

Prosegui con cautela tra gli alberi, avvicinandosi al fiume, sempre tenendosi al riparo, attraverso un crepuscolo spettrale e sulfureo. L’aria era soffocante per il sentore di bruciato, di pece e legno e olio e pelli. La cenere cadeva, come una neve grigia e bruciante. Poteva sentire la campana del paese che suonava disperatamente a distesa, segnalando l’incendio, ma non pote vedere molto in quella direzione, a causa del fumo e degli alberi. Poi arrivo sulla riva del fiume, in un punto molto distante da quello del nuovo magazzino, e comincio a percorrere la strada che portava ai moli,

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