14.
Era notte, una notte calda e tranquilla. C’era la luna, che illuminava la superficie del fiume e trasformava le rive in due masse di ombra nera. La barca scivolava sbuffando dolcemente, con il fumaiolo che sbuffava pigro, e le semplici macchine protette dal legno e dai teli impermeabili. Len aveva trovato un posto sul ponte. Aveva dormito per qualche ora, e adesso sedeva con la schiena appoggiata a un grosso sacco, osservando il fluire dell’acqua piena d’argento.
Hostetter si avvicino, camminando lentamente nello spazio angusto lasciato libero a prua, seguito da una scia di aroma di tabacco, che veniva dalla sua vecchia pipa. Vide Len seduto in quell’angolo, e si fermo.
«Ti senti meglio?»
«Sono nauseato,» disse Len, con tanta veemenza da non lasciare dubbi sul significato delle sue parole. Hostetter annui.
«Ora capisci quello che ho provato io, quella notte, quando uccisero Bill Soames».
«Assassini,» disse Len. «Vigliacchi. Bastardi». Li maledisse, fino a quando le parole non gli si soffocarono in gola. «Avreste dovuto vederli fermi in mezzo alla strada, e sui campi. E poi Burdette gli ha sparato. Lo ha ucciso, come si uccide un verme trovato in mezzo al grano».
«Si,» disse Hostetter, lentamente. «Avremmo potuto tirarti fuori prima, se non fossi andato ad aiutare Dulinsky. Povero diavolo. Ma non sono molto sorpreso».
«Non avreste potuto aiutarlo, voi?»
«Noi? Vuoi dire Bartorstown?»
«Lui desiderava le stesse cose che voi volete. Crescita, progresso, intelligenza, un futuro. Non avreste potuto aiutarlo?»
C’era una nota tagliente, nella voce di Len, ma Hostetter si limito a togliersi la pipa di bocca, e a domandare, sommessamente:
«Come?»
Len riflette per qualche secondo. Dopo un breve silenzio, disse:
«Suppongo che non vi fosse possibile».
«Non avremmo potuto aiutarlo, senza un esercito. Noi non abbiamo un esercito, e se lo avessimo non lo useremmo. Ci vuole una forza quasi onnipotente per cambiare il modo di pensare e di vivere della gente. Avevamo una forza simile soltanto ieri, ieri per come scorre il tempo per le nazioni, e non vogliamo piu saperne, perche i suoi frutti sono stati amari».
«Era di questo che aveva paura il giudice. Il cambiamento. E cosi e rimasto immobile, a guardar morire Dulinsky». Len scosse il capo. «Ed e morto per niente. Ecco per che cosa e morto…
«No,» lo corresse Hostetter, con voce quieta. «Non direi questo. Ma ci vuole molto, molto di piu di un solo Dulinsky. Ce ne vogliono molti come lui, uno dopo l’altro, in molti posti diversi…».
«E altri Burdette, e altri incendi».
«Si. E un giorno ne verra uno al momento giusto, e il cambiamento avverra allora».
«C’e molto da aspettare».
«Le cose stanno cosi. E allora tutti i Dulinsky diventeranno martiri di un grande ideale. Nel frattempo, essi sono i disturbatori della pace. E maledizione, Len, sai bene che in un certo senso hanno ragione. Sono comodi e felici. Chi sei, tu… o chiunque altro… per dire loro che tutto deve essere cambiato?»
Len si volse a guardare Hostetter, nel chiarore d’argento della luna.
«E per questo che ve ne state in disparte a osservare?»
Hostetter disse, con una lievissima traccia d’impazienza nella voce.
«Non credo che tu abbia ancora compreso bene chi siamo, e che cosa siamo. Non siamo i superuomini che tu pensi. Dobbiamo gia impiegare tutte le nostre capacita e i nostri sforzi per sopravvivere, senza tentare di cambiare un paese che non vuole essere cambiato».
«Ma come potete dire che essi hanno ragione? Massacratori ignoranti come Burdette, ipocriti come il giudice…».
«Uomini onesti, Len, entrambi. Si, onesti davvero. Entrambi si sono alzati, stamattina, infiammati di nobili pensieri e di buoni propositi, e sono andati a fare cio che era giusto, secondo il loro modo di vedere. Non e mai stato commesso un solo atto, fin dal principio del tempo, dal bambino che ha rubato un candito al dittatore che si e macchiato di genocidio, che non fosse stato compiuto da una persona convinta di avere tutte le piu valide giustificazioni. Si tratta di un espediente mentale, qualcosa che si chiama razionalizzazione, e ha fatto piu male alla razza umana di qualsiasi altra catastrofe che si sia abbattuta sul mondo».
«Si, forse quanto voi dite puo valere per Burdette,» disse Len, riluttante. «E uguale a quell’uomo che predicava, quella famosa notte. Ma il giudice no. Il giudice sapeva bene quello che sarebbe accaduto».
«Non sul momento. E questo il brutto, Len. I dubbi vengono sempre dopo, e quando e generalmente troppo tardi. Prendi il tuo caso, Len. Quando sei fuggito da casa, avevi dei dubbi su cio che stavi facendo? Ti sei detto qualcosa come, diciamo, ’Sto facendo una cosa cattiva, rendero molto infelici i miei genitori’, o qualcosa del genere?»
Len abbasso il capo, fissando le acque inargentate per molto tempo, senza dare risposta. Infine disse, con voce stranamente sommessa:
«Come stanno? Tutti bene?»
«L’ultima volta che li ho visti stavano bene. Non ci sono stato, questa primavera».
«E la nonna?»
«E morta, e stato un anno a dicembre».
«Si, capisco,» disse Len. «Era molto, molto vecchia». Era strano quello che lui provava pensando alla nonna, come se una parte della sua vita se ne fosse andata con lei. Improvvisamente, con dolorosa chiarezza, la rivide seduta sul gradino, sotto il sole, intenta a guardare i fiammeggianti alberi di ottobre, e a parlare del vestito rosso che aveva avuto tanto, tanto tempo prima, quando il mondo era stato un posto diverso.
Disse:
«Papa non riusciva mai a farla star zitta».
Hostetter annui.
«La mia nonna era uguale».
Ci fu di nuovo silenzio. Len rimase seduto a fissare il fiume d’argento, a pensare alle cose di ieri, e il passato era un fardello pesante sopra di lui, e lui non voleva piu andare a Bartorstown. Voleva andare a casa.
«Tuo fratello si sta comportando molto bene,» sorrise Hostetter. «Ora ha due bambini».
«Sono contento».
«Piper’s Run non e cambiato molto».
«No,» disse Len. «No, penso di no». E poi aggiunse, «Oh, per favore, state zitto!»
Hostetter sorrise.
«Questo e il vantaggio che ho su di te. Io torno a casa. Ed e passato molto tempo».
«Allora voi non siete affatto della Pennsylvania».
«La mia famiglia veniva di la. Io sono nato a Bartorstown».
Un’antica ira sorda si risveglio nel cuore di Len, e lo pungolo.
«Ascoltate,» disse. «Voi sapevate per quale motivo eravamo scappati. Dovete avere saputo fin dall’inizio dove eravamo, e che cosa stavamo facendo».
«Mi sentivo un po’ responsabile, e vero,» ammise Hostetter. «Vi ho sempre seguito».
«Va bene,» disse Len. «Perche ci avete costretti ad aspettare cosi a lungo? Sapevate dove volevamo andare».
Hostetter disse:
«Ti ricordi di Soames?»
«Non lo dimentichero mai».
«Si era fidato di un ragazzo».
«Ma…» comincio Len. «Io non avrei…» Poi ricordo in qual modo Esau aveva posto Hostetter in una brutta situazione, senza volerlo. «Si, credo di capire quello che intendete dire».
«Abbiamo una legge inviolabile, a Bartorstown. Questa legge dice di non immischiarsi nelle cose del paese. Grazie a essa, abbiamo potuto sopravvivere, per tutti questi anni, quando bastava il nome di Bartorstown a fare impiccare una persona. Soames ha violato quella legge. Anch’io la sto violando, adesso, ma ho avuto il permesso di farlo. E, credimi, e stata la piu grande impresa del secolo, ottenere il permesso. Ho parlato a Sherman per una settimana intera, fino a perdere la voce…».
«Sherman,» disse Len, raddrizzando la testa. «Si, Sherman. Quello che voleva sapere notizie di Byers…».
«Cosa diavolo stai dicendo?» esclamo Hostetter, sbalordito.
«L’ho sentito alla radio,» disse Len, e una parte della vecchia emozione ritorno a invaderlo, come l’improvviso bagliore del fulmine in un temporale d’estate. «Le voci che parlavano, nella notte in cui feci uscire le mucche dal fienile, e andammo a cercarle al fiume, ed Esau lascio cadere al suolo la radio. Il rocchetto era sfuggito dal suo incavo, e sono uscite le voci… ’Sherman vuole sapere,’ ho sentito. E qualcosa a proposito del fiume. Fu solo per questo che discendemmo l’Ohio».
«Oh, si,» disse Hostetter. «Si, la radio. E stata quella a dare inizio all’intera faccenda, vero? Dovrei chiedere qualcosa a Esau, come prezzo per avermela rubata. E soprattutto per tutto quello che ho sudato, quando ho scoperto che non c’era piu». Hostetter rabbrividi. «Cristo! Quando penso che c’e mancato un pelo… che per poco non ha denunciato tutto, facendomi scoprire… Sai, non avrei mai potuto tornare indietro vivo. Non ci sarei mai riuscito. La tua gente mi avrebbe chiesto, semplicemente, di andarmene e non mostrare mai piu il mio viso, ma le parole corrono, e la voce si sarebbe sparsa molto piu rapidamente di quanto avrei potuto viaggiare. Sono stato costretto a gettare ai lupi Esau, allora, e non direi la verita se mi dichiarassi spiacente di averlo fatto. Ma e stato un vero peccato che anche tu sia stato immischiato, questo si».
«Non ho mai pensato di farvene una colpa. Avevo detto a Esau che la faccenda non sarebbe stata semplice come lui credeva».
«Be’, devi ringraziare i contadini: se non fosse stato per loro, non sarei mai riuscito a convincere Sherman a darmi il permesso di raccogliervi. Gli ho detto che non sareste riusciti a cavarvela: l’una o l’altra parte vi avrebbe fatto la festa, e io non volevo avere il vostro sangue sulla coscienza. Alla fine ha ceduto: ma una cosa devo dirtela, Len. La prossima volta, quando qualcuno ti dara un buon consiglio, cerca per favore di seguirlo».
Len si passo la mano sul collo, dove la corda aveva prodotto qualche livido.
«Si, signor Hostetter. E grazie. Non dimentichero mai quello che avete fatto».
Con grande fermezza, parlando come aveva spesso parlato papa una volta, Hostetter disse:
«Non dimenticarlo. Non per me, in particolare, ne per Sherman, ma per tutte le persone e per tutte le idee che potrebbero dipendere proprio dal fatto che tu lo dimentichi».
Len disse, lentamente:
«Temete di non potervi fidare di me?»
«Non si tratta precisamente di una questione di fiducia».