Len lo colpi. Era la prima volta in vita sua che colpiva qualcuno con autentica collera. Vide che Esau cadeva all’indietro sul letto, con gli occhi spalancati per la sorpresa, e una sottile striscia rossa che gli usciva dall’angolo della bocca, e tutto parve accadere molto lentamente, dandogli tutto il tempo per sentirsi colpevole e confuso e riempirlo di pentimento. Gli pareva di avere colpito un fratello. Ma era ancora in collera. Sollevo lo zaino, e si avvio alla porta, ed Esau balzo dal letto, e lo afferro per la spalla, costringendolo a girarsi.

«Mi hai picchiato, eh? Avanti, riprovaci!» disse, ansando. «Ti sei azzardato a farlo, sporco…» insulto Len con un epiteto che aveva appreso tra gli scaricatori dei moli, e agito il pugno, con violenza.

Il pugno di Esau parti, e Len fu lesto ad abbassarsi. Le nocche di Esau gli sfiorarono il viso, e colpirono il legno solido della porta. Esau getto un grido di dolore, e comincio a saltellare per la stanza, tenendo la mano sotto l’altro braccio, e imprecando. Len fece per dire qualche parola, per esprimere il suo dispiacere, ma cambio idea, e si volto di nuovo, pronto ad andarsene.

E il giudice Taylor era la fuori, nel corridoio.

«Smettila,» disse a Esau, ed Esau smise di lamentarsi, immobilizzandosi al centro della stanza. Taylor guardo i due giovani, e il suo sguardo indugio sullo zaino che Len aveva in mano. «Ho parlato adesso con Amity,» disse, e Len capi che, dietro i suoi modi austeri, il giudice Taylor ribolliva di collera. «Mi dispiace molto, Len. A quanto sembra, ho commesso un errore.»

«Si, signore,» disse Len. «Me ne stavo andando.»

Taylor annui.

«In ogni modo,» disse, «Quanto ti ho detto e vero. Ricordalo.» Fisso poi, duramente, Esau.

«Lasciatelo andare,» disse Esau. «Io non mi muovo.»

«Io penso di si,» disse Taylor.

«Ma lui…»

«L’ho colpito io per primo,» disse Len.

«Questo non ha importanza,» disse il giudice. «Raccogli le tue cose, Esau.»

«Ma perche? Io guadagno abbastanza per pagare l’affitto. Non ho fatto niente…»

«Non so ancora esattamente cio che hai fatto, ma molto o poco che sia, ora e finito. Questa stanza non e piu da affittare. E se ti sorprendo di nuovo a ronzare intorno a mia figlia, ti faro cacciare da questa comunita. E chiaro?»

Esau lo guardo, furioso, ma non disse niente. Comincio ad ammucchiare le sue cose sul letto. Len usci, passando davanti al giudice, percorse il corridoio, e scese le scale. Usci dalla porta posteriore, e passando davanti alla cucina riusci a vedere, attraverso la porta socchiusa, Amity curva sul tavolo, che singhiozzava disperatamente, e la signora Taylor che la fissava con un’espressione inorridita e strana, con una mano alzata, come se avesse voluto accarezzarla sulla spalla, ma si fosse improvvisamente fermata a meta e avesse dimenticato il gesto.

Len usci dal cancello posteriore, evitando accuratamente il roseto.

Il sabato era una coltre silenziosa e pesante sulla comunita. Len percorse i vicoli, camminando frettoloso nella polvere. Non aveva idea di dove stesse andando, ma l’abitudine e la conformazione generale di Refuge lo portarono al fiume, e sui moli, la dove i quattro grandi magazzini di Dulinsky erano allineati. Si fermo la, incerto e imbronciato, e solo allora comincio a comprendere che la situazione era cambiata radicalmente, per lui, nel giro di pochi minuti.

Il fiume scorreva verde come vetro di bottiglia, e tra gli alberi dell’altra riva i tetti di Shadwell scintillavano sotto il sole caldo. C’erano diversi battelli fluviali ormeggiati al molo. Gli uomini di quei battelli erano in citta, o dormivano sottocoperta. Niente si muoveva, all’infuori del fiume, e delle nubi, e di un gattino che si divertiva a giocare da solo sul ponte di uno dei battelli. Alla sua destra, piu avanti, c’era il grande rettangolo spoglio la dove sarebbe sorto il nuovo magazzino. Le fondamenta erano gia state gettate. Tronchi e assi erano disposti in grandi pile precise, e c’era una segheria, sotto la quale si vedeva una montagnetta di segatura gialla. Due uomini, distanti tra loro, se ne stavano a oziare all’ombra. Len corrugo la fronte. Lo guardavano, come se fossero stati di guardia.

Forse era cosi. Il mondo era stupido, e pieno di gente stupida. Gente paurosa, che temeva di vedersi crollare addosso il cielo se anche una minima cosa fosse stata cambiata. Un mondo stupido. Lo odiava. Amity viveva in esso, e sempre in esso era nascosta Bartorstown, da qualche parte, in modo che nessuno potesse mai scoprirla, e la vita era oscura e piena di frustrazioni di ogni genere.

Stava ancora rimuginando tra se tutti questi tenebrosi pensieri, quando Esau arrivo sul molo.

Esau portava le sue cose in un fagotto preparato frettolosamente, e il suo viso era rosso e minaccioso. Aveva il labbro tumefatto, da un lato. Getto rabbiosamente il fagotto a terra, si mise davanti a Len, e dichiaro:

«Ho un paio di cose da sistemare con te.»

Len respiro forte dal naso. Non aveva paura di Esau, e si sentiva cosi depresso e abbattuto che una rissa sarebbe stata accolta come un diversivo gradito. Non era alto come il cugino, ma aveva le spalle piu larghe e massicce. Si mise in posizione, e attese.

«Perche ti e venuta voglia di andare via, e ci hai fatto sbattere fuori entrambi?» domando Esau.

«Io me ne sono andato. Tu sei stato sbattuto fuori.»

«Ho un bel cugino, io. Che cosa hai detto al vecchio Taylor, per fargli fare quello che ha fatto?»

«Niente. Non ne ho avuto bisogno.»

«Cosa intendi dire?»

«Non gli vai a genio, ecco cosa voglio dire. Non provocarmi a una rissa, se proprio non ne hai intenzione, Esau.»

«Te la sei presa, eh? Be’, prenditela pure, e io ti diro una cosa. E potrai riferirla al giudice. Nessuno potra tenermi lontano da Amity. La vedro tutte le volte che ne avro voglia, e faro tutto quello che vorro con lei, perche a lei vado a genio, piaccia o non piaccia a suo padre.»

«Sei un chiacchierone,» disse Len. «E l’unica cosa che sai fare, delle grandi chiacchiere e basta.»

«Starei zitto, se fossi in te,» disse Esau, amaramente. «Se non fosse stato per te, non sarei mai partito da casa. Ci sarei anche adesso, forse avrei gia tutta la fattoria, e una moglie, e dei bambini, se ne avessi voluto… non sarei un vagabondo che gira il paese alla ricerca di…»

«Silenzio!» ordino perentoriamente Len.

«D’accordo, ma sai cosa voglio dire… e non so neppure dove andare a dormire, stanotte. Tu mi hai portato solo dei guai, Len, e adesso ne combini anche con la mia ragazza.»

Sopraffatto dall’indignazione, Len disse:

«Esau, sei un maledetto, lurido bugiardo.»

Ed Esau lo colpi.

Len si era infuriato a tal punto da dimenticare la sua posizione di guardia, e il colpo lo prese di sorpresa. Gli cadde il cappello, e senti un intenso dolore allo zigomo. Respiro affannosamente, e avanzo verso Esau. Si colpirono, e caddero avvinghiati sul molo, per qualche minuto, e d’un tratto Esau disse:

«Smettila, smettila, sta arrivando qualcuno, e lo sai cosa ci aspetta, se scoprono che stiamo lottando di sabato.»

Si separarono, respirando affannosamente. Len raccolse il cappello, cercando di assumere un atteggiamento indifferente. Con la coda dell’occhio, vide che Mike Dulinsky e altri due uomini stavano arrivando sul molo.

«La finiremo piu tardi,» bisbiglio a Esau.

«Certo.»

Si misero da un lato. Dulinsky li riconobbe, e sorrise. Era un uomo grande e grosso, che tendeva alla pinguedine. Aveva degli occhi penetranti che parevano vedere ogni cosa, anche le cose piu segrete, ma erano occhi freddi, che non si riscaldavano mai, neppure quando sorridevano. Len ammirava Mike Dulinsky, e lo rispettava. Ma non provava un affetto vero e proprio, per lui. I due uomini che lo accompagnavano erano Ames e Whinnery, entrambi proprietari di magazzini.

«Bene,» disse Dulinsky. «Siete venuti a dare un’occhiata al progetto?»

«Non proprio,» disse Len. «Noi… ehm… potremmo avere il permesso di dormire nell’ufficio, stanotte? Noi… noi non siamo piu a pensione dai Taylor.»

«Oh?» disse Dulinsky, inarcando le sopracciglia. Ames fece un rumore ironico, che non era esattamente una risata. «Ma certo. Fate come se foste a casa vostra. Avete la chiave con voi? Bene. Venite, venite, signori.»

Si allontano con Whinnery e Ames. Len raccolse il suo zaino, ed Esau il suo fagotto, e s’incamminarono lungo il molo per raggiungere l’ufficio, un lungo capannone a due piani dove si svolgevano tutte le pratiche riguardanti i magazzini. Len aveva la chiave dell’ufficio, perche uno dei suoi compiti era quello di aprirlo, tutte le mattine. Mentre armeggiava intorno alla serratura, Esau si volto a guardare, e disse:

«Li ha accompagnati a vedere le fondamenta del magazzino. Non hanno l’aria troppo felice.»

Anche Len si volto. Dulinsky stava agitando le braccia, e parlava animatamente, ma Ames e Whinnery sembravano preoccupati, e scuotevano ripetutamente il capo.

«Ci sara bisogno di qualcosa di piu di un discorso, per convincerli,» disse Esau.

Len brontolo qualcosa, ed entro. Pochi minuti piu tardi, dopo avere riposto i pochi oggetti che possedevano in un armadietto vuoto, sentirono entrare qualcuno. Era Dulinsky, solo. Li fisso negli occhi, con espressione dura, e disse:

«Anche voi avete paura? Anche voi avete intenzione di voltarmi le spalle, e tagliare la corda?»

Non lascio loro il tempo di rispondere, e indico, con un breve cenno del capo, il molo, oltre la porta.

«Loro hanno paura. Anche loro vogliono costruire nuovi magazzini. Vogliono che Refuge cresca e li faccia diventare sempre piu ricchi, ma non vogliono assumersi nessun rischio. Prima di agire, vogliono vedere che cosa succede a me. Bastardi. Ho tentato di convincerli che, se lavorassimo tutti uniti… Perche il giudice vi ha sbattuti fuori? E per causa mia?»

«Be’,» disse Len. «Si.»

Esau si volto a fissarlo, sorpreso, ma non disse niente.

«Ho bisogno di voi,» disse Dulinsky. «Avro bisogno di tutti gli uomini che potro procurarmi. Spero che vogliate restare con me, ma non cerchero di trattenervi contro la vostra volonta. Se siete preoccupati, se avete paura, farete bene ad andarvene adesso.»

«Non so cosa ne pensi Len,» disse Esau, sogghignando. «Ma io intendo restare.» Non pensava certamente ai magazzini, in quel momento.

Dulinsky si volse a fissare Len, che arrossi, e guardo il pavimento.

«Non lo so,» disse. «Non e che io abbia paura, ma puo darsi che io voglia, semplicemente, abbandonare Refuge, e proseguire lungo il fiume.»

«Non dovrai pentirti di avere deciso di restare qui,» disse Dulinsky. «E non intendo forzarti.»

«Lo so che non intendete farlo,» disse Len, ostinato. «Ma desidero riflettere, prima di prendere una decisione, nell’uno o nell’altro senso.»

«Resta qui,» disse Dulinsky. «E diventerai ricco. Un mio bisnonno venne qui dalla Polonia, e non riusci mai a diventare ricco perche tutto era gia stato costruito. Ma ora c’e tutto da ricostruire, e il momento e quello giusto per ricominciare. Io intendo farlo, e diventare ricco. Lo so bene, quello che puo averti detto il giudice. E un negativista. Ha paura di credere in qualcosa. Io no. Io credo nella grandezza di questo paese, e so che le catene arcaiche che ci tengono stretti devono essere spezzate, se questo paese dovra di nuovo crescere. Le catene non si spezzeranno da sole. Qualcuno… uomini come me e come voi… dovra farlo.»

«Si, signore,» disse Len. «Ma desidero ugualmente riflettere.»

Dulinsky lo studio per un attimo, e poi sorrise.

«Non ti convinci facilmente, vero? Non e una brutta cosa… Va bene, rifletti quanto vuoi.»

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