dal collo alto e dalla gonna lunga, ma non aveva su di lei l’effetto che aveva su sua madre. Amity camminava in modo meraviglioso. Quel modo di camminare faceva balzare il cuore in gola a Len, ogni volta che lo vedeva. Restitui l’occhiata minacciosa a Esau, e s’incammino dietro di lei, con il suo carico di piatti, facendo lunghi passi per arrivare per primo. E il giudice Taylor disse, con voce calma, dalla porta del corridoio:

«Len… vieni nel mio studio, quando avrai messo giu i piatti. Per una volta, possono fare senza di te.»

Len si fermo. Lancio un’occhiata sorpresa e preoccupata al giudice Taylor, e disse:

«Si, signore.»

Taylor assenti, e usci dalla stanza. Len lancio un’occhiata a Esau, che pareva a sua volta sorpreso.

«Cosa diavolo vuole?» domando Esau.

«Come faccio a saperlo?»

«Ascolta. Ascolta, hai combinato qualcosa che non va?»

Amity stava varcando la soglia della cucina, muovendosi con grazia, con la gonna che fluttuava intorno alle caviglie. Len arrossi.

«Non piu di quanto tu sappia, Esau,» disse, cupamente. Segui Amity in cucina, e poso sull’acquaio la sua pila di piatti. Amity comincio a rimboccarsi le maniche, e disse a sua madre:

«Len non puo aiutarci stasera. Il babbo lo vuole.»

Reba Taylor si volto, dalla stufa, sulla quale una pentola d’acqua stava bollendo. La donna aveva un volto gentile, piacevole, anche se un po’ vacuo, e Len l’aveva classificata gia da molto tempo tra le persone prive di curiosita. La vita era passata tranquilla e facile su di lei.

«Santo cielo, santo cielo,» disse. «Certo non avrai fatto niente di male, Len?.»

«Spero di no, signora.»

«Scommetto,» disse Amity, «Che si tratta di Mike Dulinsky e del suo magazzino.»

«Del signor Dulinsky,» la corresse seccamente Reba Taylor. «E tu preoccupati dei tuoi piatti, signorina! Sono affar tuo. E tu corri, Len. Molto probabilmente il giudice vorra darti solo qualche consiglio, e non credo che ti faccia male ascoltarlo.»

«Si, signora,» disse Len, e usci dalla cucina, attraverso il soggiorno, entro nel corridoio, e lo percorse in direzione dello studio, chiedendosi se qualcuno lo avesse visto baciare Amity in giardino, o se si trattasse della faccenda di Dulinksy, o di chissa quale altra cosa. Era andato spesso nello studio del giudice, e aveva parlato spesso con lui, di libri e del passato e del futuro e, a volte, perfino del presente, ma non era mai stato chiamato a quel modo, prima di quella sera.

La porta dello studio era aperta. Taylor disse:

«Entra, Len.»

Il giudice era seduto dietro la sua grande scrivania, nell’angolo delle finestre, che guardavano a ponente: il cielo, la, era di un nero bizzarro, come se qualcuno l’avesse cosparso di fuliggine. Gli alberi apparivano flosci e lividi, e il fiume scorreva, da un lato, come una striscia di piombo. Taylor era rimasto seduto a guardare lo scenario del tramonto, con una candela spenta e un libro ancora chiuso sulla scrivania, accanto al suo gomito. Era un uomo piuttosto piccolo, con le guance lisce e la fronte alta. I capelli e la barba erano sempre in ordine perfetto, la sua biancheria era pulita ogni giorno, e il suo semplice abito scuro era della migliore stoffa che giungeva sui mercati di Refuge. Len lo trovava simpatico. Possedeva molti libri, e li leggeva, e incoraggiava gli altri a leggerli, e non aveva paura della conoscenza, anche se non si vantava mai di possederne piu di quanta gli fosse necessaria per la sua professione. ’Non richiamare mai un’attenzione eccessiva su di te,’ diceva spesso a Len. ’Ed eviterai una dose considerevole di guai.’

In quel momento disse a Len di entrare, e di chiudere la porta.

«Ho paura che stiamo per avere un colloquio molto serio, e desideravo che tu venissi qui da solo perche desidero che tu sia libero di riflettere e di prendere le tue decisioni senza… be’, senza nessun’altra influenza.»

«Non avete molta stima di Esau, vero?» domando Len, sedendosi sulla sedia che il giudice aveva sistemato per lui.

«No,» disse Taylor, «Ma questo non c’entra. Posso solo aggiungere che ho invece moltissima stima di te. E adesso, lasciamo perdere gli apprezzamenti personali. Len, tu lavori per Mike Dulinsky?»

«Si, signore,» disse Len, cominciando a mettersi sulla difensiva. Dunque era quello.

«Hai intenzione di continuare a lavorare per lui?»

Len esito solo per una frazione di secondo, prima di ripetere:

«Si, signore.»

Taylor parve riflettere, osservando il cielo fuligginoso e l’ombra livida che gravava su tutte le cose. Le nubi furono percorse da una saetta enorme. Len comincio a contare mentalmente, e quando arrivo a sette si udi un brontolio profondo di tuono.

«E ancora molto lontano,» commento.

«Si, ma arrivera. Quando vengono da quella direzione, sono sempre brutti, i temporali. Hai letto molto, Len, nel corso di quest’ultimo anno. Hai imparato qualcosa dalle tue letture?»

Len osservo amorevolmente gli scaffali. Era troppo buio per vedere i titoli, ma conosceva ormai i libri, dalle dimensioni e dal posto che occupavano, e ne aveva gia letti molti, moltissimi.

«Spero di si,» disse.

«Allora, cerca di applicare quello che hai imparato. Non e di nessuna utilita rinchiudere il sapere nella testa come in un armadio. Ti ricordi di Socrate?»

«Si.»

«Era un uomo piu grande e piu saggio di quanto io e te potremo mai essere, ma questo non basto a salvarlo, quando si scontro con troppa forza contro l’intero corpo delle leggi e delle credenze pubbliche.»

Il fulmine dardeggio di nuovo nelle nubi oscure, e questa volta l’intervallo fu molto piu breve. Il vento comincio a soffiare, allora, agitando i rami degli alberi, increspando la cupa superficie del fiume. In lontananza, delle figure stavano affaccendandosi intorno agli ormeggi delle chiatte, sui moli, oppure per sistemare teloni sulle casse di merci, o trasportare altre merci al riparo. Verso l’interno, tra gli alberi, le case bianche e argentate di Refuge scintillavano, nell’ultimo debole chiarore che veniva dall’alto.

«Perche vuoi affrettare il giorno?» domando Taylor, con calma. «Non vivrai abbastanza per vederlo, ne lo vedranno i tuoi figli, ne i figli dei tuoi figli. Perche, Len?»

«Perche… che cosa?» domando Len, ora sinceramente stupito.

Poi respiro piu forte, quando Taylor gli rispose:

«Perche vuoi che le citta ritornino?»

Len tacque, scrutando nell’oscurita che si era addensata improvvisamente a tal punto da rendere Taylor un’ombra indistinta, anche se il giudice era a meno di un metro da lui.

«Perche vuoi che le citta sorgano ancora?» domando di nuovo il giudice, a bassa voce. «Esse stavano gia morendo, ancora prima della Distruzione. Megalopoli, annegata nelle proprie fogne, soffocata dai propri gas di scarico, schiacciata e sommersa dalla propria popolazione. ’Citta’ suona come una parola musicale al tuo orecchio, ma cosa ne sai tu, in realta, delle citta?»

Avevano toccato questo argomento gia altre volte.

«La nonna mi diceva…»

«Che allora lei era una ragazzina, e le ragazzine ben difficilmente avrebbero potuto vedere il sudiciume, le brutture, la poverta ammassata, il vizio. Le citta erano come vampiri, che succhiavano tutta la vita del paese e la distruggevano. Gli uomini non erano piu degli individui, ma unita di una vasta macchina, tutti modellati su un unico disegno, con gli stessi gusti e le stesse idee, la stessa educazione di massa che non educava ma copriva con una coperta di parole l’ignoranza. Perche vuoi far ritornare tutto questo?»

Una vecchia discussione, pero applicata in maniera del tutto inattesa. Len balbetto:

«Non ho pensato alle citta, in un modo o nell’altro. E non capisco cosa c’entri con questo il nuovo magazzino del signor Dulinsky.»

«Len, se tu non sei onesto con te stesso, la vita non sara mai onesta con te. Uno stupido potrebbe dire che non vede e non capisce, ed essere onesto, ma non e questo il tuo caso. A meno che tu non sia ancora cosi bambino da non pensare oltre i fatti immediati.»

«Sono abbastanza vecchio da potermi sposare,» disse Len, con calore. «E questo dovrebbe rendermi di un’eta sufficiente ad affrontare qualsiasi altra cosa.»

«E vero,» disse Taylor. «E vero. Ecco, comincia a piovere. Aiutami a chiudere le finestre.» Le chiusero, e Taylor accese la candela. Lo studio, ora, era soffocante, afoso, chiuso e intollerabile. «E un peccato, si, e un vero peccato,» disse Taylor, «Che le finestre debbano essere sempre chiuse nel momento in cui comincia a soffiare un vento fresco. Si, hai l’eta giusta per sposarti, e credo che anche Amity abbia avuto qualche sua idea, in questo senso. E una possibilita che vorrei tu prendessi in considerazione, tra l’altro.»

Il cuore di Len comincio a battere forte, come accadeva ogni volta che si trattava direttamente o indirettamente di Amity. Si senti follemente eccitato, e nello stesso tempo gli parve che una trappola fosse stata predisposta, pronta a scattare davanti ai suoi piedi. Si mise di nuovo a sedere, e la pioggia comincio a battere sulle finestre come grandine.

Taylor disse, lentamente:

«Refuge e un ottimo paese, cosi com’e. Potresti vivere bene, qui. Potrei toglierti dalla vita dei moli, e fare di te un avvocato, e col tempo diventeresti un uomo importante. Avresti molto tempo libero per studiare, e tutta la sapienza del mondo la troveresti nei libri di questa biblioteca. E poi c’e Amity. Queste sono le cose che io potrei darti. Cosa ti offre, invece, Dulinsky?»

Len scosse il capo.

«Io faccio il mio lavoro, e lui mi paga. Non c’e altro.»

«Tu sai che sta violando la legge.»

«E una legge stupida. Un magazzino in piu o in meno…»

«Un magazzino in piu, in questo caso, rappresenta una violazione del Trentesimo Emendamento, che e la legge fondamentale della nostra terra. Non potra essere trascurata con tanta leggerezza, questa violazione.»

«Ma non e giusto. Nessuno, qui a Refuge, vuole vedere crescere costantemente Shadwell, che sottrae al nostro paese una fetta sempre piu grande di commercio, solo perche non ci sono magazzini e capannoni e depositi a sufficienza, da noi, per ospitare tutto il traffico.»

«Un nuovo magazzino,» disse Taylor, riprendendo puntigliosamente le parole di Len, «E poi nuovi moli per servirlo, e nuovi alloggi per i mercanti, e presto ci vorra un altro magazzino ancora, ed e in questo modo che nascono le citta. Len, Dulinsky ti ha mai parlato di Bartorstown?»

Il cuore di Len, che aveva battuto cosi tumultuosamente per Amity, parve ora fermarsi per un’improvvisa paura. Rabbrividi e rispose quella che era la perfetta verita:

«No, signore. Mai.»

«Me l’ero chiesto diverse volte. Si comporta esattamente come potrebbe comportarsi un uomo di Bartorstown. E vero, pero, che conosco Mike da quando eravamo ragazzi, e non ricordo nessuna influenza… no, penso proprio di no. Ma questo potrebbe non essere sufficiente a salvarlo, Len, ne potrebbe essere sufficiente a salvare te.»

Len disse, lentamente:

«Credo di non capire, signore.»

«Tu ed Esau siete forestieri. La gente e disposta ad accettarvi, finche non agirete in modo contrario alle loro usanze… ma se vi comporterete in maniera diversa, dovrete stare in guardia.» Appoggio i gomiti sulla scrivania, e guardo negli occhi Len, nel vacillante lume della candela. «Tu non mi hai detto tutta la verita sul tuo conto.»

«Non ho detto nessuna bugia.»

«Questo non e sempre necessario. Comunque, posso indovinare ugualmente quello che non mi ha detto. Sei un ragazzo di campagna. Sarei pronto a scommettere che tu eri un Nuovo

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