Mennonita. E sei scappato da casa. Perche?»
«Penso,» disse Len, scegliendo le parole con la stessa attenzione con cui un uomo che si trova sull’orlo di un pozzo fa attenzione ai suoi passi, «Che sia stato perche mio padre e io non riuscivamo a metterci d’accordo su quanto io potessi imparare, e come.»
«Fino a questo punto», disse Taylor, pensieroso. «E non oltre. E sempre stata una linea difficile da tracciare. Ogni setta deve decidere da sola, e, in un certo modo, anche ogni individuo deve farlo. Tu hai gia trovato il tuo limite, Len?»
«Non ancora.»
«Trovalo,» disse Taylor, «Prima che tu vada troppo oltre.»
Rimasero seduti, in silenzio, per un lungo momento. La pioggia scendeva a torrenti, e un fulmine cadde cosi vicino che si udi un sibilo prima del tuono, e la casa tremo, come per un’esplosione.
«Capisci, Len, per quale motivo e stato approvato il Trentesimo Emendamento?» domando Taylor.
«Perche non vi siano piu citta.»
«Si, ma capisci il ragionamento sul quale si basa questa proibizione? Io sono stato allevato ed educato in una certa credenza, e pubblicamente non mi sogno di contraddirla, neppure in minima parte, ma qui, in privato, posso dire che non credo che Dio abbia fatto distruggere le citta perche erano luoghi di peccato. Ho letto troppa storia per crederlo. Il nemico ha bombardato le grandi citta chiave perche offrivano degli eccellenti bersagli, centri di popolazione, centri di produzione e distribuzione, senza i quali il paese sarebbe stato come un corpo con la testa mozzata. Ed e andata proprio cosi. Il sistema di alimentazione e di rifornimento, enormemente complicato, si e disintegrato, e le citta che non erano state bombardate furono abbandonate per necessita, perche erano non solo pericolose, ma inutili, e tutti vennero costretti a ripiombare nelle leggi elementari della sopravvivenza, la prima delle quali era la ricerca del cibo.
«Gli uomini che fecero le nuove leggi erano decisi a impedire che una cosa simile si ripetesse. La popolazione era dispersa, in quel momento, ed essi intendevano mantenerla cosi, vicina alle fonti di sussistenza, eliminando la possibilita di creare nuovi, grossi obiettivi per qualsiasi potenziale nemico. Cosi approvarono il Trentesimo Emendamento. Fu una legge saggia. Era adatta al popolo, accontentava le sue esigenze, e provvedeva al suo bene. Il popolo aveva avuto di recente una lezione indimenticabile sul fatto che le citta potevano trasformarsi in trappole di morte. La popolazione era enormemente ridotta, e il ricordo della Distruzione era cosi orribile, che nessuno poteva pensare che un orrore simile si ripetesse. Il popolo non voleva piu le citta, e gradualmente questa volonta divento un articolo di fede. Il paese e stato sano e prospero, grazie al Trentesimo Emendamento, Len. Lascialo stare.»
«Forse avete ragione,» disse Len, fissando accigliato la candela. «Ma quando il signor Dulinsky dice che il paese ha ricominciato veramente a ingrandirsi, e non dovrebbe essere fermato da leggi sorpassate, credo che anche lui abbia ragione.»
«Non lasciarti ingannare da lui. Non si preoccupa del paese. E un uomo che possiede quattro magazzini, e ne vuole possedere cinque, ed e in collera perche la legge glielo proibisce.»
Il giudice si alzo in piedi.
«Dovrai decidere da solo cio che e giusto. Ma desidero che una cosa ti sia chiara fin d’ora. Io devo pensare a mia figlia, e a mia moglie, e a me stesso. Se vorrai continuare con Dulinsky, dovrai lasciare la mia casa. Niente piu passeggiate con Amity. Niente piu libri. E ti avverto che, se saro chiamato a giudicarti, ti giudichero.»
Anche Len si alzo in piedi.
«Si, signore,» disse.
Taylor gli poso una mano sulla spalla.
«Non essere sciocco, Len. Pensaci bene.»
«Ci pensero.»
Usci dallo studio, sentendosi in collera e pieno di risentimento, e nello stesso tempo convinto che il giudice avesse detto delle cose sensate. Amity, il matrimonio, un posto sicuro nella comunita, un futuro, delle radici, niente piu Dulinsky, e niente piu dubbi. E niente piu Bartorstown. Niente piu sogni. Avrebbe smesso di cercare senza mai trovare.
Penso al matrimonio con Amity, a quello che sarebbe stato. L’idea lo spaventava, come quando un puledro vedeva i finimenti per la prima volta, lo faceva sudare. Sicuramente, niente piu sogni. Penso a suo fratello James, che ormai doveva essere diventato padre di tanti piccoli Mennoniti, e si domando se, in complesso, Refuge fosse poi molto diverso da Piper’s Run, e se Amity fosse un bene cosi prezioso, da giustificare tutta la strada che lui aveva percorso per raggiungerla. Amity, e Piatone, anche. Lui non aveva letto Piatone, a Piper’s Run, e ne aveva letto le opere a Refuge, ma anche Piatone non gli pareva l’intera risposta.
Niente piu Bartorstown. Ma l’avrebbe mai trovata, comunque? Era tanto pazzo da pensare di cambiare una ragazza per una cosa che era, in fondo, solamente un fantasma?
Il corridoio era buio, ma veniva rischiarato dagli intermittenti, lividi bagliori dei fulmini. E ci fu un lampo intenso quando egli passo ai piedi delle scale, e in quel breve chiarore egli scorse Esau e Amity nell’alcova triangolare del sottoscala. Erano stretti l’uno all’altra, ed Esau baciava Amity appassionatamente, e Amity non protestava.
9.
Era il pomeriggio del sabato. Erano in piedi, all’ombra del roseto, e Amity lo guardava incollerita.
«Non mi hai visto fare niente di simile, e se lo dirai a qualcuno, ti daro del bugiardo!»
«Non ho bisogno di dirlo a nessuno. Io so quello che ho visto, e lo sai anche tu,» le rispose Len.
La sua grossa treccia bionda ondeggiava, per i movimenti repentini della sua testa.
«Non sono promessa a te.»
«Ti piacerebbe esserlo, Amity?»
«Forse. Non lo so.»
«E allora, perche baciavi Esau?»
«Be’, perche,» rispose lei, in tono ragionevole, «Come faccio a sapere quale dei due mi piace di piu, se non provo prima?»
«Va bene,» disse Len. «Va bene, allora.» Tese le mani, e l’attiro a se, e poiche ricordava in qual modo l’aveva stretta Esau, fu piuttosto rude. Per la prima volta la strinse veramente con forza, e senti com’era morbido e sodo il suo corpo, e come si curvava. Gli occhi di Amity erano vicini ai suoi, cosi vicini che diventavano solo di un colore azzurro senza forma, e si senti stordito, e chiuse gli occhi, e trovo le sue labbra nel buio.
Dopo qualche tempo, la scosto un poco da se, e disse:
«E ora chi preferisci?» Stava tremando, ma sulle guance di Amity c’era solo un lieve rossore, e lo sguardo di lei era piuttosto calmo. Gli sorrise.
«Non lo so,» disse lei. «Dovrai riprovare…»
«E questo che hai detto a Esau?»
«Che t’importa sapere quello che ho detto a Esau?» Di nuovo, la treccia bionda dondolo sulla sua schiena. «Pensa agli affari tuoi, Len Colter.»
«Questi potrebbero essere affari miei.»
«Chi l’ha detto?»
«L’ha detto tuo padre, se proprio ci tieni a saperlo.»
«Oh,» disse Amity. «L’ha detto lui.» Improvvisamente, fu come se una pesante cortina fosse calata a dividerli. Lei indietreggio, e la sua bocca s’induri.
«Amity,» le disse. «Ascolta, Amity, io…»
«Tu lasciami in pace. Hai capito, Len?»
«Cosa c’e di diverso, adesso? Prima mi sembravi cosi ansiosa… in tutti questi mesi, e pochi minuti fa…»
«Ansiosa! E tutto quello che sai. E se pensi di poterti permettere, solo per il fatto di avere circuito mio padre dietro le mie spalle, di…»
«Non ho circuito nessuno, Amity! Ascolta!» La prese di nuovo, l’attiro a se.
Lei sibilo, tra i denti:
«Lasciami andare, non appartengo a te, non appartengo a nessuno! Lasciami andare…»
Lui continuo a stringerla, lottando contro di lei. La sua ribellione lo eccitava, e rise, e chino il capo per baciarla di nuovo.
«Amity, andiamo, io ti amo…»
Lei soffio come una gatta, e gli graffio la guancia. La lascio andare, allora, e Amity non era piu cosi bella, il suo volto era contratto, brutto, e i suoi occhi cattivi. Lei corse via, lungo il sentiero. L’aria era tiepida e il profumo delle rose era intenso, intorno a lui. Per qualche tempo rimase immobile, guardando il sentiero lungo il viale era fuggita, e poi ritorno lentamente nella casa, e nella camera che divideva con Esau.
Esau era sdraiato sul letto, semiaddormentato. Si limito a grugnire, e a girarsi sul fianco, quando Len entro nella stanza. Len apri lo sportello dell’armadietto. Ne prese un piccolo zaino di tela robusta, e comincio a riporvi le sue cose, metodicamente, infilando ogni oggetto nello zaino con forza eccessiva. Era rosso in viso, e la sua espressione era cupa e accigliata.
Esau si giro di nuovo. Batte le palpebre, guardo Len, e disse:
«Cosa credi di fare?»
«Sto facendo i bagagli.»
«I bagagli!» Esau si drizzo a sedere sul letto, completamente sveglio. «Perche?»
«Perche la gente di solito fa i bagagli? Me ne vado.»
Esau mise un piede sul pavimento.
«Sei diventato matto? Cosa vuoi dire… cosi, semplicemente, vuoi andartene? Credi che io non abbia qualcosa da dire, eh?»
«No, non hai niente da dire, su questo, almeno. Tu puoi fare quello che vuoi. Spostati, voglio quegli stivali.»
«Va bene! Ma tu non puoi… aspetta un momento! Cos’hai sulla guancia?»
«Cosa?» Len si passo il dorso della mano sulla guancia. La ritiro con una macchiolina rossa. Amity lo aveva graffiato profondamente.
Esau comincio a ridere.
Len si rialzo.
«Cosa c’e di tanto buffo?»
«Finalmente ti ha dato il fatto tuo, eh? Oh, non raccontarmi che e stato il gatto a graffiarti. So riconoscere i graffi di un gatto. Bene. Ti avevo detto di tenerti lontano da lei, ma non mi hai voluto ascoltare. Io…»
«Credi che lei ti appartenga?» domando Len, a bassa voce.
Esau sorrise.
«Avrei potuto dirti anche questo.»