— Credi che sia facile per me? — l’interruppe Byron, in tono convulso. — Ero anch’io come te, ricordi? So che cosa vuol dire. Ero un buon Angelo. Facevo il mio lavoro con passione. Poi tornai dalla guerra e mi fece disconnettere i fili. Fai pure quei gesti, come per dire che hai capito, che io sono tornato alla vita normale… Ma non e cosi semplice. Ci si porta dietro tutto, nella vita. Non e solo una faccenda fisica. Se vuoi davvero tornare nel mondo devi andarlo a cercare, riprenderne possesso. Devi avere qualcosa per cui valga la pena di provarci. — Sospiro a fondo, prima di riprendere a parlare.

— Io avevo lei. Non era una semplice infatuazione, ma molto di piu. Forse era amore vero. Probabilmente lo e ancora. Lei rappresentava il mio biglietto di ritorno per il mondo. Sai come succede, la gente scopre che sei stato un Angelo e comincia a trattarti in modo diverso. Come se tu fossi uno zombie, un morto vivente. A volte non mi interessa che la gente lo pensi, a volte sono io stesso a incoraggiarla. Non fa sempre male, trovarsi in un mondo a parte. Ma non voglio che sia realmente cosi. Mi capisci? Lei era il mio modo di dimostrare che non era vero. Le ho voluto bene abbastanza da salvarle la vita, o da accompagnarla fin qui. Conosco il sentimento che lei prova per me. Non e amore. Ma non mi interessa. L’importante e che io ami lei, e che abbia continuato ad amarla anche quando e andata a letto con altri. Anche adesso che si sta palesemente innamorando di te. Cio che importa e il mio amore. — Aveva i pugni stretti e il viso rivolto alla finestra.

— Immagino che per te sia difficile capirmi — continuo. — Il tuo impianto funziona ancora. Il Palazzo di Ghiaccio ti mette al riparo da tutto, anche se con ogni probabilita sei convinto del contrario. Puoi guardare Teresa dall’alto del tuo castello sicuro, e puoi addirittura permetterti il lusso di innamorarti un po’. Bel coraggio! I miei fili non ci sono piu, Ray. Qui sta la differenza. Io non sono piu una macchina. Sono un essere umano, oppure una nullita. Sono una macchina guasta. Per questo l’amo. Se lei mi ricambia, tanto meglio, e il massimo che possa sperare, ma anche se non mi ama, se mi fa stare male, io continuero a lasciarla fare, perche solo cosi saro sicuro di essere davvero tornato dalla guerra, di essere di nuovo nel mondo, di respirare… — Premette i pugni contro i braccioli della poltroncina. — Di essere fatto di carne e di sangue.

Keller continuo a fissarlo in silenzio.

Byron scrollo la testa. — E difficile parlare con te, a volte.

Nella doccia, l’acqua smise di scrosciare e le ultime gocce scivolarono lentamente verso il basso. Teresa canticchiava.

— Non farle del male — ripete Byron con dolcezza. — E l’unica cosa che ti chiedo.

Arrivarono a Belem, un porto internazionale nelle ampie foci del Rio delle Amazzoni, dove Byron conosceva un americano espatriato che forse poteva aiutarli a uscire dal Brasile, e dove Keller fece l’amore con Teresa per la prima volta.

Avevano preso alloggio in una stanza d’albergo simile a quelle di Sinop o di Campo Alegre. La stanza si trovava in un bell’edificio in mattoni e si affacciava su un mercato di pesce chiamato Ver-o-Peso. Byron passo la maggior parte del tempo sulle banchine del porto, cercando di contattare il suo vecchio amico dell’esercito, e per parecchi pomeriggi Ray si ritrovo solo in camera con Teresa.

Fecero l’amore con le tende tirate. Comincio a piovere e l’acqua attuti i rumori del traffico. Teresa gemette una volta, come se il semplice atto d’amore le avesse liberato dentro qualche brandello di memoria.

Era passato molto tempo dall’ultima volta che Ray aveva fatto l’amore con una donna di cui gli importava. Si accorse, seppure in modo remoto, che qualcosa si muoveva dentro di lui, che qualche sinapsi abbandonata riprendeva vita. Immagino la rete di fili nella sua testa come una cartina stradale in cui giungle neutrali, dimenticate per anni, si illuminavano all’improvviso. Era una specie di peccato, penso, ma si abbandono senza ripensamenti al suo sentimento per Teresa, alla gioia di fare l’amore con lei. Sapeva che non avrebbe mai decodificato quella scena dalla memoria AV, per cui gli sembrava quasi di avere dei dubbi sulla sua esistenza. Un’esperienza condivisa da loro due, destinata a rimanere solo nella memoria di lei e nella sua. Memoria umana, si disse, volubile e poco affidabile. Ma ne avrebbe custodito il ricordo con cura. Adhyasa, il peccato dell’Angelo. Ma l’avrebbe tenuto stretto dentro di se.

Dopo, rimasero abbracciati in silenzio.

La pioggia aveva sollevato un velo di umidita e la pelle di Teresa sembrava febbricitante accanto alla sua. Lei teneva gli occhi ostinatamente chiusi. La tensione degli ultimi giorni, penso Keller, il viaggio da Pau Seco. E non solo quello.

— Non e solo dell’Organizzazione che hai paura — le disse.

Lei scrollo la testa.

— La pietra, allora?

— E strano — rispose Teresa. — Desideri qualcosa per tanto tempo, e poi… la tieni tra le mani e pensi 'che cos’e?' 'Che cosa ha a che fare con me?' — Si rizzo a sedere, scostando le lenzuola spiegazzate.

— Forse non ne hai davvero bisogno — suggeri Ray.

I capelli le si rovesciarono sulla spalla e sfiorarono il viso di lui. — Ne ho bisogno, credimi. I sogni… — Quel pensiero ne genero un altro.

La pioggia batteva contro il telaio troppo vecchio della finestra. Teresa si alzo e fisso da lontano la borsa in cui teneva nascosta la pietra. Keller provo una grande paura per lei. Non c’era modo di sapere che cosa poteva contenere la pietra.

— Cerca di avere pazienza — le disse. — Se torneremo nella Citta Galleggiante, se tutto si sistemera…

— No — replico lei, risoluta, nel buio. — No, Ray. Non voglio aspettare.

12

I brasiliani tennero in custodia Ng per tre giorni prima che Oberg ne avesse notizia. Lo venne a sapere per caso, ascoltando un commento di una delle guardie di pace piu giovani del maggiore Andreazza, e si precipito subito nel suo ufficio per chiedere spiegazioni. — Dovevate dirmelo — protesto.

Andreazza lascio vagare lo sguardo per la stanza prima di fissarlo, brevemente, sul suo interlocutore. — Dirvi che cosa? — chiese, simulando una vaga sorpresa.

— Di Ng. — Cristo, penso Oberg.

— Il vietnamita e stato arrestato — dichiaro il maggiore.

— Lo so. Lo so che e stato arrestato. Voglio interrogarlo.

— Lo stanno interrogando proprio ora, signor Oberg.

— Volete dire che il massacro e gia cominciato? Che lo avete gia fatto morire?

I lineamenti di Andreazza si indurirono impercettibilmente. Il maggiore guardo il suo interlocutore con grande freddezza. — Non credo che voi siate nella posizione di sollevare critiche.

— E invece si — replico Oberg, sostenendo lo sguardo.

— Ho parlato con la SUDAM e con i miei superiori. Per quello che ci riguarda, voi siete un semplice osservatore. E vi consiglio di ricordarlo, quando vi rivolgete a me… Sempre che vi interessi la nostra collaborazione.

Oberg trattenne la risposta che aveva sulla punta della lingua. Il significato di tutta quella farsa, penso tristemente, era che se li erano lasciati scappare. La pietra aveva preso il volo, e con lei gli americani. Nelle loro mani era rimasto solo Ng. Ed era una ben magra consolazione.

Provo un’ondata di rabbia nei confronti di Andreazza e dei suoi soldati, che lasciavano Pau Seco in balia della piu disgustosa anarchia. Non aveva mai visto un ambiente cosi primitivo, e questo l’aveva colpito fin dall’inizio. Era una conseguenza evolutiva, naturalmente, il risultato della lunga serie di compromessi diplomatici che avevano concluso la guerra in terra brasiliana. Ma loro non sapevano, penso Oberg, quasi con disperazione. Non sapevano come fosse importante quella faccenda. Non lo sapeva la SUDAM e nemmeno il governo civile, o forse non gliene importava. C’era da chiedersi se persino l’Organizzazione capisse veramente l’importanza di cio che aveva scoperto.

Oberg si, lo sapeva. L’aveva sperimentato di persona. Ne afferrava in pieno il significato.

Il peso di quell’evoluzione era ricaduto su di lui. E non era ancora finita. Forse Andreazza aveva rovinato tutto. Ma c’era ancora il tempo di rimediare.

— Mi dispiace di avervi offeso — disse, scegliendo con cura le parole. — Perdonatemi, non intendevo farlo. Desideravo solo vedere di persona il prigioniero.

Il maggiore gli concesse un breve sorriso. — Forse si puo fare. Vi dispiace attendere?

E i secondi cominciarono a passare. Secondi, penso Oberg. Poi minuti, ore, giorni. E intanto il contagio minacciava di diffondersi.

Ng non era piu molto lucido quando lo condussero alla presenza dell’uomo dell’Organizzazione, Stephen Oberg.

Era prevedibile, dopo gli interrogatori da parte degli inquisitori militari. Lo avevano intercettato mentre tentava di forzare un blocco in una delle strade a est di Pau Seco, e lo avevano riportato indietro, in quell’edificio color cenere che serviva da prigione. Lo avevano messo in una cella troppo calda di giorno e troppo fredda di notte, e per due pomeriggi consecutivi lo avevano torturato.

La tortura era stata maldestra. Lo avevano spaventato piu per come l’eseguivano che per cio che gli facevano. Gli avevano infilato la testa in un sacchetto di plastica come per soffocarlo e lui si era preoccupato che fossero tanto stupidi o inesperti da non sapere quando era il momento di toglierlo. Oltre che maldestra, la tortura era anche antiquata. Giocavano la farsa dell’amico-nemico. C’era un alto sertao di origine indiana, con l’uniforme militare stracciata, che faceva la parte del buono parlandogli tra una sessione di tortura e l’altra e promettendogli clemenza. «Non lascero che questi bastardi ti tocchino» gli diceva. A patto, si capisce, che Ng confessasse quello che sapeva sul furto dell’oneirolita. Il vietnamita fu attento a mostrarsi molto tentato dall’offerta, in modo da prolungare quei momenti di respiro. Ma non confesso nulla.

Il giorno seguente gli legarono polsi e caviglie a un marchingegno chiamato 'due-per-quattro' che poi sospesero con una corda alle travi del soffitto. Cominciarono a colpirlo con dei manici di scopa, facendolo girare come una trottola. Ng vomito e loro presero a colpirlo piu forte. Alla fine lui svenne. Senza aver confessato ancora nulla.

Nel momento piu freddo della notte, incapace di dormire per il dolore delle ferite, Ng se ne chiese il perche. Perche non confessare, dopotutto? Non si trattava certo di una questione di principio. Era implicato in un furto, non in una rivoluzione. Non era un partigiano, e neppure un martire. Perlomeno, non aveva alcun desiderio di diventarlo.

Eppure continuava a resistere. In parte, era un fatto di costituzione. Del modo in cui era fatto il suo corpo, alla lettera. Ng era soldato dalla nascita. Il suo corpo era fatto per l’aggressione, non certo per la paura. Dunque non era spaventato, e il dolore, sebbene terribile, diventa piu sopportabile in assenza di paura. La morte lo spaventava, almeno in questo era umano; ma lui sapeva che sarebbe stato ucciso in ogni caso, dunque la confessione poteva servirgli solo per abbreviare il dolore. Sarebbe giunto anche a quel punto, si capisce. Ma era ancora presto.

Eppure, c’era qualcosa in lui che non risaliva all’educazione militare impartitagli a Danang. Un’ostinazione per la quale era stato spesso punito. «E il rischio che si corre con le alterazioni chimiche», gli aveva detto un giorno un esperto di genetica khmer. L’aggressivita confina con la ribellione. Lui era testardo. Gliel’avevano detto spesso a Danang. Lo avevano anche picchiato, per correggerlo.

Aveva combattuto lealmente nelle offensive sull’Anello del Pacifico e aveva ucciso un buon numero di posseiros. Non poteva onestamente dire che era stata la ripulsa morale a fargli abbandonare l’esercito dopo la guerra. Solo in parte, forse. Ma Ng sospettava che la sensibilita spirituale fosse poco sviluppata in lui, quasi come la capacita di sentire paura. Cio che provava era piu personale. Il Brasile lo affascinava. Era immenso, da qualunque punto di vista. Lui non aveva mai sospettato che una singola nazione potesse comprendere una cosi ampia varieta di ricchezze, di miserie, di paesaggi. Avvertiva un mondo sconfinato dietro gli esigui margini che era stato allenato a riconoscere. Alla fine, si era chiesto se non ci fosse posto anche per lui in quel paese, un posto che gli offrisse un destino meno scontato della carriera militare in Tailandia, nelle Filippine o nella Manciuria occupata. Scomparve durante una licenza a San Paolo, una settimana dopo la firma del trattato di pace, ed entro nella clandestinita.

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