Keller si avvio stancamente lungo la strada pavimentata a ciottoli. — E fatta?

Byron scrollo la testa. — Ha promesso che ci chiamera.

Camminarono in silenzio fino all’albergo sul Ver-o-Peso. Byron busso alla porta della stanza e, visto che non otteneva risposta, infilo la chiave nella serratura. Il meccanismo scatto e la porta si apri. Byron esito sulla soglia. Ray, ansioso, lo spinse da parte per entrare.

Teresa giaceva rannicchiata sul pavimento, e teneva la pietra stretta con entrambe le mani.

Era ormai sprofondata nel sogno.

Sembrava tutto molto piu vivido di quanto non fosse mai stato. Il sogno la circondava come un oceano e allo stesso tempo lei lo conteneva, in un abbraccio di conoscenza. Sapeva piu cose di quante non ne avesse mai sapute.

Una sovrabbondanza di domande. E anche di risposte.

Voleva saperne di piu sul popolo azzurro con le ali. Sotto molti aspetti le sembravano familiari, quasi umani. Ebbe modo di approfondire la loro storia con una semplice occhiata, di ricordarla, e le analogie la sorpresero. Come gli esseri umani, anch’essi rappresentavano la specie evoluta di creature che nella loro preistoria erano vissute sugli alberi. Avevano pollici opponibili, un’ampia capacita cranica, una vasta gamma di culture e di lingue. Erano passati attraverso tecnologie simili a quelle umane: selce, fuoco, agricoltura, ferro. Teresa apprese tutto all’istante e senza il minimo sforzo.

Cosi umani, penso. Eppure…

La loro storia era stranamente pacifica. Avevano avuto guerre, ma molto piu brevi e sporadiche di quelle umane. Le loro religioni erano piu contemplative che militanti. Erano panteisti e adoravano la natura. Avevano inventato molto presto il linguaggio scritto e altrettanto in fretta avevano sviluppato una letteratura universale. Avevano imparato a usare rudimentali macchine per la stampa fin dall’Era del Bronzo.

Erano imbattibili, se non addirittura geniali, in tutto cio che riguardava la tecnologia dell’informazione. Dai libri a circuito binario erano giunti alle memorie molecolari e poi a sistemi di archiviazione e di ripristino cosi sofisticati e immediati che lei non riusci a comprenderli nemmeno vagamente. Capi, comunque, che gli oneiroliti erano il prodotto di quell’evoluzione, la realizzazione finale e piu completa.

Le pietre erano molto piu di cio che sembravano. Avevano una topologia complessa e segreta e ciascuna era legata alle altre, ne rifletteva il contenuto e possedeva una collocazione specifica nella geometria della conoscenza… e il loro compito era tanto semplice da sembrare ridicolo.

Le pietre ricordavano.

Contenevano il passato, oppure erano una specie di passaporto per raggiungerlo: la distinzione era andata perduta. Erano al tempo stessa testi di storia e macchine per il tempo, limitate solo da una specie di effetto di vicinanza. La pietra di Pau Seco conteneva quasi tutta la storia degli Esotici e gran parte della storia moderna della Terra. Oltre questi limiti non poteva andare, ma era gia abbastanza.

I ricordi piu vecchi risultavano annebbiati. Teresa pote vedere il popolo azzurro con maggior nitidezza nel momento del loro massimo splendore, in un mondo cosi strano da sfidare la sua capacita di comprensione. Avevano esteso il proprio dominio fino ai margini del sistema planetario in cui vivevano, colonizzando anche il freddo anello di polvere e pietre che ne segnava l’estremo avamposto. Proprio li avevano costruito i giganteschi e delicati veicoli interstellari, capaci di viaggiare nello spazio battendo le ali come farfalle. I piloti di quei vascelli erano intelligenze immortali e binarie indifferenti al passare del tempo, e create a immagine e somiglianza delle creature da cui, in un certo senso, discendevano. Nella loro diaspora, le navi a farfalla si erano imbattute in molti piu mondi deserti di quanti a Teresa importasse conoscere. Una delle navi aveva avvistato la Terra, nel periodo in cui la dinastia Chou stava succedendo a quella Shang e gli Assiri marciavano su Babilonia. All’epoca, alcune tribu neolitiche americane avevano scorto la nave nella sua orbita polare ellittica e l’avevano scambiata per una stella multicolore. Gli osservatori babilonesi si erano preoccupati, e quelli cinesi si erano trovati nel posto sbagliato. Era un mondo molto diviso e primitivo. Lo e ancora, penso Teresa. Tuttavia, gli Esotici ritennero che fosse degno del loro dono, perche di un dono si trattava. Saggiamente, scelsero di depositarlo nelle viscere del Mato Grosso, in un luogo allora disabitato e senza nome. Un giardino adeguato per l’albero della conoscenza.

Poi se ne andarono, scomparendo dal campo conoscitivo di Teresa.

Lei aveva gia visto alcune di quelle immagini in precedenza, molto piu confuse e caotiche, ma le erano sembrate solo visioni frammentarie, probabilmente per colpa di una pietra meno raffinata. Ora ne rimase affascinata. Le pietre, ne dedusse, erano magneti di conoscenza. Assorbivano e registravano ogni minima traccia di esperienza, anche a distanza, senza contatto diretto, automaticamente, in virtu di un meccanismo che andava al di la delle sue capacita di comprensione. La vita, penso. Le pietre registravano e archiviavano lo scorrere della vita.

E cosi, contenevano anche il passato umano. Una Babele di lingue, di costumi, di battaglie, di nascite sanguinarie e di morti premature. Lei avrebbe potuto approfondire a volonta qualunque parte della storia umana, e l’idea le dava le vertigini. Avrebbe potuto vivere per un attimo accanto ad Aristotele o ad Hammurabi, o a uno qualunque dei milioni e milioni di uomini passati sulla Terra senza lasciare traccia. Ma non era il momento. L’avrebbe fatto piu tardi. Ora le bastava sapere che erano tutti conservati li dentro, che in qualche modo non erano morti. Per il momento preferiva mantenersi al di sopra di tutto, cogliere l’insieme, percepire l’umanita come una singola creatura, una voce unica, un fiume.

La contemplo per un tempo che le parve infinito, e avrebbe continuato a contemplarla, rapita, se non fosse stato per quella voce che la chiamava con insistenza.

Sono qui, diceva. Era fievole e lontana, ma terribilmente persistente. Sono qui da sempre.

La riporto giu. Lei gemette, spaventata.

Teresa si lascio sfuggire un gemito. Keller si chino su di lei, preoccupato.

— Non toccarla — lo ammoni Byron.

Ma lei tremava, rannicchiata in posizione fetale, con la pietra stretta contro di se. Forse provava dolore, penso Ray. Oppure il sogno era insopportabile.

— Lasciala stare — ripete Byron. — Non puoi fare niente per lei.

— Sta soffrendo.

— Ne uscira.

— Come lo sai? — Keller si accorse di essere prossimo al panico. Wu-nien, penso. Ma la capacita di controllo l’aveva ormai abbandonato. — Non e come le altre volte. Questa e una pietra diversa.

— Sapeva quello che faceva.

Lei rabbrividi sul pavimento, con gli occhi ostinatamente chiusi. Sembrava persa, penso Keller. Magari caduta negli abissi dell’inconscio. Lui ebbe voglia di scrollarla.

Byron mise una mano sulla sua, per trattenerlo. Ma in quel momento squillo il telefono. — Lascia stare — disse Byron, voltandosi. La rete video dei telefoni era saltata anni prima, Byron fisso il monitor vuoto.

Ray torno a occuparsi di Teresa. Prese una coperta dal letto e gliela stese addosso. Lei apri la bocca e si lascio sfuggire un breve grido strozzato.

I ricordi, penso Keller impotente.

Lui ne sapeva qualcosa. Avrebbe dovuto dirglielo.

Vide la bambina.

Viveva in una baracca galleggiante, vicino al margine estremo della darsena, in un punto da cui non era possibile vedere la terraferma. Ora sapeva molte cose su di lei. Cose che non aveva potuto conoscere prima.

La bambina era brava. E obbediente. Viveva con la madre e parlava un buon inglese, non il dialetto spagnolo delle sue compagne di giochi. Aveva imparato a leggere in una scuola pubblica, ricavata in un granaio abbandonato che dai suoi trampoli di cemento dominava il ghetto galleggiante. Era una bambina allegra e spensierata, ignara della propria condizione di poverta. Se ne accorse solo quando smisero di arrivare gli assegni del governo e quando gli sportelli automatici delle banche dovettero chiudere in seguito ai disordini. Allora comincio a sentire la fame. Si spavento e divenne irritabile. Ma alla fine il cibo torno e lei imparo presto a sopportare quei saltuari digiuni: aveva fiducia che prima o poi sarebbero terminati.

Divenne molto orgogliosa delle proprie buone qualita, tanto che a volte qualche amica se ne sentiva urtata, il che incoraggio la sua diffidenza. Eppure sapeva, pur senza conoscere le parole giuste, che non si trattava di presunzione o di pedanteria. Le doti che sua madre cercava di sviluppare in lei erano soprattutto quelle utili alla sopravvivenza. E la sopravvivenza era tutt’altro che assicurata. Anche troppo spesso era stata testimone dei guai capitati ai suoi piccoli amici. Alcuni erano morti di malattia, altri erano finiti in orfanatrofio e altri ancora avevano semplicemente traslocato, ma per lei era come se fossero morti perche non possedeva ancora la nozione del mondo esterno. Accettava quelle verita con la rassegnazione tipica solo dei giovanissimi e si sottometteva senza discutere alle regole di educazione e di virtu dettate da sua madre. Era, insomma, una brava bambina.

Sempre per le stesse ragioni, non le sembrava strano non avere un padre. Una volta l’aveva avuto. Sua madre gliene parlava spesso. Suo padre era stato un uomo saggio e coraggioso, che era morto nel tentativo di attraversare con la famiglia il confine messicano, quando lei era ancora in fasce. Avevano avuto una posizione sociale rispettabile, in Messico. Suo padre era avvocato. Durante le purghe di Aguilar, negli anni Trenta, tutti coloro che avevano a che fare con i tribunali erano stati di colpo considerati nemici. E cosi loro erano dovuti scappare. Purtroppo Aguilar era un fedele amico degli Stati Uniti e quindi il confine era stato chiuso, anche ai rispettabili avvocati con famiglia. Avevano tentato l’espatrio con altri trenta disperati, uomini e donne, disposti ad attraversare di corsa il brandello di deserto che segnava il confine tra le due nazioni, sfidando il filo spinato, i rivelatori a raggi infrarossi, e la sorveglianza via satellite. La bambina era troppo piccola per ricordare quell’episodio, ma lo aveva sentito raccontare molte volte. Era una specie di leggenda, un mito intrepido e coraggioso. Molti profughi erano stati falciati dal fuoco delle armi automatiche, e tra questi anche suo padre. Sua madre aveva continuato ad avanzare, troppo atterrita per provare dolore. Il dolore, naturalmente, era venuto piu tardi. Molti dei fuggiaschi erano stati catturati e deportati, alcuni erano riusciti a nascondersi nel ghetto spagnolo vicino al confine. La bambina e sua madre avevano fatto parte della minoranza piu fortunata.

Non avevano abbastanza denaro per comperare documenti falsi al mercato nero e rifarsi una vita tra gli americani. Pero potevano permettersi di raggiungere la Citta Galleggiante, dove non c’erano leggi ed era possibile trascorrere una vita tranquilla nell’ombra. Non sarebbero rientrate nella legalita, ma almeno sarebbero sfuggite ai capricci del regime di Aguilar.

La bambina non poteva ricordare suo padre se non attraverso quei racconti, ma la sua assenza non le sembro mai strana. Fino a quando sua madre non porto a casa un altro uomo.

Lei aveva dieci anni, e ne rimase offesa. Lesse una certa espressione colpevole negli occhi della madre e se ne senti irritata e impaurita. Era troppo piccola per capire i conflitti di sentimenti nel cuore degli adulti, la paura della vecchiaia e della morte. Ma era abbastanza grande per sentirsi tradita. Non lo meritava. Perche lei era una brava bambina.

Odio quell’uomo fin dal primo giorno. Lui si chiamava Carlos e lavorava all’imbarcadero, dove sua madre svolgeva qualche lavoro saltuario. Incontrandola per la prima volta, Carlos si chino, le mise la sua grossa mano sulla spalla e le disse che aveva incontrato sua madre al lavoro. — E un’ottima lavoratrice — dichiaro. Si raddrizzo, sogghigno in modo volgare e diede alla donna una pacca sul sedere. — Eh? Fa sempre quello che le si chiede.

Sconvolta, la bambina vide per la prima volta sua madre come un’entita separata, una donna adulta con una vita propria. Non disse nulla, e rimase impassibile tenendosi forte al tavolo della cucina. Dentro, si sentiva piena di ribellione. Tutto le sembro di colpo terribilmente squallido, dalle mattonelle sbrecciate sotto i piedi all’aspetto trasandato della baracca dove abitavano. La pentola di fagioli sul fornello diffondeva in tutta la stanza un odore greve e fumoso. E Carlos continuava a sorriderle, sprigionando dai pori dilatati sudore e falsita. I suoi denti erano scheggiati e appuntiti, il suo alito puzzava di cibo guasto.

Non era un avvocato.

Si trasferi da loro. La bambina non fu consultata, in proposito. Carlos si trasferi da loro e riempi la baracca con la sua presenza ingombrante. Occupava molto piu spazio di un uomo normale. Inciampava dappertutto. Beveva, sebbene non in modo esagerato, all’inizio. Le sue grosse mani si muovevano sul corpo di sua madre con aggressiva familiarita, e lei lo accettava senza proteste ne

Вы читаете Memorie di domani
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату