— Avrei dovuto farlo per forza, credo.

— No, non avresti dovuto. Il Governo vuole quella nave, se avessi insistito per fare rapporto sulla donna, gli uomini a bordo avrebbero cambiato idea ed invece di scendere qui sarebbero andati su qualche altro pianeta. Ed al Governo non sarebbe piaciuto.

— Ma ti crederanno?

— Penso di si… Era molto carina, quella donna. Pensa, una donna del genere disposta ad andare con due uomini, e degli uomini sposati col coraggio di approfittarne… Sai, e allettante come idea.

— Non credo che tua moglie sarebbe contenta se sapesse che hai detto una cosa del genere, o che l’hai pensata.

Kendray replico con aria di sfida: — Perche, chi andra a riferirglielo? Tu?

— Dai, non dirlo nemmeno per scherzo. — L’espressione indignata di Gatis scomparve rapidamente, e Gatis disse: — Sai, mica gli hai dato una mano a quei tipi, lasciandoli passare.

— Lo so.

— Giu in superficie scopriranno subito tutto, e magari tu la passerai liscia, ma loro no.

— Lo so — annui Kendray — e mi dispiace per loro. I guai che gli creera la donna saranno poca cosa rispetto ai guai che gli creera la nave. Il capitano ha fatto certi commenti…

Kendray si interruppe, e Gatis lo sollecito smanioso: — Che commenti?

— Non importa — rispose Kendray. — Se dovesse spargersi la voce, io mi gioco le chiappe.

— Non diro niente.

— Nemmeno io… Comunque, mi spiace per quei due uomini di Terminus.

7

Per chiunque fosse stato nello spazio ed avesse conosciuto la sua immutabilita, la parte veramente eccitante del volo spaziale arrivava quando si trattava di atterrare su un nuovo pianeta. Il terreno scorreva sotto la nave, lasciando intravedere scorci di terra e di acqua, aree e linee geometriche che forse corrispondevano a campi e strade. Si scorgevano il verde della natura che cresceva, il grigio del cemento, il marrone del terreno spoglio, il bianco della neve. E soprattutto, c’era l’eccitazione trasmessa dai centri urbani, citta che su ogni mondo presentavano caratteristiche geometriche proprie e varianti architettoniche.

Su una normale nave, inoltre ci sarebbe stato il brivido del contatto col terreno e dello spostamento lungo una pista. Per la “Far Star” era diverso. Galleggiando nell’aria, rallento bilanciando abilmente attrito e gravita, e infine si fermo sopra lo spazioporto. Il vento soffiava a raffiche, il che complicava le cose. Quando veniva regolata su una spinta agravitazionale particolarmente elevata, la “Far Star” oltre a presentare un peso estremamente basso diminuiva anche come massa. Se la massa si avvicinava troppo allo zero, il vento avrebbe trascinato via la nave immediatamente. Quindi, bisognava attenuare il campo agravitazionale ed usare delicatamente dei razzi direzionali per contrastare l’attrazione del pianeta e la spinta del vento, intervenendo con correzioni che combaciassero il piu possibile con le variazioni di intensita delle raffiche. Senza un computer all’altezza, sarebbe stato impossibile farlo in maniera corretta.

La “Far Star” si abbasso progressivamente, con piccole e inevitabili oscillazioni in un senso o nell’altro, fino a posarsi sul settore delimitato assegnatole.

Il cielo era di un azzurro pallido chiazzato di bianco, quando la nave atterro. Anche in superficie il vento era teso, e pur non costituendo piu un pericolo per la navigazione le sue sferzate gelide fecero sussultare Trevize. Si rese subito conto che i loro indumenti non erano adatti al clima di Comporellen.

Pelorat invece si guardo attorno soddisfatto ed inspiro a fondo dal naso, apprezzando almeno momentaneamente il morso del freddo. Apri addirittura il giaccone per sentire il contatto del vento sul petto. Entro breve tempo, lo sapeva, avrebbe richiuso l’indumento e si sarebbe sistemato bene la sciarpa, ma per ora desiderava sentire l’esistenza di un’atmosfera. A bordo di una nave era impossibile.

Bliss si strinse nel giaccone e, con mani guantate, si calo il cappello sulle orecchie. Aveva un’espressione disfatta e infelice, e sembrava prossima alle lacrime.

Borbotto: — Questo mondo e malvagio: ci odia e ci maltratta.

— Niente affatto, cara — replico Pelorat convinto. — Sono sicuro che i suoi abitanti lo amino, e che questo mondo… li ami, se vogliamo esprimerci cosi. Tra poco saremo al coperto, al caldo.

Quasi dietro un ripensamento, scosto un lembo del giaccone e lo avvolse attorno a Bliss, mentre lei gli si rannicchiava contro.

Trevize si sforzo di ignorare la temperatura. Ricevette una tessera magnetizzata dalla direzione portuale, controllando col suo computer tascabile per assicurarsi che fornisse i particolari necessari: il numero di corsia e dell’area di parcheggio, il nome e il numero di matricola della nave, e via dicendo. Poi si accerto nuovamente che la “Far Star” fosse ermeticamente chiusa, e stipulo la massima assicurazione consentita contro i sinistri (inutile, in realta, poiche la “Far Star” sarebbe dovuto essere invulnerabile considerato il probabile livello tecnologico di Comporellen, e poiche in caso contrario sarebbe stata insostituibile a qualunque prezzo).

Trevize trovo il parcheggio dei taxi dove previsto. (Negli spazioporti, parecchie attrezzature e servizi si trovavano in posizioni standard, ed erano standardizzati come aspetto esteriore e modo d’impiego. Era una scelta obbligata, considerata l’utenza interplanetaria.)

Trevize chiamo un taxi, e indico la destinazione battendo semplicemente “Citta”.

Un taxi scivolo verso di loro su pattini diamagnetici, scosso leggermente dal vento e dalle vibrazioni di un motore non proprio silenzioso. Era di colore grigio scuro, e le insegne bianche spiccavano sulle posteriori. L’autista indossava un cappotto scuro e un cappello di pelo bianco.

Pelorat, notando certi particolari, commento sottovoce: — Pare che i colori planetari siano il nero ed il bianco.

Trevize disse: — Puo darsi che in citta l’ambiente si vivacizzi un po’.

L’autista parlo in un piccolo microfono, forse per evitare di aprire il finestrino. — Andate in citta, gente?

Il suo dialetto galattico aveva una cadenza dolce e cantilenante piuttosto simpatica, ed era facilmente comprensibile… il che era sempre un sollievo su un mondo nuovo.

— Esatto — rispose Trevize, e la portiera posteriore si apri scorrendo di lato.

Bliss entro, seguita da Pelorat e Trevize. La portiera si chiuse, e l’aria calda li avvolse.

Bliss si strofino le mani, con un lungo sospiro di sollievo.

Il taxi parti lentamente, e l’autista disse: — La nave con cui siete arrivati e gravitazionale, vero?

Trevize rispose asciutto: — Considerando il modo in cui e atterrata, avete qualche dubbio?

L’autista chiese: — E di Terminus, allora?

Trevize rispose: — Conoscete qualche altro mondo in grado di costruirne una?

Il conducente riflette un attimo mentre il taxi acquistava velocita. Poi disse: — Quando vi fanno una domanda, rispondete sempre con un’altra domanda?

Trevize non seppe resistere. — Perche no?

— In tal caso, cosa rispondereste se vi chiedessi se vi chiamate Golan Trevize?

— Risponderei: «Perche me lo chiedete?»

Il taxi si fermo ai margini dello spazioporto e l’autista disse: — Semplice curiosita! Ve lo chiedo ancora… Siete Golan Trevize?

La voce di Trevize divenne dura ed ostile. — Sono affari vostri?

— Amico mio — fece l’autista — finche non risponderete alla mia domanda non ci muoveremo. E se non risponderete in modo chiaro con un si od un no entro due secondi, spegnero il riscaldamento del vano passeggeri e continueremo ad aspettare. Siete Golan Trevize, Consigliere di Terminus? In caso di risposta negativa dovrete mostrarmi i vostri documenti.

— Si, sono Golan Trevize, e come Consigliere della Fondazione pretendo di essere trattato con tutta la cortesia dovuta alla mia carica. Se sarete irriguardoso vi metterete nei pasticci, amico. Ebbene?

— Adesso possiamo procedere un po’ piu distesi. — L’autista si avvio di nuovo. — Scelgo attentamente i

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