— Ma, Lizalor, non e possibile.
— Davvero? Perche — fece lei, l’espressione di colpo sospettosa. — A che ti serve quella ragazza?
— Non per scopi sessuali, te l’ho detto, e ti ho detto la verita. E di Pelorat, e non mi interessa. E poi, scommetto che si spezzerebbe in due se provasse a cimentarsi in quello che tu hai portato a termine in maniera trionfale.
Lizalor represse un sorriso e insiste severa: — Allora che differenza c’e per te se resta su Comporellen?
— La sua presenza e fondamentale per la nostra missione: e per questo che deve venire.
— Bene, allora qual e la tua missione? E ora che tu me lo dica.
Trevize esito un attimo. Doveva dirle la verita. Non gli veniva in mente una bugia altrettanto efficace.
— Ascoltami — disse. — Comporellen sara un mondo vecchio, anche uno dei piu vecchi, forse, pero non puo essere
Il cambiamento improvviso di Lizalor lo lascio sbalordito.
Aveva sgranato gli occhi, respirava con affanno, e ogni muscolo del suo corpo sembrava essersi irrigidito… Lizalor drizzo le braccia di scatto, ed incrocio le prime due dita di entrambe le mani.
— L’hai nominata — mormoro con voce roca.
15
Non disse nulla, dopo quella frase; non lo guardo. Abbasso lentamente le braccia, sposto le gambe oltre il bordo del letto e si drizzo a sedere volgendogli la schiena. Trevize resto dov’era, raggelato.
Nella mente, gli echeggiarono le parole dette da Munn Li Compor nel centro turistico vuoto di Sayshell. Gli pareva ancora di sentirlo parlare del suo pianeta ancestrale, il pianeta su cui adesso Trevize si trovava… «Sono superstiziosi. Ogni volta che pronunciano quella parola alzano le mani e incrociano le prime due dita per scacciare la sventura.»
Ma era inutile ricordarsene a fatto avvenuto.
— Cosa avrei dovuto dire, Mitza? — mormoro.
Lei scosse leggermente la testa, si alzo, ando verso una porta e la varco. La porta si chiuse, ed un attimo dopo si senti uno scrosciare d’acqua.
Non gli restava che aspettare, nudo, poco dignitoso, domandandosi se fosse il caso di raggiungerla nella doccia, e decidendo che sarebbe stato meglio non farlo. E proprio perche quella possibilita gli era negata, d’un tratto Trevize avverti il bisogno impellente di una doccia.
Infine Lizalor usci, e in silenzio comincio a scegliere gli indumenti da mettere.
Trevize disse: — Ti spiace se io…
Lei non disse nulla, e Trevize interpreto il mutismo come una risposta affermativa. Cerco di attraversare la stanza con un atteggiamento forte e mascolino, ma provava esattamente quello che aveva provato un tempo quando sua madre, contrariata da qualche sua azione sbagliata, l’aveva punito solo col silenzio, facendolo sentire meschino e confuso.
Una volta nel cubicolo, si guardo attorno e noto che le pareti erano spoglie, completamente spoglie… Guardo meglio… No, nulla.
Apri la porta dello stanzino e si affaccio, chiedendo: — Senti, com’e che funziona la doccia?
Lizalor depose il deodorante (almeno, Trevize immagino che si trattasse di deodorante) raggiunse la doccia e, sempre senza guardarlo, indico. Trevize segui la direzione del suo dito e scorse sulla parete un punto rotondo di un rosa chiarissimo, come se il progettista avesse rovinato a malincuore il candore assoluto del muro e solo per motivi funzionali.
Stringendosi nelle spalle, Trevize si allungo verso la parete e tocco la chiazza di colore. Evidentemente, bisognava fare cosi, perche un attimo dopo un diluvio di schizzi finissimi d’acqua lo colpirono da ogni direzione. Soffocando un grido, Trevize tocco nuovamente la chiazza e i getti si arrestarono.
Apri la porta, rendendosi conto di avere un’aria ancor meno dignitosa ora che tremava a tal punto da stentare ad articolare le parole. — Per avere l’acqua calda… come si fa? — domando farfugliando.
Lizalor finalmente lo guardo e, evidentemente, lo spettacolo offerto da Trevize dissolse la sua collera (o la sua paura, o qualsiasi sentimento si fosse impossessato di lei) in quanto Lizalor represse una risatina e poi, d’un tratto, esplose in una risata fragorosa.
— Quale acqua calda? — disse. — Credi che sprechiamo energia per scaldare l’acqua che usiamo per lavarci? Quella e acqua a temperatura giusta, acqua non piu gelida. Che altro vorresti, Terminiano mollaccione? Torna dentro e lavati!
Trevize esito, ma per poco, dato che chiaramente non aveva scelta.
Con estrema riluttanza tocco ancora la chiazza rosa e si preparo a ricevere i getti gelati. Acqua a temperatura
Poi venne la fase di risciacquo. Ah, calda… Be’, non esattamente calda, ma neppure fredda come prima, e decisamente piena di calore per il suo corpo ghiacciato. Poi, mentre stava pensando di toccare la chiazza e chiudere l’acqua, e si stava chiedendo come avesse fatto Lizalor a uscire asciutta dal momento che non c’erano salviette o facenti funzione di salviette li dentro, l’acqua si arresto. Fu seguita da una raffica d’aria che l’avrebbe di certo atterrato se non fosse provenuta da varie direzioni con pari intensita.
Era calda; quasi troppo calda. Era necessaria meno energia per riscaldare l’aria che per riscaldare l’acqua, Trevize lo sapeva. Le gocce sul suo corpo evaporarono, e in pochi minuti Trevize usci dal cubicolo asciutto come un deserto.
Lizalor sembrava essersi riavuta completamente. — Ti senti bene?
— Abbastanza. — In effetti, Trevize si sentiva meravigliosamente. — E bastato che mi preparassi alla temperatura… Ma non mi avevi detto che…
— Mollaccione — fu il rimprovero bonario di Lizalor.
Trevize uso il suo deodorante, quindi si vesti, rimpiangendo di non avere, come lei, della biancheria intima pulita. — Come avrei dovuto chiamarlo… quel mondo?
— Noi lo chiamiamo Il Piu Vecchio.
— Come potevo sapere che il nome usato da me fosse proibito? Me l’hai detto, tu?
— E tu me l’hai chiesto?
— Non sapevo di dover chiedere.
— Adesso lo sai, comunque.
— Finiro col dimenticarmene.
— Meglio che non te ne dimentichi.
— Che differenza c’e? — fece Trevize un po’ spazientito. — E solo una parola, un suono.
Lizalor rispose, rabbuiandosi: — Ci sono parole che non si dicono. Tu dici ogni parola che conosci in qualsiasi circostanza?
— Certe parole sono volgari, certe sono improprie, alcune in una data circostanza potrebbero essere crudeli. Cos’e… la parola che ho usato?
— E una parola triste, una parola solenne. Rappresenta un mondo da cui tutti discendiamo, e che ora non esiste piu. E qualcosa di tragico, e noi lo sentiamo in modo particolare perche quel mondo era vicino a noi. Preferiamo non parlarne o, se dobbiamo, preferiamo non usare il suo nome.
— E le dita incrociate? In che modo quel gesto allevia il dolore e la tristezza?
Lizalor arrossi. — E stata una reazione automatica, e non ti ringrazio certo perche mi hai costretta a reagire cosi. Certe persone credono che quella parola, pronunciata o anche pensata, porti sfortuna… e la scacciano in questo modo.
— E anche tu credi che incrociare le dita scacci la sfortuna?