— Ho visto pochissimi mondi — disse Bliss — ma incarno il pensiero di Gaia, e questo e il modo in cui si riduce un mondo da cui l’umidita sia scomparsa.
— Perche? — domando Trevize.
— Rifletti — disse Bliss aspra. — Nessun mondo abitato ha un vero equilibrio ecologico. La Terra doveva averne uno, in origine, perche se e il mondo su cui si e evoluta l’umanita, devono esserci state lunghe ere in cui l’umanita non esistesse… ne l’umanita ne qualsiasi altra specie capace di creare una tecnologia avanzata e di modificare l’ambiente. Quindi, deve esserci stato un equilibrio naturale… mutevolissimo, ovviamente. Su tutti gli altri mondi abitati, comunque, gli esseri umani hanno trasformato meticolosamente, hanno terraformato, il loro nuovo ambiente ed introdotto la vita vegetale e animale… ma questo sistema ecologico non puo essere che squilibrato. Avra solo un numero limitato di specie, solo quelle specie volute dagli esseri umani, o che non era possibile fare a meno di introdurre…
Pelorat disse: — Sai cosa mi ricorda questo fatto?… Scusa se ti interrompo, Bliss, ma e una cosa talmente calzante che devo assolutamente raccontarla intanto che mi ricordo… C’e un vecchio mito della creazione, in cui mi sono imbattuto una volta… un mito in cui si formava la vita su un pianeta, e questa vita era costituita solo da un numero limitato di specie, solo le specie utili o gradite all’umanita. I primi esseri umani poi fecero qualcosa di sciocco… non importa cosa, perche quei vecchi miti di solito sono simbolici e se li si prende alla lettera confondono solo le idee… be’, fecero qualcosa di sciocco, ed il suolo del pianeta fu maledetto… «Spini, e rovi pur, esso generera per voi», ecco qual era la maledizione, anche se il verso suona molto meglio nel Galattico arcaico in cui era scritto… L’interrogativo, comunque, e: era davvero una maledizione? Le cose che gli esseri umani non vogliono o non apprezzano, come i rovi e le spine, potrebbero essere necessarie all’equilibrio ecologico.
Bliss sorrise. — E sorprendente, Pel… tutto ti ricorda qualche leggenda, e come sono illuminanti a volte! Gli esseri umani terraformando un mondo, lasciano fuori i rovi e le spine, qualunque cosa rappresentino, e poi devono impegnarsi e faticare se vogliono che il mondo mantenga la sua efficienza. Non e infatti un organismo indipendente ed autosufficiente come Gaia, e invece un insieme miscellaneo di Isolati, e questo insieme non e abbastanza versatile da far si che l’equilibrio ecologico si mantenga a tempo indeterminato. Se l’umanita scompare, se viene a mancare una guida, il modello di vita del mondo comincia inevitabilmente a disgregarsi. Il pianeta si sforma… si sterraforma.
Trevize disse scettico: — Se e questo il fenomeno che stiamo osservando, be’, non avviene tanto rapidamente. Puo darsi che questo mondo sia privo di esseri umani da ventimila anni, eppure per lo piu sembra ancora un sistema fiorente.
— Certo — disse Bliss — dipende dall’equilibrio ecologico iniziale. Partendo da un buon equilibrio ecologico il pianeta puo anche durare a lungo senza esseri umani. In fin dei conti, anche se rapportati all’uomo sono moltissimi, ventimila anni sono un lasso di tempo brevissimo a livello di vita planetaria.
Fissando lo schermo, Pelorat osservo: — Dal momento che questo pianeta sta degenerando, mi pare che possiamo concludere che gli esseri umani siano scomparsi.
Bliss disse: — Continuo a non captare alcuna attivita mentale di tipo umano. Si, immagino che il pianeta sia tranquillamente privo di esseri umani. C’e il ronzio costante dei livelli di coscienza inferiori, comunque… livelli sufficientemente alti da indicare la presenza di uccelli e mammiferi. Ma anche se il pianeta si stia sformando, non e una prova sufficiente della mancanza degli esseri umani. Un pianeta potrebbe deteriorarsi nonostante la presenza degli esseri umani, se la societa stessa fosse anormale e non capisse l’importanza della conservazione ambientale.
— Una societa del genere verrebbe distrutta rapidamente — commento Pelorat. — Mi sembra impossibile che gli esseri umani non afferrino l’importanza della conservazione dei fattori che li mantengano in vita.
Bliss replico: — Io non ho la tua stessa fiducia nella ragione umana, Pel. In una societa planetaria composta di Isolati, mi sembra che le preoccupazioni locali e persino individuali possano facilmente soffocare le esigenze planetarie.
— Mi associo a Pelorat — intervenne Trevize. — Lo ritengo inconcepibile. E dal momento che ci sono migliaia di mondi abitati dall’umanita e nessuno si sia deteriorato a livelli catastrofici, forse i tuoi timori riguardo l’Isolatismo sono eccessivi.
La nave usci dall’emisfero diurno ed entro in quello notturno. L’effetto fu quello di un crepuscolo repentino, seguito dal buio piu assoluto, interrotto solo dalle stelle che occhieggiavano nei tratti dove il cielo era limpido.
La nave si manteneva in quota controllando accuratamente la pressione atmosferica e intensita gravitazionale. Erano a un’altezza troppo grande per urtare qualche massiccio montuoso, dato che la formazione dei rilievi sul pianeta era avvenuta moltissimo tempo prima. Ma il computer tastava ugualmente il terreno con le sue microonde, per maggior sicurezza.
Trevize scruto l’oscurita vellutata e disse pensoso: — Il segno piu convincente dell’abbandono di questo pianeta secondo me e l’assenza di luci nel lato notturno. Una societa tecnologica non riuscirebbe a vivere nell’oscurita… Non appena raggiungeremo il lato diurno, scenderemo.
— A che scopo? — chiese Pelorat. — Non c’e nulla laggiu.
— E chi l’ha detto?
— Bliss. Ed anche tu.
— No, Janov. Io ho detto che non ci sono radiazioni di origine tecnologica, e Bliss ha detto che non c’e traccia di attivita mentale umana, ma questo non significa che non ci sia proprio nulla. Anche se sul pianeta non ci siano esseri umani, ci saranno sicuramente dei resti. Io sono in cerca di informazioni, Janov, e le rovine di un apparato tecnologico potrebbero indicarci la strada giusta da seguire.
— Dopo ventimila anni? — sbotto Pelorat con voce stridula. — Secondo te, cosa puo essere rimasto dopo ventimila anni? Non troveremo alcun film, alcun testo stampato, alcun documento… il metallo sara arrugginito, il legno sara marcito, la plastica si sara sbriciolata… Persino le pietre saranno sbriciolate e corrose.
— Forse non sono passati ventimila anni — replico paziente Trevize. — Io ho parlato di ventimila anni come probabile periodo di abbandono del pianeta perche stando alla leggenda comporelliana questo mondo allora era ancora fiorente. Pero puo darsi che gli ultimi esseri umani siano morti o siano scomparsi o se ne siano andati solo un millennio fa…
Arrivarono all’estremita opposta del lato notturno, e l’alba spunto e s’illumino di luce solare nel giro di pochi secondi.
La “Far Star” si abbasso lentamente finche i particolari della superficie non apparirono in modo chiaro. Le isolette che costellavano le rive continentali adesso si distinguevano bene. Per lo piu erano verdi di vegetazione.
Trevize disse: — Credo che dovremmo studiare con particolare attenzione le aree devastate. I punti in cui gli esseri umani erano maggiormente concentrati dovrebbero essere quelli di maggior squilibrio ecologico. Quelle aree potrebbero essere i focolai da cui si e diffuso questo fenomeno di disfacimento ambientale. Che ne pensi, Bliss?
— E possibile. In ogni caso, in mancanza di conoscenze precise, tanto vale cercare nei punti piu facili. Le praterie e le foreste avranno inghiottito gran parte delle tracce dell’insediamento umano, quindi cercare la potrebbe rivelarsi un’inutile perdita di tempo.
— Pensandoci bene — intervenne Pelorat — un mondo alla fine potrebbe creare un equilibrio con cio di cui dispone… potrebbero svilupparsi nuove specie, e le aree infestate potrebbero essere colonizzate di nuovo partendo da nuovi presupposti.
— Puo darsi, Pel — convenne Bliss. — Dipendera innanzitutto dallo stato di squilibrio del mondo, credo. E perche un mondo guarisca da solo e raggiunga un nuovo equilibrio attraverso l’evoluzione saranno necessari ben piu di ventimila anni. Occorreranno milioni d’anni.
La “Far Star” non stava piu orbitando attorno al pianeta, stava sorvolando lentamente una distesa, ampia cinquecento chilometri, di brughiera in cui spuntavano qui e la macchie di alberi.
— Che ne pensi di quel punto? — disse Trevize d’un tratto, indicando. La nave si arresto galleggiando a mezz’aria. Si sentiva un ronzio basso ma persistente, mentre i motori gravitazionali aumentavano il loro sforzo neutralizzando quasi del tutto il campo gravitazionale del pianeta.
Non c’era molto da vedere nella direzione indicata da Trevize… solo mucchi di terriccio e chiazze erbose.
— Io non distinguo proprio nulla — fece Pelorat.
— Quel marciume ha una configurazione rettilinea… Linee parallele… e si intravedono vagamente delle