Il cane, gli occhi fissi su Trevize, indietreggio di un paio di passi, come se non si fidasse, poi arriccio il labbro superiore e dalla sua bocca scaturi una specie di ruggito stridulo. Anche se Trevize non aveva mai visto un cane comportarsi cosi, non si poteva che interpretare la sua reazione come un atteggiamento minaccioso.
Trevize cesso quindi di avanzare e si immobilizzo. Con lo sguardo colse dei movimenti su un lato, e giro la testa lentamente. C’erano altri due cani che avanzavano da quella direzione: avevano un aspetto ostile come il primo, un’aria micidiale…
Micidiale? Si rese conto un attimo dopo del significato dell’aggettivo, e gli pareva terribilmente appropriato.
Di colpo, il cuore prese a battergli forte. La strada verso la nave era sbarrata. Non poteva mettersi a correre senza una meta precisa, perche quelle lunghe zampe canine lo avrebbero raggiunto dopo pochi metri. Se fosse rimasto li ed avesse usato il disintegratore, mentre uccideva il primo gli altri due gli sarebbero balzati addosso. In lontananza, vide degli altri cani che si avvicinavano: comunicavano per caso in qualche modo? Cacciavano in branchi?
Lentamente, si sposto a sinistra, una direzione in cui non c’erano cani… per ora. Lentamente. Lentamente.
I cani si spostarono anch’essi. Se non lo avevano attaccato subito, era solo perche prima d’ora non avevano mai visto ne fiutato una creatura come lui, Trevize ne era certo: non avevano alcuno schema di comportamento da seguire di fronte a lui.
Se si fosse messo a correre, invece, la sua fuga avrebbe presentato un fenomeno familiare per i cani. Sapevano in che modo reagire se un essere delle dimensioni di Trevize avesse dimostrato di aver paura e fosse scappato: si sarebbero messi a correre anche i cani. Piu velocemente.
Trevize continuo a ritirarsi verso un albero. Non vedeva l’ora di rifugiarsi lassu dove i cani non avrebbero potuto raggiungerlo. Gli animali continuarono a seguire i suoi spostamenti e ad avvicinarsi ringhiando. Tutti e tre lo fissavano. Intanto, altri due cani stavano unendosi ai primi, e Trevize vide che altre bestie stavano sopraggiungendo da lontano. Una volta vicino all’albero, avrebbe dovuto scattare. Non poteva aspettare troppo, ma non poteva nemmeno lanciarsi troppo presto: sarebbero stati due errori probabilmente fatali.
Adesso!
Trevize stabili senza dubbio un record personale di velocita, ma nonostante la sua accelerazione riusci a mettersi in salvo per un pelo. Senti uno scatto di mascelle vicino a un tacco, e per una frazione di secondo si ritrovo bloccato, prima che i denti scivolassero sulla superficie dura di ceramoide.
Arrampicarsi sugli alberi non era la sua specialita. L’ultima volta che l’aveva fatto aveva dieci anni, ed anche allora ci era riuscito solo dopo goffi sforzi. In questo caso, pero, il tronco non era esattamente verticale, e la corteccia nodosa era piena di appigli. Ma, soprattutto, c’era il bisogno a pungolarlo, e quando il bisogno e abbastanza grande si possono compiere imprese sorprendenti.
Si ritrovo appollaiato su una biforcazione ad una decina di metri dal terreno. Per il momento, non si rendeva conto di essersi scalfito una mano e di sanguinare. Ai piedi dell’albero, adesso c’erano cinque cani, accovacciati sulle zampe posteriori, gli occhi puntati pazientemente verso l’alto, le lingue penzoloni.
E adesso…?
7
Data la sua posizione, Trevize non era in grado di esaminare la situazione in modo logico e approfondito. I pensieri gli si accavallavano in rapide sequenze, scombinate e distorte, e se si fosse soffermato a riflettere le conclusioni sarebbero state abbastanza semplici…
Bliss in precedenza aveva affermato che, terraformando un pianeta, gli esseri umani creassero un’ecologia squilibrata, e che per impedire che il sistema ecologico si sfasciasse gli esseri umani dovessero poi impegnarsi di continuo. Per esempio, i Coloni non avevano mai portato con se i predatori piu grossi. Portare quelli piccoli era stato inevitabile… Insetti, parassiti… persino falchetti, topiragno, e cosi via.
Gli animali mitici delle leggende e delle vaghe versioni letterarie… le tigri, gli orsi grigi, i coccodrilli, le orche… perche portarli di mondo in mondo, a che scopo?
Quindi gli esseri umani erano gli unici predatori di dimensioni notevoli, e stava a loro eliminare in parte quelle piante e quegli animali che, se avessero potuto riprodursi liberamente, sarebbero andati incontro a gravi problemi di sovrappopolazione.
E se in un modo o nell’altro gli esseri umani scomparivano, toccava ad altri predatori sostituirli. Ma quali predatori? I predatori piu grandi tollerati dall’uomo erano i cani e i gatti, animali addomesticati che per vivere dipendevano dalla generosita umana.
E se non rimaneva piu alcun essere umano a nutrirli? Be’, allora dovevano trovarsi il cibo da soli… si trattava della loro sopravvivenza, e di quella degli animali di cui si cibavano, il cui numero doveva essere tenuto sotto controllo, altrimenti la sovrappopolazione avrebbe causato danni ben piu seri di quelli provocati dai predatori stessi.
Quindi ecco che i cani si moltiplicavano, in tutte le loro razze; gli esemplari piu grandi attaccavano gli erbivori di dimensioni maggiori, ormai incustoditi; i cani piu piccoli attaccavano invece gli uccelli e i roditori. I gatti probabilmente cacciavano di notte, mentre i cani di giorno. Inoltre, i primi cacciavano individualmente, i secondi in branchi.
E forse l’evoluzione un giorno avrebbe prodotto altre specie, per colmare tutti gli spazi ambientali. Chissa, forse certi cani avrebbero acquisito caratteristiche adatte alla vita acquatica ed avrebbero potuto nutrirsi anche di pesce; ed i gatti magari avrebbero imparato le tecniche del volo planato per cacciare gli uccelli piu lenti nel loro elemento oltre che a terra.
Tutte queste considerazioni attraversavano slegate la mente di Trevize, mentre Trevize si sforzava di riordinare le idee per stabilire una linea d’azione.
Il numero dei cani continuava ad aumentare. Ne conto 23 attorno all’albero, e ce n’erano altri in arrivo. Di quante unita era composto il branco? Gia, ma che importanza aveva? Era gia fin troppo numeroso.
Trevize estrasse il disintegratore dalla fondina, ma il calcio massiccio stretto nella mano non gli trasmise il senso di sicurezza sperato. Da quanto tempo non inseriva una unita di energia nell’arma? Quante scariche poteva sparare? Sicuramente, non 23?
E Pelorat e Bliss? Se fossero arrivati di colpo, i cani li avrebbero aggrediti? Ma erano davvero al sicuro nel posto dove si trovavano? Se i cani avessero avvertito la presenza di due esseri umani tra le rovine, nulla avrebbe impedito al branco di attaccarli laggiu. Non c’erano certamente porte o sbarramenti dietro cui rifugiarsi.
Bliss era in grado di fermarli e di respingerli? Era in grado di concentrare i suoi poteri attraverso l’iperspazio fino ad ottenere l’intensita desiderata? E per quanto tempo sarebbe riuscita a mantenerla?
Doveva chiamare, chiedere aiuto? si domando Trevize. Se avesse gridato, Pelorat e Bliss si sarebbero precipitati da lui, ed i cani sarebbero fuggiti sotto lo sguardo minaccioso di Bliss? (Era necessario uno sguardo, o si trattava semplicemente di un intervento mentale non percepibile esternamente da chi non fosse in possesso di certi poteri?) E se, correndo da lui, Pelorat e Bliss fossero stati dilaniati sotto lo sguardo di Trevize, che sarebbe stato costretto ad assistere impotente alla scena dal suo rifugio relativamente sicuro in cima all’albero?
No, doveva usare il disintegratore. Se fosse riuscito ad uccidere un cane ed a spaventare gli altri per un po’, avrebbe potuto scendere dall’albero, chiamare Pelorat e Bliss, uccidere un secondo cane se le bestie avessero accennato a riavvicinarsi, e ripararsi coi due compagni a bordo della nave.
Regolo l’intensita del raggio a microonde sui tre quarti. In questo modo sarebbe riuscito ad uccidere un cane ed a produrre una detonazione abbastanza rumorosa. La detonazione avrebbe spaventato gli altri cani, e lui avrebbe risparmiato energia.
Miro attentamente a un cane in mezzo al branco, un animale che (almeno, secondo l’immaginazione di Trevize) sembrava trasudare piu ferocia degli altri… forse perche se ne stava accovacciato con maggior tranquillita, quasi studiasse la preda con fredda determinazione. Il cane adesso stava fissando proprio l’arma, come se sfidasse Trevize ad usarla e si sentisse invulnerabile.
Fu allora che Trevize si rese conto di non avere mai sparato con un disintegratore a un essere umano, ne di averlo mai visto fare da altri. Durante l’addestramento si era sparato contro manichini di cuoio o di plastica