riempiti d’acqua, e l’acqua portata quasi istantaneamente al punto d’ebollizione lacerava l’involucro e lo faceva esplodere.

Ma, in tempo di pace, chi avrebbe mai sparato a un essere umano? E chi avrebbe opposto resistenza di fronte a un disintegratore, costringendo l’antagonista a usarlo? Solo li, su un mondo diventato patologico in seguito alla scomparsa degli esseri umani certe azioni violente…

Per la strana capacita del cervello di registrare particolari del tutto superflui in determinati frangenti, Trevize noto che una nuvola aveva coperto il sole in quel preciso istante… poi sparo.

Ci fu uno strano luccichio dell’aria, lungo una linea retta che andava dalla canna del disintegratore al cane; un vago scintillio che sarebbe passato inosservato se il sole non fosse stato velato dalla nube.

Il cane avverti l’immediato aumento di calore e fece un piccolo movimento, quasi stesse per balzare via. Quindi esplose, mentre una parte del suo sangue e delle sue componenti cellulari evaporava.

L’esplosione produsse un rumore di scarsa entita, un botto molto fiacco, perche i tegumenti del cane non avevano la robustezza degli involucri dei manichini da esercitazione. Carne, pelle, sangue ed ossa schizzarono comunque tutt’intorno, e Trevize senti il moto di protesta del proprio stomaco.

I cani arretrarono impercettibilmente. Alcuni erano stati bombardati da quei frammenti sgradevolmente caldi. L’esitazione duro solo un attimo, pero. Di colpo, gli animali si accalcarono l’uno contro l’altro per mangiare quei bocconi inattesi. La nausea di Trevize crebbe: invece di spaventarli, li stava nutrendo. Con quel sistema, non se ne sarebbero mai andati. Anzi, l’odore del sangue fresco e della carne calda avrebbe attirato altri cani, forse anche altri piccoli predatori.

Una voce chiamo: — Trevize. Cosa…

Trevize sposto lo sguardo. Bliss e Pelorat erano sbucati dai ruderi. Bliss si era arrestata di colpo, tendendo le braccia tempestivamente per trattenere Pelorat. La ragazza fisso i cani: la situazione era ovvia, non c’era bisogno di fare domande.

Trevize grido: — Ho cercato di cacciarli via senza fare intervenire te e Janov. Puoi tenerli a bada?

— A stento — rispose Bliss, senza alzare la voce, e Trevize afferro le sue parole con una certa difficolta, anche se il ringhiare dei cani si era calmato, come se qualcuno avesse gettato su di loro una barriera fonoassorbente.

Bliss disse: — Sono troppi, e non ho dimestichezza col loro modello di attivita neuronica. Su Gaia non abbiamo simili esseri selvaggi.

— Non ci sono nemmeno su Terminus, ne sugli altri mondi civilizzati — grido Trevize. — Ne eliminero il piu possibile… tu cerca di occuparti degli altri. Con un numero ridotto dovresti avere meno problemi.

— No, Trevize. Uccidendoli riuscirai solo ad attirarne altri… Resta alle mie spalle, Pel… tanto non puoi proteggermi in nessun modo… Trevize, l’altra tua arma…

— La frusta neuronica?

— Si. Quella provoca dolore, no? Bassa intensita, mi raccomando, bassa!

— Hai paura di farli soffrire troppo? — sbotto Trevize arrabbiato. — Ti pare il momento di soffermarsi a considerare la sacralita della vita?

— Sto pensando alla vita di Pel, e alla mia. Fai come dico: bassa intensita, e spara ad uno dei cani… Non posso tenerli a bada ancora a lungo.

I cani si erano staccati dall’albero ed avevano circondato Bliss e Pelorat, che si tenevano a ridosso di un muro diroccato. I cani alla testa del branco accennarono ad avvicinarsi ulteriormente ai due, emettendo deboli guaiti… evidentemente stavano cercando di capire cosa li stesse bloccando dal momento che loro non percepivano alcun ostacolo. Alcuni provarono, senza riuscirci, ad arrampicarsi sul muro per attaccare alle spalle le due prede.

Con mani tremanti, Trevize regolo l’intensita operativa della frusta neuronica. La frusta consumava meno energia del disintegratore ed una unita d’alimentazione produceva centinaia di sferzate, ma ora che ci pensava, Trevize non ricordava quando avesse caricato quell’arma l’ultima volta… come per il disintegratore.

La precisione della mira in questo caso non era tanto importante. Dato che il consumo energetico era basso, Trevize avrebbe potuto sparare a raffica su tutto il branco. Di solito si faceva cosi quando bisognava tenere sotto controllo un assembramento di persone che dimostrassero intenzioni ostili.

Comunque, segui il suggerimento di Bliss. Prese di mira un cane e sparo. Il cane stramazzo a terra, dimenando le zampe, lanciando lunghi guaiti striduli.

Gli altri cani indietreggiarono, allontanandosi dall’animale colpito, piegando le orecchie all’indietro. Poi, guaendo a loro volta, fecero dietrofront e se ne andarono lentamente, poi a gambe levate. Il cane che aveva subito l’effetto della frusta neuronica si drizzo lentamente sulle zampe e si trascino via continuando a lamentarsi.

Gli uggiolii si persero in lontananza, e Bliss disse: — Ci conviene salire sulla nave: torneranno. O quelli od altri, torneranno.

Trevize aziono il meccanismo di apertura della “Far Star” con una rapidita senza precedenti, e si auguro di non doversi ripetere.

8

Era ormai calata la notte e Trevize non aveva ancora assorbito completamente gli effetti dell’esperienza traumatica. Il minuscolo lembo di sintopelle sulla scalfittura alla mano aveva alleviato il dolore fisico, ma anche la sua psiche era stata scalfita, e curare quella lesione interiore non era cosi facile.

Non si trattava solo del pericolo corso: Trevize era in grado di reagire a situazioni di pericolo come qualsiasi altra persona mediamente coraggiosa… No… era stata la direzione inattesa da cui il pericolo era giunto. E la prospettiva di venire ridicolizzato. Che figura avrebbe fatto se si fosse saputo in giro che fosse stato costretto a rifugiarsi su un albero per sfuggire a dei cani ringhianti? La stessa figura che avrebbe fatto se fosse stato messo in fuga da uno stormo di canarini arrabbiati!

Per ore intere, continuo a restare in ascolto, preparandosi ad un nuovo attacco da parte dei cani… temendo di sentire un coro di ululati, di sentire degli artigli che graffiassero lo scafo.

Pelorat invece sembrava abbastanza tranquillo. — Vecchio mio, sapevo fin dall’inizio che Bliss avrebbe affrontato egregiamente la situazione, ma devo dire che anche tu hai utilizzato molto bene la tua arma.

Trevize scrollo le spalle: non aveva voglia di parlare di quell’argomento.

Pelorat aveva in mano la sua biblioteca (il minidisco in cui era racchiusa una vita di ricerche sui miti e le leggende) e si ritiro in camera, dove teneva il suo piccolo lettore.

Sembrava soddisfatto. Trevize noto la cosa, pero preferi evitare di chiedergli spiegazioni. Avrebbero discusso in seguito; prima doveva togliersi dalla mente la storia dei cani.

Quando lui e Bliss furono soli, Bliss disse con una certa titubanza: — Sei stato colto di sorpresa, immagino.

— Certo — rispose Trevize accigliato. — Non mi sarei mai aspettato, davanti ad un cane, di dover fuggire per salvarmi la vita.

— Dopo ventimila anni senza uomini, un cane cambia. Adesso quelle bestie sono senza dubbio la principale specie di predatori del pianeta.

Trevize annui. — Esattamente quello che ho concluso anch’io mentre mi trovavo su quel ramo nel ruolo di preda. Avevi ragione quando hai parlato di squilibrio ecologico.

— Certo, squilibrio dal punto di vista umano… ma se consideriamo l’efficienza con cui i cani svolgono la loro parte, almeno per quel che abbiamo potuto vedere, be’, forse Pel ha ragione quando afferma che un sistema ecologico potrebbe raggiungere un nuovo equilibrio autonomo in cui vari settori ambientali verrebbero occupati da nuove varieta derivate dal numero abbastanza limitato di specie portate originariamente su un mondo.

— Strano — commento Trevize. — Anch’io ci ho pensato.

— Naturalmente, a patto che lo squilibrio non sia troppo accentuato, altrimenti il processo di stabilizzazione richiederebbe troppo tempo, e durante un intervallo eccessivamente lungo il pianeta potrebbe diventare del tutto inagibile.

Trevize sbuffo.

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