— Si, e se percepisco la loro presenza, mi pare che dovrei riuscire a percepire anche la presenza di esseri umani. Invece, niente.

— Robot! — ripete Trevize corrugando la fronte.

— Si, e parecchi, direi.

3

Pelorat esclamo: — Robot! — usando lo stesso tono di Trevize, quando ricevette la notizia. Poi abbozzo un sorriso. — Avevi ragione Golan, ed io ho sbagliato a dubitare di te.

— Non ricordo che tu abbia dubitato di me, Janov.

— Oh, be’, vecchio mio, non ho ritenuto opportuno esternare i miei dubbi. Pero, in cuor mio, ho pensato che fosse un errore lasciare Aurora, visto che avevamo opportunita di interrogare qualche robot superstite: ma e chiaro che tu sapessi che qui avremmo trovato un numero maggiore di robot disponibili.

— Niente affatto, Janov: non lo sapevo, ho solo tentato. Secondo Bliss, stando ai loro campi mentali, i robot dovrebbero essere perfettamente funzionanti, ed a me sembra che non dovrebbero funzionare alla perfezione senza degli esseri umani capaci di provvedere alla loro manutenzione. Comunque, Bliss non riesce ad avvertire alcuna traccia umana, cosi stiamo ancora cercando.

Pelorat studio lo schermo pensieroso. — Un mondo coperto di foreste, direi.

— In gran parte. Ma ci sono tratti aperti che potrebbero essere praterie. Il problema e che non vedo alcuna citta, non ci sono luci notturne: si rilevano solo radiazioni termiche.

— Insomma, nessun essere umano, eh?

— Chissa. Bliss e in cambusa, e sta cercando di concentrarsi. Ho fissato un meridiano fondamentale arbitrario cosi adesso il pianeta e diviso per latitudine e longitudine nel computer. Bliss ha un piccolo congegno, che preme ogni volta che incontra una concentrazione insolita di attivita mentale robotica… immagino che non si possa parlare di attivita neuronica riferendosi a dei robot… o eventuali tracce di pensiero umano. Il congegno e collegato al computer, che in questo modo fa il punto della situazione in varie coordinate, poi noi lasceremo che sia il computer a scegliere il luogo piu adatto dove atterrare.

Pelorat sembrava a disagio. — E prudente lasciare questa scelta al computer?

— Perche no, Janov? E un computer efficiente. E poi, in mancanza di riferimenti, che male c’e a prendere in considerazione la scelta del computer?

Pelorat si illumino. — Hai ragione, Golan. Sai, alcune delle leggende piu antiche raccontano di persone che per scegliere lanciassero dei cubi a terra.

— Ah? E cosa ottenevano?

— Vedi, ogni faccia del cubo rappresentava una decisione… si, no, forse, rimandare, e cosi via… Il lato rivolto verso l’alto, quando il cubo si posava sul terreno, era quello col consiglio da seguire. Oppure si faceva rotolare una sfera su un disco con tante fessure lungo il bordo, e ogni fessura rappresentava una particolare decisione. La decisione da prendere era quella scritta nella fessura in cui si fermasse la sfera. Alcuni mitologisti ritengono che queste attivita fossero dei giochi d’azzardo, piu che dei sistemi divinatori, ma io non ci vedo una grande differenza.

— In un certo senso, noi stiamo giocando d’azzardo nello scegliere il punto d’atterraggio — osservo Trevize.

Bliss stava uscendo dalla cambusa, e senti quell’ultimo commento. Disse: — Non stiamo affatto giocando d’azzardo. Ho premuto parecchi “forse” ed un “si” sicuro al cento per cento, ed e verso quel “si” che ci dirigeremo.

— Come mai un si cosi sicuro? — domando Trevize.

— Ho percepito una traccia di pensiero umano. Chiara, inconfondibile.

4

Era piovuto, perche l’erba era bagnata. In cielo, le nuvole filavano veloci e accennavano a diradarsi.

La “Far Star” si era posata dolcemente accanto a un boschetto. (Nel caso ci fossero anche li dei cani selvatici, penso Trevize, scherzando solo in parte). Tutt’intorno si estendeva una specie di pascolo, e durante la discesa, quando avevano raggiunto una quota adatta, Trevize aveva scorto frutteti e campi di grano e, questa volta senza ombra di dubbio, animali che pascolavano.

Non c’erano strutture, pero. Nulla di artificiale… solo che la regolarita della disposizione degli alberi da frutta ed i contorni geometrici che delimitavano i campi erano di per se stessi tracce artificiali significative quanto una centrale a microonde.

Possibile che quegli interventi artificiali fossero esclusivamente opera dei robot? Che l’uomo fosse del tutto assente?

Trevize stava sistemando in silenzio le sue fondine. Questa volta si era accertato che entrambe le armi fossero in perfetta efficienza e cariche al massimo. Per un attimo, colse lo sguardo di Bliss e si fermo.

Bliss disse: — Fai pure. Non credo che ti serviranno, ma e quel che credevo anche la scorsa volta, no?

Trevize chiese: — Vuoi armarti anche tu, Janov?

Pelorat rabbrividi. — No, grazie. Con la tua difesa fisica, e con la difesa mentale di Bliss, mi sento tranquillo. Immagino che sia un gesto vigliacco da parte mia nascondermi sotto la vostra ala protettiva… ma se devo essere sincero, non mi vergogno, dato che sono troppo contento di non dover ricorrere in nessun caso alla forza.

Trevize disse: — Capisco. Ma non allontanarti mai da solo. Se Bliss ed io ci separeremo, stai con lei o con me, e non ti venga in mente di dar retta alla curiosita e sgattaiolare chissa dove per conto tuo.

— Non preoccuparti, Trevize — intervenne Bliss. — Me ne occupo io.

Trevize scese dalla nave per primo. Il vento era vivace e leggermente freddo in seguito alla pioggia, ma Trevize preferiva cosi. Probabilmente prima che piovesse, la calura e l’umidita dovevano essere state opprimenti.

Respiro, sorpreso. L’odore del pianeta era delizioso. Ogni pianeta aveva un odore particolare, lo sapeva, un odore immancabilmente strano e di solito disgustoso… Forse solo perche era strano… Come se le cose strane dovessero essere per forza sgradevoli… Forse in questo caso, il profumo dipendeva dalla pioggia recente, o da una particolare stagione dell’anno. Comunque…

— Venite — disse. — Si sta bene qui fuori: e piacevole.

Pelorat sbuco all’aperto e disse: — Piacevole e la parola giusta. Secondo te, ha sempre questo profumo?

— Non importa. Tanto in un’ora ci saremo abituati, i nostri recettori nasali saranno ormai saturi, e non sentiremo piu alcun profumo speciale.

— Peccato — fece Pelorat.

— L’erba e bagnata — si lamento Bliss.

— Non piove su Gaia? — chiese Trevize, ed in quel mentre un raggio di sole si poso momentaneamente su di loro attraverso uno squarcio tra le nubi. Tra poco il sole sarebbe uscito per un’apparizione meno fugace.

— Si — rispose Bliss — ma noi sappiamo quando piovera, e siamo preparati.

— Peccato — disse Trevize. — Perdete il brivido dell’imprevisto.

Bliss disse: — Hai ragione: cerchero di essere meno provinciale.

Pelorat si guardo attorno e disse in tono deluso: — Pare proprio che qui non ci sia nulla.

— Pare, ma non e cosi — disse Bliss. — Stanno arrivando. Vengono da dietro quell’altura. — Si rivolse quindi a Trevize. — Pensi che sia il caso di andare loro incontro?

Trevize scosse la testa. — No. Per venire fin qui abbiamo percorso parecchi parsec. Lascia che siano loro a fare l’ultimo tratto di strada: li aspetteremo.

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