Ovviamente, ho spesso sentito parlare delle vostre armi, e della vostra storia particolarmente barbara che pare dipendere in gran misura dalle armi. Malgrado cio, non ho mai visto un’arma vera e propria: mi e consentito di vedere le tue?
Trevize indietreggio di un passo. — Temo di no, Bander.
Bander parve divertito. — L’ho chiesto solo per cortesia: non era necessario che lo chiedessi.
Tese una mano, e dalla fondina di destra di Trevize sguscio fuori il disintegratore, mentre la frusta neuronica si sollevava dall’altra. Trevize annaspo per prendere le armi, ma le sue braccia erano come strette in una morsa elastica. Sia Pelorat che Bliss accennarono ad intervenire, ma anche loro erano incapaci di muoversi.
Bander disse: — Non prendetevi la briga di reagire: sarebbe un tentativo vano. Non potete. — Le armi volarono nelle sue mani, e Bander le osservo attentamente. — Questo — disse, indicando il disintegratore — sembra un proiettore di raggi a microonde che produce calore, causando l’esplosione di qualsiasi corpo contenente liquidi e fluidi. L’altra arma e piu raffinata, e lo confesso… a prima vista mi sfugge quale possa essere il suo impiego. Comunque, dacche non avete intenzioni ostili e non fate nulla di male, queste armi non vi occorrono. Volendo, posso scaricare la loro riserva energetica… anzi, lo faccio immediatamente. Ecco, ora sono innocue, a meno che non le si voglia usare come mazze, nel qual caso sarebbero davvero di scarsa maneggevolezza.
Il Solariano lascio andare le armi, che galleggiarono nell’aria verso Trevize e tornarono a infilarsi nelle rispettive fondine.
Trevize, non sentendosi piu bloccato, estrasse il disintegratore, rendendosi conto subito nell’inutilita del suo gesto. Il contatto era staccato, ed era evidente che l’accumulatore fosse stato svuotato completamente. La frusta neuronica aveva subito un trattamento identico.
Sollevo lo sguardo verso Bander, che disse sorridendo: — Sei del tutto inerme, Esterno: volendo, con la massima facilita potrei distruggere la tua nave… ed anche te, naturalmente.
11. Sottoterra
7
Trevize raggelo. Cercando di respirare normalmente, si volto verso Bliss.
La ragazza stava cingendo con fare protettivo il fianco di Pelorat, e sembrava calmissima. Abbozzo un sorriso, ed annui in maniera quasi impercettibile.
Trevize torno a rivolgersi a Bander. L’atteggiamento complessivo di Bliss gli era parso sicuro, cosi sperando nella correttezza della propria interpretazione disse con una certa asprezza: — Come hai fatto, Bander?
Bander, evidentemente di buon umore, sorrise. — Ditemi, piccoli Esterni, credete nella stregoneria? Nella magia?
— No, non ci crediamo, piccolo Solariano — sbotto Trevize. Bliss gli tiro la manica, mormorando: — Non irritarlo: e pericoloso.
— Lo vedo benissimo — disse Trevize, faticando a tenere bassa la voce. — Fai qualcosa, allora.
Sempre in un mormorio, la ragazza replico: — Non ancora. Sara meno pericoloso sentendosi sicuro di se.
Bander ignoro quello scambio sussurrato. Si stacco da loro disinvolto, mentre i robot si scostavano per lasciarlo passare.
Poi giro il capo e piego languidamente l’indice. — Venite. Seguitemi. Tutti e tre. Vi raccontero una storia che puo darsi che non vi interessi, ma che interessa me. — E continuo a camminare tranquillo.
Trevize resto dov’era per un po’, indeciso sul da farsi. Bliss invece si mosse trascinando con se Pelorat. Infine anche Trevize si incammino per non rimanere solo in compagnia dei robot.
Bliss commento scherzando: — Se Bander vuole essere cosi gentile da raccontarci una storia che forse non ci interessera…
Bander si volto e fisso Bliss come se la vedesse per la prima volta solo allora. — Tu sei la semi-umana femmina, vero? La meta inferiore?
— La meta minore, Bander. Si.
— Questi altri due sono i semi-umani maschi, dunque?
— Appunto.
— Hai gia avuto il tuo bambino, femmina?
— Mi chiamo Bliss, Bander. Non ho ancora avuto un bambino. Questo e Trevize, e questo e Pelorat.
— E di questi due maschi, quale ti assistera quando verra il momento? O ti assisteranno ambedue? O nessuno dei due?
— Sara Pel ad assistermi, Bander.
Bander rivolse la propria attenzione a Pelorat. — Hai i capelli bianchi, vedo.
— Si — annui Pelorat.
— Hanno da sempre quel colore?
— No, Bander, hanno cambiato colore con l’eta.
— E qual e la tua eta?
— Ho cinquantadue anni — rispose Pelorat. E si affretto ad aggiungere: — Anni Galattici Standard.
Bander continuo a camminare (verso la sua dimora lontana, immagino Trevize) ma piu lentamente. Disse: — Ignoro a quanto corrisponda un Anno Galattico Standard, pero ritengo che non possa differenziarsi tanto da un nostro anno. E che eta avrai alla tua morte, Pel?
— Chi puo dirlo? Puo darsi che viva altri trent’anni.
— Ottantadue anni, dunque. Vita brevissima… divisi in meta… Incredibile, eppure i miei remoti antenati erano come voi e vivevano sulla Terra… Alcuni di loro pero lasciarono la Terra per fondare nuovi mondi in nuovi sistemi stellari… mondi mirabili, bene organizzati, e numerosi.
Trevize disse ad alta voce: — Non tanto numerosi: cinquanta.
Bander gli lancio un’occhiata altezzosa, e il suo buon umore sembro affievolirsi. — Trevize… E questo il tuo nome, vero?
— Golan Trevize, e il mio nome completo… Ho detto che i Mondi Spaziali erano cinquanta: i nostri mondi si contano a milioni.
— Dunque, sapete la storia che intendo raccontarvi? — fece Bander.
— Se volevi dirci che un tempo esistevano cinquanta Mondi Spaziali, si, questo lo sappiamo.
— Noi attribuiamo importanza non solo al numero, piccolo semi-umano — disse Bander. — Noi consideriamo anche la qualita. Erano cinquanta mondi, pero qualitativamente uno solo di essi era superiore a tutti i vostri milioni di mondi. E Solaria era il cinquantesimo, pertanto il migliore. Se i Mondi Spaziali superavano di gran lunga la Terra, ebbene, Solaria superava di gran lunga gli altri Mondi Spaziali.
«Solo noi Solariani apprendemmo il modo in cui vivere autenticamente. Non ci ammassammo ne ci raggruppammo, come invece avveniva sulla Terra, sugli altri mondi, persino sui Mondi Spaziali. Ognuno di noi viveva da solo; c’erano i robot ad aiutarci, e ci osservavamo elettronicamente ogni volta che desideravamo farlo, ma entrando in contatto visivo diretto solo di rado. Sono trascorsi molti anni da che ho guardato degli esseri umani come ora sto guardando voi… del resto, voi siete soltanto semi-umani, e la vostra presenza pertanto non limita la mia liberta, come non la limiterebbe la presenza di una mucca o di un robot.
«Eppure, noi stessi un tempo eravamo semi-umani. Per quanto perfezionassimo la nostra liberta, per quanto diventassimo padroni solitari di innumerevoli robot, la liberta non era mai assoluta. Al fine di produrre giovani si rendeva necessaria la cooperazione di due individui. Naturalmente, era possibile fornire spermatozoi ed ovuli, far si che il processo di fecondazione e la successiva crescita embrionale avvenissero artificialmente grazie all’automazione. Era possibile affidare i neonati alle cure dei robot. Pero i semi-umani non volevano rinunciare al