Una volta nello spazio (o Per lo meno, in una regione ai limiti dell’esosfera planetaria), Trevize punto verso il lato notturno del pianeta. Era vicinissimo, dato che si erano staccati dalla superficie al tramonto. Grazie all’oscurita, la “Far Star” si sarebbe raffreddata piu in fretta, ed avrebbe potuto continuare ad allontanarsi seguendo una lenta rotta a spirale.

Pelorat usci dalla camera che divideva con Bliss. Disse: — Il bambino dorme regolarmente adesso. Gli abbiamo mostrato il funzionamento della toilette, ed ha capito senza problemi.

— Non mi sorprende: nella residenza dovevano esserci servizi del genere.

— Io non ne ho visti, anche se mi sono guardato attorno per bene — replico Pelorat convinto. — Sai, per i miei gusti, eravamo rimasti fin troppo sul pianeta.

— Su questo siamo tutti d’accordo, credo. Ma perche abbiamo portato a bordo quel bambino?

Pelorat scrollo le spalle con aria contrita. — Bliss non ha voluto abbandonarlo. Era come se stesse salvando una vita per compensare quella che aveva spezzato. Non sopporta…

— Lo so — disse Trevize.

Pelorat commento: — Certo che e un bambino fatto in modo strano.

— Per forza… E un’ermafrodita.

— Sai, ha i testicoli.

— Non potrebbe essere diversamente.

— E qualcosa che… be’, posso solo descriverla come una piccolissima vagina.

Trevize fece una smorfia. — Disgustoso.

— Non direi, Golan — protesto Pelorat. — E adatta alle sue esigenze. Produce solo un ovulo fecondato, o un minuscolo embrione, che poi matura in condizioni di laboratorio, sotto la supervisione dei robot, mi pare.

— E cosa accadrebbe se il loro sistema robotico si sfasciasse? Non sarebbero piu in grado di produrre discendenti capaci di sopravvivere.

— Qualsiasi mondo si troverebbe in guai seri se la sua struttura sociale crollasse.

— Certo… Non che scoppierei in un pianto a dirotto per la scomparsa dei Solariani.

— Be’ — convenne Pelorat — ammetto che non sembra un mondo molto attraente… per noi, chiaro. Ma, amico mio, sono solo gli abitanti e la struttura sociale gli aspetti che noi non condividiamo: togliendo gli abitanti ed i robot, invece avremmo un mondo che…

— Potrebbe crollare, come sta facendo Aurora — disse Trevize. — Come sta Bliss, Janov?

— E stremata: adesso dorme. Per lei e stata un’esperienza terribile, Golan.

— Non e che io mi sia poi divertito tanto.

Trevize chiuse gli occhi e decise che aveva bisogno di dormire, che si sarebbe concesso un po’ di riposo non appena fosse stato ragionevolmente sicuro dell’inettitudine spaziale dei Solariani… E finora il computer non aveva individuato nello spazio circostante alcun oggetto artificiale.

Penso con amarezza ai due pianeti visitati… sul primo, cani selvatici ostili… sul secondo, ermafroditi solitari ostili. E nemmeno il minimo accenno riguardo la posizione della Terra. Unico frutto di quella doppia visita: Fallom.

Trevize apri gli occhi. Pelorat era ancora seduto dalla parte opposta del computer, e lo osservava con espressione solenne.

D’un tratto, con estrema convinzione, Trevize disse: — Non avremmo dovuto portare con noi il bambino solariano.

— Poverino… Lo avrebbero ucciso.

— Puo anche darsi… Ma il suo posto era quello. Apparteneva a quella societa. Era destinato fin dalla nascita ad essere eliminato, non avendo una utilita immediata.

— Oh, amico mio, che punto di vista crudele.

— E un punto di vista razionale. Non sappiamo come provvedere a lui, puo darsi che soffra con noi e che alla fine muoia ugualmente. Cosa mangia?

— Quello che mangiamo noi, immagino, vecchio mio. Se mai il problema e: noi cosa mangiamo? Abbiamo scorte sufficienti?

— Piu che sufficienti, anche calcolando il nuovo passeggero.

Pelorat non sembro particolarmente entusiasta, comunque. — La nostra dieta e diventata piuttosto monotona. Su Comporellen avremmo dovuto fare rifornimento… non che la loro cucina fosse eccezionale.

— Non abbiamo potuto. Se ricordi, siamo partiti con una certa fretta… come siamo partiti da Aurora, e soprattutto da Solaria… Ma cos’e mai un po’ di monotonia? Rovina il piacere, d’accordo, pero ci mantiene in vita.

— Se fosse necessario, potremmo procurarci provviste fresche?

— Certo, Janov. Con una nave gravitazionale e motori iperspaziali, la Galassia e un posto piccolo. In pochi giorni possiamo raggiungere qualsiasi punto. Il fatto e che la meta dei mondi della Galassia sono stati avvertiti, devono denunciare l’avvistamento di una nave come la nostra, quindi preferisco stare alla larga per un po’.

— Gia, hai ragione… Bander pero non sembrava interessato alla nave.

— Probabilmente non gli interessava affatto. I Solariani devono aver rinunciato da un pezzo al volo spaziale. Il loro desiderio primario e quello di essere lasciati in completa solitudine, e se vogliono essere sicuri del loro isolamento perche dovrebbero viaggiare nello spazio a pubblicizzare la loro presenza?

— Quale sara la nostra prossima mossa, Golan?

Trevize rispose: — Abbiamo un terzo pianeta da visitare.

Pelorat scosse la testa. — A giudicare dai primi due, non che mi aspetti granche.

— Nemmeno io per ora, ma non appena avro dormito un po’ mettero al lavoro il computer per calcolare la nuova rotta verso il terzo pianeta.

2

Trevize dormi piu a lungo del previsto; non che fosse un particolare importante. A bordo della nave, non c’erano il giorno e la notte, non in senso naturale almeno, ed il ritmo circadiano non funzionava mai alla perfezione. Gli orari erano arbitrari, ed era abbastanza normale che Trevize e Pelorat (e soprattutto Bliss) si trovassero un po’ fuori fase per quanto riguardava i cicli naturali dell’alimentazione e del sonno.

Mentre si strofinava (dato che bisognava evitare ogni spreco dell’acqua era consigliabile togliersi la schiuma detergente strofinando piuttosto che sciacquandola via), Trevize stava chiedendosi se fosse il caso di dormire ancora un paio d’ore, poi si giro e si ritrovo a fissare Fallom, nudo come lui.

Non pote fare a meno di balzare indietro, e dato lo spazio ristretto del Personale inevitabilmente ando a sbattere contro una superficie solida, e grugni.

Fallom lo osservava incuriosito, indicando il pene di Trevize. Farfuglio qualcosa di incomprensibile, ma l’atteggiamento complessivo del bambino sembrava esprimere un senso di incredulita. Per sentirsi tranquillo, Trevize dovette coprirsi il pene con le mani.

Poi, con la sua vocetta acuta, Fallom disse: — Saluti.

Trevize rimase un poco sorpreso sentendo che il bambino parlava in galattico, ma dal tono si capiva che la parola era stata imparata a memoria.

Fallom continuo, con lentezza dolorosa: — Bliss… dice… tu… lavare… me.

— Si? — Trevize mise le mani sulla spalla di Fallom. — Tu… resta… qui.

Indico il pavimento, e Fallom naturalmente guardo il punto indicato dal dito, mostrando di non capire affatto l’espressione.

— Non muoverti — disse Trevize, premendo le braccia del bambino contro il corpo, quasi a simbolizzare l’immobilita. Si asciugo in fretta e furia, infilo le mutande, quindi i calzoni.

Uscendo, grido: — Bliss!

A bordo della nave era difficile che i passeggeri fossero separati da una distanza superiore ai quattro metri, e Bliss si affaccio quasi subito alla porta della sua stanza. Sorridendo, disse: — Mi hai chiamato, Trevize… o era il suono della brezza che sospira tra l’erba ondeggiante?

— Non e il momento di fare dello spirito, Bliss. Cosa significa? — Trevize indico alle proprie spalle col

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