— Cadrai! Ti farai male! — esclamo apprensivo Pelorat.
— Non cadro, e non mi faro male… Tu piuttosto, intendi farmi diventare sordo? — Trevize prese di nuovo l’apparecchio e mise a fuoco. Dopo parecchi scatti, torno a riporlo, e si calo con cautela finche i suoi piedi non toccarono il piedistallo. Salto a terra, e le vibrazioni dell’impatto diedero evidentemente il colpo decisivo… perche il braccio ancora intatto si sbriciolo, formando un mucchietto di frammenti sul pavimento, senza che si sentisse alcun rumore.
Trevize raggelo, per un attimo provo l’impulso di correre a nascondersi, quasi temesse l’arrivo del custode dopo avere rotto qualcosa di importante. Duro pochissimo, ma fu una sensazione dolorosa.
La voce di Pelorat era mesta… era la voce di uno che fosse appena stato testimone, se non complice, di un atto vandalico. Comunque, Pelorat cerco di consolare l’amico. — Non… non importa, Golan… Tanto, sarebbe caduto da solo, comunque.
Si avvicino ai frammenti sul piedistallo e sul pavimento, come se cercasse una prova ulteriore della fragilita della statua, prese uno dei frammenti piu grossi, poi disse: — Golan, vieni qui.
Trevize si porto accanto a lui e Pelorat, indicando un pezzo di pietra che chiaramente apparteneva al punto in cui il braccio si univa alla spalla, chiese: — Cos’e questo?
Trevize guardo. C’era una chiazza di lanugine, verde vivo. Trevize la sfrego con un dito, staccandola facilmente.
— Sembrerebbe muschio — disse.
— La forma di vita inerte, priva di mente, di cui parlavi?
— Non so fino a che punto “priva di mente”. Scommetto che Bliss sosterrebbe che anche questo muschio sia cosciente.
— Credi che sia questa specie di muschio a sgretolare la roccia? — domando Pelorat.
— Si, puo darsi che influisca. Su questo mondo c’e parecchia luce ed una certa quantita d’acqua. Una meta della sua atmosfera e costituita di vapore acqueo, il resto e azoto, e gas inerti. La percentuale di anidride carbonica e infinitesimale, il che farebbe supporre l’assenza di vegetazione… pero l’anidride carbonica potrebbe essere cosi scarsa in quanto fusa per lo piu nella crosta rocciosa. Ora, se lo strato roccioso contiene del carbonato, puo darsi che questo muschio lo scinda con qualche secrezione acida, e sfrutti poi l’anidride carbonica generata. Il muschio potrebbe essere la forma di vita principale rimasta sul pianeta.
— Affascinante.
— Certo — convenne Trevize. — Ma fino ad un dato punto. Le coordinate dei Mondi Spaziali sono ben piu interessanti, ma quello che ci occorra veramente sono le coordinate della Terra. Se non sono qui, potrebbero essere in un altro punto dell’edificio… od in un altro edificio. Andiamo, Janov.
— Ma, senti…
— No, no — fece Trevize impaziente. — Parleremo dopo. Adesso dobbiamo vedere se questo palazzo possa rivelarci qualche altra informazione preziosa. La temperatura sale. — Controllo il minuscolo indice termico sul dorso del guanto sinistro. — Andiamo.
Attraversarono le stanze il piu delicatamente possibile, per paura di produrre vibrazioni troppo forti e di causare ulteriori danni. I loro passi sollevavano un po’ di polvere, che ristagnava alcuni istanti e tornava a depositarsi nell’aria rarefatta, accanto alle loro impronte.
Di tanto in tanto, in qualche angolo buio, si notavano altri esempi di formazione di muschio. La presenza di quella forma di vita, per quanto di grado inferiore, non era comunque consolante, e non alleviava la sensazione soffocante che provavano nell’esplorare quel mondo morto, un mondo che un tempo era stato vivo e fiorente a giudicare dai resti attorno a loro.
D’un tratto Pelorat annuncio: — Questa deve essere una biblioteca.
Trevize si guardo attorno incuriosito. C’erano degli scaffali e, ora che osservava piu attentamente, gli sembrava di vedere qualcosa di simile a dei videolibri, mentre a una prima occhiata frettolosa aveva pensato che si trattasse di semplici oggetti ornamentali. Ne prese uno con circospezione: erano spessi ed ingombranti, poi pero capi che erano solo gli astucci. Armeggiando con le dita, apri finalmente il contenitore e all’interno vide parecchi dischi. Anche i dischi erano spessi, e sembravano fragili… ma non era il caso di collaudarne la robustezza.
Disse: — Incredibilmente primitivi.
— Hanno ventimila anni — intervenne Pelorat, quasi volesse difendere i Melpomeniani dall’accusa di arretratezza tecnologica.
Trevize indico il dorso del videolibro, dove c’erano strani svolazzi ancora leggibili ma incomprensibili. — E il titolo? Cosa c’e scritto?
Pelorat lo studio. — Non sono molto sicuro, vecchio mio… Credo che una delle parole si riferisca alla vita microscopica. Una parola che sta per “microrganismo”, forse… Ed ho l’impressione che questi siano termini tecnici di microbiologia, che non capirei nemmeno in Galattico Standard.
— Probabile — borbotto Trevize, cupo. — Ed e altrettanto probabile che non ci sarebbero di alcuna utilita anche se riuscissimo a leggerli. A noi i germi non interessano… Fammi un favore, Janov… Dai un’occhiata ad alcuni di questi libri, e vedi se ci sia qualcosa con un titolo interessante. Intanto, io daro un’occhiata a questi visori.
— Ah, sono visori? — fece Pelorat. Si trattava di strutture cubiche tozze, sormontate da uno schermo inclinato e da un prolungamento curvo sulla sommita… forse una specie di bracciolo, o forse un punto dove appoggiare un elettrotaccuino… ammesso che esistessero su Melpomenia.
Trevize disse: — Se questa e una biblioteca, devono pur esserci degli strumenti di lettura… e questi sembrerebbero proprio dei visori.
Spolvero piano uno schermo, che per fortuna non si sbriciolo, poi aziono i controlli, sempre con delicatezza, uno dopo l’altro: non accadde nulla. Provo un altro visore, ne provo un terzo, con gli stessi risultati negativi.
Prevedibile. Anche se quegli strumenti erano rimasti perfettamente efficienti dopo venti millenni in un’atmosfera rarefatta, e resistevano al vapore acqueo, c’era ugualmente il problema dell’alimentazione. L’energia immagazzinata, per quanto protetta da schermature, tendeva a disperdersi. Era un altro aspetto omnicomprensivo e inevitabile della seconda legge della termodinamica.
Pelorat si porto alle spalle di Trevize. — Golan?
— Si?
— Ho qui un videolibro…
— Di che genere?
— Credo che sia una storia del volo spaziale.
— Perfetto… ma non ci servira a nulla se non riesco a mettere in funzione questo visore.
— Potremmo portare il videolibro sulla nave.
— Non saprei come adattarlo al nostro visore… ed il nostro sistema di scansione e sicuramente incompatibile.
— Ma tutto questo… E proprio necessario, Golan? Se noi…
— Si, e necessario, Janov. Adesso non interrompermi, sto cercando di decidere cosa fare. Potrei provare a dare energia al visore: forse non occorre altro.
— E dove la trovi l’energia?
— Be’… Trevize estrasse le armi, le osservo un attimo, quindi ripose il disintegratore. Apri la frusta neuronica, e controllo il livello di carica: era al massimo.
Trevize si stese sul pavimento e strinse il visore, cercando di spingerlo in avanti. Il visore si sposto leggermente, e Trevize studio quello che aveva appena scoperto.
Uno di quei cavi doveva essere quello d’alimentazione, e sicuramente era quello che usciva dalla parete. Non si vedeva pero nessuna spina, ne una derivazione. Era difficile fare i conti con una cultura aliena ed antica dal momento che anche le cose piu semplici e scontate apparivano irriconoscibili.
Tiro piano il cavo, poi piu forte. Lo giro da una parte, poi dall’altra. Premette la parete nei pressi del cavo, ed il cavo vicino alla parete. Provo a tastare il pannello posteriore seminascosto del visore, ma non cambio nulla.
Allora appoggio una mano sul pavimento per drizzarsi e, mentre si alzava, il cavo che stringeva si stacco misteriosamente.
Non sembrava rotto ne lacerato. L’estremita era liscia, come il punto della parete dov’era fissato un attimo