usato al minimo. Si guardo attorno. Non c’era niente di abbastanza fragile su cui collaudarlo.

Allora, non sapendo che fare, lo punto sul fianco dell’altura che riparava dal sole la “Far Star”… Il bersaglio non divento incandescente. Trevize provo a toccare il punto colpito. Era caldo? Impossibile dirlo con sicurezza dato il tessuto isolante della tuta.

Trevize esito ancora, poi decise che lo scafo della nave dovesse avere all’incirca la stessa resistenza del fianco della collina. Punto il disintegratore sul bordo del portello e fece scattare brevemente il contatto, trattenendo il respiro.

Parecchi centimetri di muschio diventarono subito scuri. Trevize agito la mano vicino al tratto annerito ed il lieve spostamento di quell’aria rarefatta fu sufficiente a disperdere i resti del vegetale.

— Funziona? — chiese ansioso Pelorat.

— Certo. Ho trasformato il disintegratore in un debole raggio termico.

Trevize fini di disinfestare i margini del portello, poi lo colpi per creare una vibrazione che provocasse il distacco del muschio ormai morto, ed un pulviscolo marrone scese lentamente a depositarsi al suolo.

— Credo che possiamo aprire, adesso — disse Trevize, e servendosi dei comandi che aveva al polso emise l’onda-radio che azionava il congegno di apertura. Il portello non si era ancora aperto del tutto, quando Trevize incito l’amico dicendo: — Non restare li impalato, Janov, entra… Non aspettare gli scalini… arrampicati.

Quindi segui Pelorat, irroro col disintegratore gli scalini che stavano abbassandosi, e batte il segnale di chiusura del portello continuando a tenere in funzione il raggio termico finche non si trovarono in un ambiente chiuso.

— Siamo nella camera stagna, Bliss: ci resteremo per qualche minuto. Mi raccomando, tu non fare nulla.

La voce di Bliss ribatte: — Ditemi almeno qualcosa? Stai bene, tu? E Pel?

Pel rispose: — Sono qui, Bliss. Sto bene. Non c’e motivo di preoccuparsi.

— Se lo dici tu, Pel. Ma dopo pretendo delle spiegazioni.

— Promesso — disse Trevize, ed accese la luce della camera stagna.

Le due figure in tuta spaziale erano di fronte.

Trevize spiego: — Stiamo pompando all’esterno tutta l’aria del pianeta, quindi aspetteremo che l’operazione sia terminata.

— E l’aria di bordo? La lasceremo entrare?

— Per un po’, no. Anch’io sono ansioso di togliermi la tuta, Janov. Prima pero voglio che ci sbarazziamo delle spore che sono entrate con noi… od addosso a noi.

Nell’illuminazione un po’ scarsa della camera stagna, Trevize punto il disintegratore sui bordi interni del portello e passo metodicamente il raggio termico tutt’intorno, ripetendo l’operazione un paio di volte.

— Adesso tocca a te, Janov.

Pelorat si agito, allarmato, e Trevize lo tranquillizzo. — Forse sentirai caldo, nient’altro… Se il calore sara eccessivo, dillo.

Passo il raggio invisibile sulla visiera, in particolare lungo i margini, poi lentamente sul resto della tuta.

— Ora alza le braccia, Janov… Ecco, appoggiale sulle mie spalle, e alza un piede… Devo disinfestare le suole… L’altro piede, adesso… Hai caldo? Troppo caldo?

Pelorat rispose: — Non sento esattamente un fresco alito di brezza, Golan.

— Bene, allora, fammi assaggiare la mia medicina, adesso.

— Ma, Golan, non ho mai impugnato un disintegratore io.

— Devi farlo! Stringilo cosi, e col pollice spingi questo piccolo pulsante… stringi bene… Ecco, cosi… Adesso punta il raggio sulla mia visiera. Muovilo in modo uniforme, Janov… non tenerlo troppo a lungo su un unico punto… Ecco, adesso il resto del casco… poi il collo…

Trevize continuo a guidare i movimenti dell’amico, e quando si ritrovo sudato da capo a piedi per quella doccia termica riprese in mano il disintegratore e controllo il livello di carica.

— Ne rimane meno di meta — disse, e irroro l’interno della camera stagna in ogni angolo, finche l’arma non ebbe esaurito l’energia.

Allora la ripose nel fodero ed aziono l’apertura del portello interno. Accolse con sollievo il sibilo dell’aria che entrava. Era fresca ed il suo potere convettivo avrebbe raffreddato in fretta le tute spaziali. Forse era uno scherzo dell’immaginazione, ma Trevize avverti immediatamente l’effetto refrigerante: fantasia o meno, l’accolse con piacere.

— Giu la tuta, Janov, e lasciala qui nella camera stagna.

— Se non ti dispiace — disse Pelorat — innanzitutto gradirei una doccia.

— Non credo sia possibile. Prima della doccia, e prima di poter svuotare la vescica, ho la sensazione che dovrai parlare a Bliss.

Bliss infatti li stava aspettando, l’espressione preoccupata, ed alle sue spalle, aggrappata a lei, faceva capolino Fallom.

— Cos’e successo? — domando Bliss seria.

— Misure preventive di disinfestazione — rispose conciso Trevize. — Adesso accendero gli ultravioletti. Presto, le lenti scure.

Con gli ultravioletti in funzione, Trevize si tolse gli indumenti ad uno ad uno e li rigiro, scuotendoli.

— Semplice precauzione — disse. — Fallo anche tu, Janov… E, Bliss, dovro spogliarmi completamente. Se questo puo metterti in imbarazzo, vai nell’altra stanza.

— Perche dovrei essere imbarazzata? — replico Bliss. — So come sei fatto, e sicuramente non scopriro nulla di nuovo… Ma perche questa disinfezione? Cosa c’e?

— Oh, nulla… solo una cosuccia che se potesse diffondersi liberamente potrebbe causare gravi danni all’umanita, credo.

13

Era tutto sistemato. La luce ultravioletta aveva fatto la propria parte. Ufficialmente, stando ai complessi videomanuali di istruzioni che corredavano la “Far Star”, gli ultravioletti erano stati installati appunto a scopo di disinfezione. Trevize, comunque, aveva il sospetto che la tentazione fosse sempre presente, e che a volte si potessero usare anche per procurarsi una bella abbronzatura, che su certi mondi era di moda.

La nave decollo, e Trevize la fece avvicinare il piu possibile al sole di Melpomenia, girandola piu volte in modo da esporne tutta la superficie esterna a una dose massiccia di raggi ultravioletti.

Infine, recupero le due tute rimaste nella camera stagna e le esamino finche non si ritenne soddisfatto.

— Tutto questo per un po’ di muschio — osservo Bliss. — Hai detto che era muschio, vero, Trevize?

— L’ho chiamato muschio perche mi ricordava del muschio. Comunque, non sono un botanico. Posso dire soltanto che sia di un colore verde intenso e che probabilmente si accontenti di pochissima energia luminosa.

— Perche pochissima?

— Il muschio e sensibile agli ultravioletti, e non puo crescere, e tanto meno sopravvivere, esposto alla luce diretta. Le sue spore sono ovunque, e cresce in angoli nascosti, nelle crepe, alla base dei muri, nutrendosi dell’energia luminosa dei fotoni sparsi, ovunque sia disponibile una fonte di anidride carbonica.

— E mi pare di capire che lo consideri pericoloso — disse Bliss.

— Gia. Se avessimo portato a bordo delle spore, le spore qui avrebbero trovato un’illuminazione abbondantissima e priva di dannosi raggi ultravioletti… avrebbero trovato acqua in quantita, ed una fonte inesauribile di anidride carbonica.

— Solo lo 0,03 per cento della nostra atmosfera — disse Bliss.

— Parecchia per le spore… piu il quattro per cento del nostro fiato. Potrebbero crescere nelle nostre narici e sulla nostra pelle, alterare e guastare i nostri viveri, produrre delle tossine letali… Ed anche riuscendo a distruggerle quasi tutte, le poche spore superstiti, una volta trasportate da noi su un altro pianeta potrebbero infestarlo e diffondersi su altri mondi: chissa quali disastri potrebbero provocare?

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