Thorne giunse in fondo a Charing Cross Road. Erano le undici del mattino e faceva un caldo pazzesco. Mentre imboccava Old Compton Street, si tolse la giacca e se la ripiego sul braccio.

Soho era una zona difficile da definire. Bohemien o squallida? Caratteristica o semplicemente sporca? Probabilmente adesso era tutte quelle cose insieme. A quarant’anni e passa di distanza, i delinquenti che l’avevano tenuta in pugno negli anni Cinquanta e Sessanta erano diventati trendy. Grazie alla nuova ondata di film sui gangster inglesi, Billy Hill, Jack Spot e i loro uomini, con i loro vestiti impeccabili e i capelli imbrillantinati, si erano trasformati in icone. Ma erano stati loro, e i loro emuli degli anni Settanta, a spingere la gente del quartiere ad andarsene, a fermare il cuore di Soho.

Poi, soprattutto grazie al popolo gay, quel cuore aveva ripreso a battere. Adesso Soho era una delle poche zone della citta in cui si respirava un’autentica atmosfera di comunita, che neppure l’attentato al pub Admiral Duncan di qualche anno prima era riuscito a guastare. Thorne non poteva dire di essersi sentito completamente a suo agio le poche volte che Phil Hendricks lo aveva portato a bere da quelle parti. Ma non poteva neppure negare che l’atmosfera fosse piacevole.

Supero Greek Street, Frith Street, il teatro Prince Edward e il Ronnie Scott’s. Fuori dalle caffetterie, giovani uomini sedevano ai tavolini, approfittando del caldo per mettere in mostra corpi muscolosi. Soho era ancora un ottimo posto dove mangiare e bere, ma adesso per ogni Bar Italia c’era uno Starbucks o un Costa Coffee. Per ogni rosticceria a gestione familiare, c’erano due Pret-a-manger…

Improvvisamente Thorne si rese conto di avere fame. Non aveva il tempo di fermarsi a mangiare, ma sapeva che se avesse pranzato troppo tardi avrebbe potuto rovinarsi la cena ed era un rischio che non intendeva correre.

«Cenare insieme?» aveva detto Eve al telefono. «Perche no? Ormai abbiamo gia pranzato e fatto colazione insieme…»

All’angolo di Dean Street c’era un negozio che vendeva feticci. Thorne si fermo a osservare la vetrina. Un manichino vestito di gomma, con un collare borchiato e una maschera antigas sul viso.

Quella vista gli ricordo le foto di Jane Foley e il motivo per cui si trovava li.

Guardo l’orologio. Era in ritardo.

«Ha guardato bene quella foto?» gli aveva chiesto Bethell al telefono.

«In che senso?»

L’altro era evidentemente compiaciuto di se. «Voglio dire, l’ha studiata…?»

«Senti, sono stanco e ho avuto una brutta giornata, percio non farla tanto lunga.»

Ma Bethell aveva continuato. «L’ha fatta analizzare in un laboratorio? L’ha osservata con un ingranditore? L’ha scomposta in pixel…?»

«Questo e il dipartimento di polizia, Kodak. Non ho neppure un fottuto ventilatore nel mio ufficio…»

«Io invece ho buone apparecchiature. Bene, le ho usate per esaminare la foto e… tombola!»

«Cosa?»

«E stata scattata contro uno sfondo bianco, giusto? Il solito telo avvolgibile. Ora, c’e un piccolo segno sull’angolo in basso a destra che sembra una macchia, si ricorda?»

«No…»

Thorne svolto a destra, e poi subito a sinistra in Brewer Street. Li, piu che in qualunque altra strada di Soho, era possibile vedere fianco a fianco il sordido e il sofisticato. Il sushi bar e il peepshow. La sala di massaggi shiatsu e un locale dove si praticavano massaggi di tutt’altro tipo…

Una bionda dall’aria annoiata lo invito a entrare in un locale che prometteva “azione dal vivo”.

«Entra, amore, dai» gli disse. Thorne sorrise e scosse la testa. Lei fece una faccia come se non gliene importasse nulla. Che l’industria del sesso mirasse da sempre al profitto era risaputo, ma Thorne aveva conosciuto professioniste del settore capaci di mascherarlo ad arte. Aveva letto, poi, di una puttana leggendaria chiamata Miss Corbett, che lavorava in quelle strade nel XVIII secolo e faceva pagare agli uomini una ghinea extra per ogni centimetro che mancava al loro “albero della cuccagna” per raggiungere i ventidue da lei ritenuti soddisfacenti.

Adesso, comunque, non era piu la buoncostume a percorrere quelle strade ogni notte, ma l’antidroga. I cani facevano un buon lavoro, ma secondo Thorne era una perdita di tempo.

Spreco di sforzi e di risorse, solo per inchiodare qualche drogato e magari un piccolo spacciatore, se si aveva un colpo di fortuna…

«Lei ripete spesso di aver bisogno di un colpo di fortuna, no?» gli aveva detto Bethell.

Thorne era sdraiato sul divano, con il ricevitore premuto contro l’orecchio e una mano intenta a grattare la pancia di Elvis. «Vuoi venire al punto, si o no, Kodak?»

«Il punto e che stavolta ha avuto il suo colpo di fortuna, signor Thorne. Ho passato la foto allo scanner, l’ho trasferita sul mio computer e l’ho ingrandita parecchio. Si puo fare qualunque cosa, se l’originale e di buona qualita.» La voce di Bethell si era fatta ancora piu acuta per l’eccitazione. «Insomma, l’ho scomposta in pixel, ho zoomato su quella macchia e ho capito cos’era. L’ho riconosciuta.»

«Riconosciuta?»

«E una bruciatura sul telo dello sfondo. E l’ho riconosciuta perche ero li quando si e prodotta. Stavo fotografando un gioco a tre, nove mesi fa, e una troia con in corpo qualche pasticca di troppo ha fatto cadere una lampada. Sarebbe potuto succedere un vero casino, ma per fortuna l’unico danno e stato quella bruciatura. E il taccagno che gestisce lo studio non si e mai preoccupato di cambiare il telo.»

Thorne si era messo a sedere sul divano e aveva ascoltato con attenzione. «Nome e indirizzo del taccagno sarebbero un’ottima informazione.»

«Charles Dodd. Charlie, in realta, anche se a lui non piace. Vuole fare il fine, ma viene da Canvey Island.»

«Kodak…»

«Lo studio e sopra una pescheria, in Brewer Street.»

Thorne conosceva il posto. «Bene, ora ascolta…»

«Dovra aspettare qualche giorno, signor Thorne. Dodd e in Europa. Ho controllato.»

Thorne si era messo a pensare ad alta velocita. Era una buona idea aspettare? Non sarebbe stato meglio ottenere un mandato e perquisire lo studio mentre Dodd era assente?

«Mi sembra di aver fatto un buon lavoro, signor Thorne» aveva detto Bethell. «Cosa ne pensa?»

«Voglio che mi chiami immediatamente, appena torna.»

Ora, tre giorni dopo quella conversazione, Thorne osservava Dennis Bethell che, sull’altro lato della via, sfogliava libri d’arte in una libreria nel cui seminterrato probabilmente era in vendita anche parecchio materiale “artistico” di sua produzione.

Mentre si accingeva ad attraversare la strada, Thorne fu urtato da un uomo che veniva da sinistra a passo svelto e, con una reazione tipicamente britannica, fu lui a chiedergli scusa.

L’altro grugni, sollevo una mano e prosegui per la sua strada.

Bethell gli fece un segno da dentro la libreria. Thorne rispose con un cenno del capo e si avvio. Bethell mise giu un libro di nudi e lo segui.

Welch ridacchio mentre percorreva Wardour Street. Aveva imparato varie cose in prigione. Una era non scusarsi mai. Un’altra era come riconoscere un poliziotto a colpo d’occhio…

Da quando era stato rilasciato, camminava molto. L’ostello era deprimente, mentre fuori il tempo era meraviglioso e le donne che se ne andavano in giro mezze nude erano splendide. Arrapanti.

Lungo tutta la strada c’erano locandine di film esposte nelle vetrine dei negozi. A Welch piaceva andare al cinema. Ci era andato anche la sera prima di essere arrestato. The Blair Witch Project. Ricordava bene come lei gli si era stretta contro durante le scene raccapriccianti, come gli aveva tenuto stretto il ginocchio. Tutti segnali che lui aveva capito al volo. Ma piu tardi quella troia aveva cambiato parere. Aveva cercato di prenderlo per il culo.

Quel modo di fare delle donne non finiva di stupirlo. Portavano un uomo allo spasimo, lo eccitavano fino a fargli quasi esplodere le palle e poi tutt’a un tratto dichiaravano che non ne avevano voglia, che era troppo presto, o altre stronzate del genere.

Lui, pero, non ci aveva creduto. Aveva pensato che lei semplicemente non volesse dargli l’impressione di essere una puttana e che avesse solo bisogno di una piccola spinta…

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