pancia. «Avanti, Dodd, sputa il rospo. Non essere timido» disse l’uomo alla fine.

Dodd infilo la mano nel taschino della camicia, in cerca di un’altra sigaretta. «Non sono timido, amico.»

«Bene, perche non ce n’e bisogno.»

«Non sono mai timido quando si tratta di soldi.»

L’uomo rise. «Siamo arrivati al punto, finalmente. Se non ricordo male, c’e uno sportello bancomat proprio all’angolo della strada dove hai lo studio, giusto?»

Thorne si trovava in un punto imprecisato tra Brent Cross e Golders Green quando comincio a notare che faticava a rimanere sveglio.

Aveva tenuto fede alla promessa che aveva fatto a se stesso e a Holland, quella mattina, ed era venuto via dal Royal Oak in tempo per l’ultimo treno della metropolitana diretto a sud. Era stanco e doveva ancora sistemare parecchie cose in casa, percio non era stato un grande atto di eroismo andarsene dal pub prima dell’ora di chiusura.

Era uscito proprio mentre Phil Hendricks cominciava a perdere il controllo. Il patologo aveva gia detto chiaramente piu volte quello che pensava della legge sui reati sessuali. E nel pub, quando era venuto fuori l’argomento del Registro, non era piu stato possibile fermarlo.

«Non dimentichiamo i gay» aveva detto. «Quei porci dalla mente deviata che amano fare sesso con giovani diciassettenni consenzienti.» L’accento di Manchester rendeva l’ironia ancor piu tagliente.

Thorne sapeva bene che Hendricks aveva tutto il diritto di essere incazzato. Era ridicolo che uomini condannati per quello che era ancora definito come “atto osceno” dovessero essere messi nella stessa categoria dei pedofili e degli stupratori. Anche quando l’eta per i rapporti sessuali consensuali tra i gay fosse stata abbassata a sedici anni, come sarebbe accaduto un giorno, Thorne sapeva che quelli condannati prima dell’approvazione della legge sarebbero comunque rimasti sul Registro.

«Si tratta di un registro per la repressione dei froci» aveva detto Hendricks, mentre Thorne usciva dal pub.

E Thorne non poteva che essere d’accordo con lui.

Mentre si dirigeva verso la stazione della metropolitana, Eve gli aveva telefonato per fargli gli auguri. Parlando con lei, Thorne era passato accanto a un Kentucky Fried Chicken e a diverse rivendite di fish and chips e kebab. Lo stomaco lo avrebbe spinto a entrare, ma il racconto fatto a Eve del furto e del regalo che i ladri gli avevano lasciato sul letto gli aveva tolto la fame.

«Be’, e certamente originale» aveva detto lei.

Thorne aveva riso. «Gia, i regali fatti in casa sono sempre i piu graditi.»

Thorne camminava lentamente, immerso nella conversazione, ma attento come sempre a tutto cio che lo circondava e pronto a cogliere un movimento dall’altro lato della strada, all’angolo o dietro un’auto parcheggiata. Il quartiere non era certo Tottenham o Hackney, ma la prudenza non era mai troppa, in un mondo dove ci si poteva beccare un proiettile per un cellulare da dieci sterline.

«Allora, quando hai intenzione di sostituire il materasso?» aveva chiesto Eve.

«Presto, credo.»

«Lo spero proprio.»

Stavano scherzando, ma Thorne aveva avvertito un cambio di registro nel tono di voce. Una punta di impazienza. Come se Eve avesse gettato l’esca e stesse aspettando che lui abboccasse.

«Be’, possiamo sempre andare da te, nel caso…» aveva detto allora.

C’era stato un silenzio. Poi: «Non so se e una buona idea. Denise puo diventare antipatica in questi casi».

«Non vuole che porti uomini in casa?»

«Non vuole che porti uomini in camera.»

Thorne l’aveva sentita sospirare. Probabilmente doveva aver discusso a lungo di quell’argomento con Denise. «Scusa un attimo, ma lei si porta in camera Ben…»

«So che e assurdo, ma, credimi, non vale la pena parlarne.»

Thorne ormai era arrivato alla stazione della metropolitana. Mentre infilava le monete nel distributore automatico di biglietti, si erano salutati in fretta, prima che il cellulare perdesse il segnale, e si erano dati appuntamento alla settimana successiva.

Il treno era praticamente vuoto. Dalla parte opposta del vagone c’era una coppietta di adolescenti. La ragazza teneva la testa appoggiata sulla spalla del compagno e lui le accarezzava i capelli, mormorando parole che la facevano sorridere.

Thorne trasse un profondo respiro. Aveva un sonno tremendo e la testa gli sembrava piu pesante a ogni sobbalzo del treno. Doveva rimanere sveglio. L’ultima cosa che desiderava era chiudere gli occhi e svegliarsi al capolinea.

Penso alla conversazione con Eve. Quando si erano messi d’accordo per vedersi, perche lui non aveva insistito per anticipare l’appuntamento? Era panico la sensazione che aveva provato quando Eve aveva parlato del letto?

Forse il caso a cui stava lavorando, il furto subito e il padre malato erano gia troppe cose a cui pensare. Forse, a livello inconscio, aveva stabilito delle priorita.

Comunque, adesso era troppo stanco per pensare con chiarezza.

Alla stazione di Hampstead sali un uomo che, a dispetto dei molti posti liberi, decise di rimanere in piedi, aggrappandosi con una mano alla sbarra sopra la sua testa. Thorne lo guardo. Era magro e alto, con lineamenti molto definiti, capelli grigi ribelli e una serie di tic che calanutarono lo sguardo di Thorne.

Si rese conto quasi subito che il tic, probabilmente una sindrome di Tourette, era in realta uno solo diviso in tre parti. Prima l’uomo sollevava teatralmente le sopracciglia e il mento saliva verso alto, poi tutta la testa scattava di lato e infine le mascelle si chiudevano con uno schiocco secco. Thorne lo fissava ipnotizzato, con un vago senso di colpa, e, mentre il tic si ripeteva all’infinito, si trovo ad attribuire un effetto sonoro a ciascuno spasmo. Tre movimenti che sembravano manifestare, in rapida successione, sorpresa, interesse e amara delusione, con un suono che sembrava: «Ooh, Whahay, Clack!»

Dopo qualche minuto, l’uomo parve riprendere il controllo di se e Thorne finalmente distolse lo sguardo. La coppietta intanto era scesa, sostituita da un’altra coppia, piu vecchia e meno propensa alle carezze. La donna incrocio lo sguardo di Thorne e abbasso gli occhi.

Quando Thorne si giro di nuovo verso l’uomo con il tic, lo trovo immobile, intento a fissarlo. Si appoggio all’indietro contro il finestrino, il vetro era fresco contro la nuca.

Thorne chiuse gli occhi.

Mancavano ancora un paio di fermate a Camden, dove avrebbe dovuto cambiare linea. Poteva permettersi il lusso di tornare un attimo con la mente su quella collina…

Non fece in tempo a finire il pensiero, che gia dormiva.

Aveva parecchio da fare, molte immagini da stampare dopo averle scaricate dalla macchina fotografica, ma si meritava una pausa. Dieci minuti di navigazione in Rete lo avrebbero rilassato. Poi sarebbe tornato al lavoro. Doveva assemblare le immagini e infilarle nella posta…

Gli piaceva lavorare al computer, ora che aveva imparato. In meno di due anni si era trasformato da profano in esperto.

Seleziono dal menu l’opzione “Preferiti”, clicco e attese l’apertura della pagina.

Quando si e esperti in qualcosa, la si fa con piacere. Proprio come il lavoretto che aveva fatto a quei bastardi con il coltello e la corda da bucato…

Aveva trovato il sito mentre cercava ispirazione per le foto di Jane. Ora tornava a visitarlo di tanto in tanto, per tenersi aggiornato. Per dare un’occhiata…

Era stata una settimana strana. Avrebbe avuto altre cose da fare, ma aveva dovuto rivedere i suoi programmi in vista dell’incontro con Dodd. Comunque, adesso era tutto sistemato.

C’erano parecchi nuovi link sul sito, dall’ultima volta che lo aveva visitato. Un paio sembravano particolarmente interessanti. Ne seleziono uno, trattenendo il respiro.

Non vedeva l’ora di poter tornare al lavoro serio. A parte tutto il resto, c’era il problema di

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