scena del delitto. Gli era sembrato il minimo che potesse fare.

In quella stanza d’hotel, tra i tecnici della scientifica, il patologo e un cadavere straziato, Carol Chamberlain gli era sembrata felice come un bambino in una fabbrica di dolci.

Nei giorni successivi, l’indagine si era divisa in due filoni distinti. Da un lato, l’esame della vita della vittima e la valutazione del cambiamento avvenuto nel modus operandi dell’assassino. Dall’altro, la nuova pista aperta da Carol Chamberlain e adesso seguita da Thorne e dai suoi fedelissimi.

Holland svolto in una strada fiancheggiata da tristi case anni Sessanta. Quando lui e Thorne scesero dall’auto con aria condizionata, la strada sembro loro una sauna. Fecero una smorfia infilandosi la giacca.

Mentre si dirigevano verso la casa di Peter Foley, Thorne penso a come le piste d’indagine avessero la curiosa abitudine di nascondersi, quando le si cercava.

Il fratello minore di Dennis Foley, l’unico parente che fossero riusciti a rintracciare, era ben lontano dall’essere un ospite perfetto.

Thorne e Holland sedevano a disagio su due poltrone di velluto macchiate, zuppi di sudore perche nessuno li aveva invitati a togliersi la giacca. Sul divano di fronte a loro, Peter Foley in calzoncini e camicia hawaiana aperta teneva in mano una lattina di birra gelata, che tra un sorso e l’altro si passava sul petto magro.

«Allora, lei ha undici anni meno di Dennis, e cosi?»

Foley ingollo un sorso di birra. «Gia. Sono nato per sbaglio.»

«Quindi all’epoca del fatto lei frequentava ancora la scuola.»

«No. Dovreste almeno preoccuparvi di controllare bene le date. Nel ’76 io avevo ventidue anni e avevo lasciato l’universita l’anno prima.» Il suo accento dell’Essex era marcato, la voce acuta e un po’ affannosa.

«E cosa faceva?» chiese Thorne.

«Vagabondavo qua e la. Ero un punk. Per un periodo ho anche dato una mano nei tour dei Clash…»

Anche Thorne era stato un punk, benche avesse sei anni meno di Foley.

L’uomo seduto di fronte a lui non aveva piu l’aria di uno che ascoltasse quella musica. Era magro, ma aveva le braccia muscolose. Probabilmente ci aveva dato dentro con i pesi, per far risaltare meglio i tatuaggi gotici. I capelli grigi erano legati in un codino e la barba rada terminava in un pizzetto a punta. Dal suo aspetto, e dalle copie della rivista «Kerrang!» sul tavolino, era facile supporre che Foley fosse uno stagionato fan dell’heavy metal.

«Cosa crede sia successo a Jane?» chiese Thorne.

Foley si alzo un attimo per estrarre un pacchetto di Marlboro dalla tasca dei calzoncini e torno a sprofondare nel divano. «Intende dire quando Den…?»

«No, prima, con Franklin.»

«Quel bastardo l’ha violentata.» Non c’era traccia di dubbio nella sua voce. Si accese una sigaretta. «E sarebbe finito in galera, se non fosse stato per voi…»

Holland apri la bocca per ribattere, ma Thorne lo precedette. «Che cosa intende dire?» Ovviamente sapeva benissimo che cosa intendeva Foley ed era d’accordo con lui. All’epoca la polizia non era famosa per la sensibilita con cui trattava le vittime di violenza sessuale.

«Legga gli atti del processo. Le cose che hanno detto di Jane, in tribunale. L’hanno dipinta come una troia. Soprattutto quel poliziotto, che parlava del suo modo di vestire…»

«Lo so» disse Thorne. «A quell’epoca i reati sessuali non venivano presi molto sul serio. Anch’io sono certo che Jane sia stata violentata.»

Foley tiro una boccata dalla sigaretta, bevve un sorso di birra e annui, fissando Thorne come se lo stesse rivalutando.

Thorne lancio un’occhiata a Holland. Bisognava dare una piccola spinta al colloquio. Di solito non seguivano uno schema fisso negli interrogatori e non c’era una rigida suddivisione di ruoli tra loro due, anche se il compito di prendere appunti scritti era sempre di Holland.

«Sapeva che Alan Franklin e morto?» chiese Holland. «E accaduto nel 1996.»

Thorne studio il viso di Foley, per valutarne la reazione. Vide una momentanea sorpresa e poi un’autentica gioia.

«Ottimo» disse Foley. «Spero che abbia sofferto molto.»

«E stato assassinato.»

«Ancora meglio. A chi devo spedire il biglietto di ringraziamento?»

Thorne si alzo in piedi e inizio a girare per la stanza. Foley era un po’ troppo a suo agio. Thorne non lo considerava un possibile sospettato, almeno per il momento, ma preferiva sempre tenere un po’ sulla corda le persone che interrogava.

«Perche Dennis ha ucciso Jane, secondo lei?»

Foley lo fisso, bevve l’ultimo sorso di birra e schiaccio la lattina. «E che cosa ne so, io?»

«Suo fratello credeva a cio che Jane aveva dichiarato al processo?»

«Non…»

«Deve almeno averci pensato su, no?»

«Den pensava un sacco di cose.»

«Pensava che sua moglie fosse una troia?»

«Ovviamente no, cazzo.»

«Ma forse, dopo il fatto, hanno cominciato ad avere problemi a letto…»

Foley si piego in avanti all’improvviso, lasciando cadere a terra la lattina vuota. «Jane e diventata molto strana, dopo il fatto. Ha avuto un esaurimento nervoso. Ha smesso di uscire di casa, di parlare, di fare qualunque cosa. Era amica di una ragazza con cui io avevo una storia, all’epoca. Prima uscivamo tutti insieme, ma dopo il processo… anzi, dopo la violenza, non piu. Jane non ci stava piu con la testa. Den cercava di fingere che fosse tutto a posto, ma intanto accumulava rabbia repressa. Faceva sempre cosi. E quando Franklin e uscito da quel tribunale come Nelson Mandela, porca puttana, come se fosse lui la vittima…»

Foley torno ad appoggiarsi allo schienale del divano e comincio a giocherellare con la mezza dozzina di anelli d’argento che portava alla mano sinistra.

«Sentite, io non so cosa pensasse Den. All’epoca diceva una quantita di cose assurde, ma e comprensibile che avesse dei dubbi. Il compito degli avvocati e proprio quello di far nascere dubbi nella giuria, no? E ci sono riusciti in pieno. La gente in genere tende a fidarsi dei poliziotti, a credere a quello che dicono…»

Foley lancio un’occhiata a Holland, poi torno a fissare Thorne. Per la prima volta, dimostrava in pieno la sua eta. Thorne noto sul suo viso i segni dell’uso di droghe pesanti.

«Qualcosa dentro di lui si e spezzato» disse Foley, a bassa voce.

Senza un motivo preciso, Thorne si chino a raccogliere la lattina di birra dal pavimento e l’appoggio su un ripiano di vetro e acciaio accanto al televisore. Poi si rivolse di nuovo a Foley.

«Che cosa ne e stato dei figli?»

«Come…?»

«Mark e Sarah, i suoi nipoti. Che cosa e accaduto loro?»

«Intende dire dopo che hanno trovato…?»

«No, dopo ancora. Dove sono finiti?»

«In un istituto. La polizia li ha portati via, poi sono intervenuti i servizi sociali… I ragazzi hanno ricevuto assistenza psicologica. Soprattutto il maschio, che all’epoca doveva avere otto o nove anni.»

«Ne aveva sette. E la sorella cinque.»

«Ah.»

«E allora?»

«Allora sono stati dati in affido.»

«Capisco.»

«Non c’era altro da fare. Dei nonni era viva solo la madre di Jane e non stava bene. La mia ragazza e io abbiamo chiesto che i bambini venissero affidati a noi, ma ci hanno risposto che eravamo troppo giovani. Io avevo solo ventidue anni…»

«E ovviamente c’era il fatto che suo fratello aveva appena spaccato la testa alla moglie con una lampada da tavolo…»

«Io ho chiesto di tenerli. Volevo tenerli…»

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