«L’attesa e una cosa che posso capire.»
Carol rise. «Forse e solo un pigro bastardo.»
Thorne pensava di essere pienamente qualificato per esprimere un parere in fatto di pigri bastardi. «Non credo» disse.
Si fermarono in mezzo al sentiero. «Stava ancora crescendo» disse Thorne. «E anche il suo odio cresceva insieme a lui. Magari ha aspettato che Franklin diventasse vecchio e debole, prima di aggredirlo in quel parcheggio.»
«Solo che poi non e finita li…»
«No. Ma perche? Mark pareggia i conti, nessuno sospetta di lui. Torna senza problemi alla sua vita.»
«Qualunque essa sia…»
«Allora perche diavolo ricompare? Perche questi altri morti? Perche Remfry, Welch, Southern?»
«Forse uccidere gli piace.»
«Sono certo che gli piaccia ora, ma non e questo il motivo per cui ha ricominciato. Dopo Franklin, deve essere accaduto qualcosa.»
«L’elemento della violenza sessuale e un punto cruciale, come hai sempre sostenuto. Forse e stato violentato anche lui.»
«Forse.» A Thorne sembrava di ritrovarsi su un terreno gia esplorato. Avevano gia considerato quella possibilita, quando credevano che l’assassino fosse un ex galeotto deciso a regolare vecchi conti. Certo, era possibile che Mark Foley fosse stato violentato, ma gli sembrava una spiegazione trita e ritrita, e comunque inutile.
Dietro di loro si udi un gran chiasso: alcuni ragazzi si erano messi a giocare nel campo da cricket e loro si fermarono a guardarli per qualche minuto. Quando riprese a parlare, Carol dovette accostarsi all’orecchio di Thorne, per farsi sentire al di sopra del rumore.
«Ricordo un verso di una poesia che ho studiato a scuola» disse. «“L’infanzia e il regno dove nessuno muore.”»
«Che poesia e?» chiese Thorne, mentre riprendevano a camminare.
«Non me lo ricordo. Si trovava in una di quelle raccolte antologiche che ti obbligano a studiare per forza…»
Quando ebbero raggiunto le loro auto, parcheggiate sulla via principale, Carol Chamberlain appoggio una mano sul braccio di Thorne. «Dar libero sfogo alle idee e piacevole e utile, Tom. Ma ricorda che la risposta, se esiste, si trova nei dettagli, nei piccoli fatti che compongono lo schema di un caso.»
Thorne annui, aprendo la portiera della BMW. Sapeva che c’erano delle risposte. E sapeva di averle gia viste da qualche parte, di averle interpretate male e, quindi, di non poterle recuperare facilmente. Ormai si erano perse in mezzo a migliaia di fatti, rilevanti e irrilevanti, relativi al caso, alla crescente massa di stronzate che gli ingombrava la mente: parole, numeri, piccoli gesti, codici di accesso, l’espressione sul viso di un parente, la marca della scarpa dell’ospite di un albergo, il peso del fegato di un cadavere…
Thorne sapeva che la risposta era sepolta li, da qualche parte, e questo lo disturbava. C’era anche un’altra cosa che lo infastidiva e ci penso bene prima di menzionarla.
«A proposito di schema…»
«Si?»
«Tra la seconda e la terza vittima lo schema e cambiato. L’omicidio di Welch e quello di Southern sono piuttosto diversi tra loro.»
«E logico. Ormai l’assassino immagina che i carcerati siano stati messi sull’avviso. Percio ha dovuto organizzarsi diversamente.»
«E se dicessimo “sa”, invece di “immagina”?» disse Thorne. «Se lui sapesse tutto cio che succede, perche si tratta di qualcuno vicino all’indagine? Abbiamo sempre ipotizzato che avesse accesso alle informazioni. Poi sono successe altre cose e l’idea e stata accantonata. Ma se fosse vero che l’assassino e uno di noi?»
Quando Thorne arrivo a Becke House, gli fu detto che era atteso nell’ufficio di Brigstocke. Holland stava riferendo a Yvonne Kitson e all’ispettore capo la scoperta di Joanne Lesser e la successiva conversazione telefonica da lui avuta con la signora Irene Noble. Thorne gli chiese di ricominciare e di ripetere tutto da capo per lui.
«E interessante il fatto che la data dell’adozione e quella del trasferimento siano cosi vicine tra loro» osservo Brigstocke.
«E ancora piu interessante di quanto credessi. La prima cosa che la signora Noble mi ha chiesto, quando le ho detto che volevo parlarle di Mark e Sarah Foley, e stata se li avevamo trovati.»
«Come sapeva che li stavamo cercando?»
«No, signore, non intendeva quello» spiego Holland. Sfoglio il suo taccuino e lesse: «“Li avete trovati, finalmente?”». Queste sono state le sue precise parole. Poi mi ha spiegato che i ragazzi sono scomparsi nel 1984…»
«Appena dopo l’adozione» disse Thorne.
«Gia.» Brigstocke si alzo in piedi e fece il giro della scrivania. «E appena dopo che i Noble se n’erano andati da Colchester…»
Holland mise via il taccuino e si appoggio allo schienale della sedia. «La signora Noble mi ha detto che c’e stata un’indagine ufficiale, all’epoca. I ragazzi sono stati dichiarati scomparsi e la polizia li ha cercati per settimane.»
«Hai controllato?» chiese Brigstocke.
«Si, ma non c’e nulla. Ho controllato anche l’anno 1983, nel caso in cui la donna avesse confuso le date, ma non ho trovato niente. Nessun resoconto di una eventuale ricerca, nessuna denuncia riguardante ragazzi scomparsi. Niente a livello nazionale e neppure a livello locale.»
«Che impressione ti ha fatto la Noble, quando le hai parlato?» chiese Thorne.
«Era agitata.»
«Perche mentiva, secondo te?»
«No, non credo. Mi e sembrata sincera.»
«Che ne e del marito?»
«Roger Noble e morto di infarto nel 1990.»
Thorne riflette su quelle informazioni per qualche secondo, poi si volto verso Brigstocke. «Dobbiamo andare a parlare con questa donna» disse.
Brigstocke annui. «Dove abita, Dave?»
«A Romford, ma viene a Londra domani. Pare che le piaccia fare shopping nel West End…»
Thorne fece una smorfia. «Ma davvero…»
«Ho preso appuntamento con lei alle dieci e mezza.»
Brigstocke si tolse gli occhiali, tiro fuori da una tasca dei pantaloni un fazzoletto di carta appallottolato e asciugo il sudore dalla montatura. «Ben fatto, Dave. Occupati di questo con il sergente Karim. Lui dovra riassegnare le mansioni…»
«Sissignore.» Holland apri la porta e usci.
«Yvonne, vorresti occupartene anche tu, per favore? Potremmo aver maggior fortuna nel trovare Mark e Sarah Foley, adesso che sappiamo che hanno cambiato nome.»
Yvonne Kitson, che non aveva detto nulla, annui e fece un passo verso la porta.
«Questa e davvero una buona notizia» disse Brigstocke. «Finalmente qualcosa di positivo da riferire al sovrintendente Jesmond.»
Thorne non riusci a trattenersi. «Digli che l’ho visto in tivu, l’altra sera. E stato grande…»
Brigstocke non si prese neppure il disturbo di replicare. «Una pinta per festeggiare, piu tardi?»
«Secondo me non c’e da festeggiare niente, ma ci saro.»
«E tu, Yvonne?»
Yvonne Kitson scosse la testa. «Ho troppe cose da fare.» Si volto e usci. «Devo cambiare tutte le chiavi di ricerca da Foley a Noble…» disse, mentre si dirigeva verso la sala di pronto intervento.
Brigstocke guardo Thorne. «Ma cosa le e preso?»
«Non chiederlo a me.»
«Forse dovresti provare a parlarle…»
Il cellulare di Thorne squillo. Appena lesse il nome sul display, Thorne saluto Brigstocke, dicendogli che si