asciutte sulla sua pelle. Alla fine del matrimonio, sua moglie lo chiamava pescivendolo. «Non toccarmi con quei blocchi di ghiaccio!» lo ammoniva con disprezzo.

Giro la chiave. Un giro, due giri e mezzo. La serratura scatto, il cancello si apri senza cigolare. Chi aveva oliato i cardini? La fantastica Encarnacion? Sentiva il cuore battergli forte, come se intuisse che stava per accadere qualcosa. Sfilo la chiave dalla toppa, richiuse il cancello di ferro battuto.

Suo padre aveva fatto mettere le sbarre alle arcate di quel lato della galleria, ossessionato com'era dal problema della sicurezza. Falcon lo percorse tutto, l'acqua nera e piatta della fontana che si increspava nella sua mente. Poi torno indietro fino alla porta al centro, la pesante porta di mogano con i pannelli sporgenti che diceva: «Vietato entrare» o forse, con ancora maggior esigenza: «Vietato entrare impreparati».

La seconda chiave scivolo nella serratura, giro facilmente. Incoraggiante. Gli occorse una certa forza per spingere il battente: la prima resistenza. La porta si apri con un cigolio assurdo, il coperchio della bara di un vampiro. Falcon ridacchio, nervoso come Leda quando aveva visto il famoso cigno dispiegare le ali. Una delle battute ironiche di suo padre sulle donne che tremavano al cospetto del suo carisma. Annaspo alla ricerca dell'interruttore.

Alla luce delle lampade alogene apparve un vasto muro vuoto, spruzzato di colore: la parete sul lato dove suo padre dipingeva, cinque metri per quattro di tracce di lavoro, le vestigia di quattro tele che sembravano galleggiare sotto le macchie di vernice sgocciolata e le pennellate. L'estremita del muro piu vicina alla finestra era quasi completamente nera, la pittura spessa, come se suo padre avesse lavorato su idee gravate da un senso di imminente rovina. Sul resto della parete predominava il rosso, un colore che non aveva usato molto in nessuna delle sue opere dal tempo dei nudi di Tangeri, linee voluttuose distese su blocchi di colore del Marocco: blu tuareg, ocra deserto, terra di Siena pura, terracotta e poi i rossi, l'intera gamma dei rossi sangue, dal cremisi dei capillari al vermiglio delle vene, all'amaranto scuro delle arterie. Si diceva comunemente che stava tutto in quel rosso, il flusso della vita. Ma dopo Tangeri Francisco Falcon non aveva piu usato il rosso. Nei quadri degli scorci di Siviglia non lo impiegava quasi mai, in quei paesaggi astratti verdi e grigi, marroni e neri e sempre soffusi da una luce misteriosa proveniente da una fonte invisibile. Luce che il critico di ABC aveva definito magica ed El Pais «disneyana». «Non si puo insegnare agli altri a vedere», aveva commentato suo padre. «Ognuno vede soltanto cio che vuole, la mente interferisce sempre con la visione; tu dovresti saperlo, Javier, dato il lavoro che fai. Testimoni che hanno visto tutto tanto chiaramente e che, una volta sul banco per il controinterrogatorio, quasi non ricordano nemmeno di essersi trovati sul posto. Un cieco saprebbe dire di piu. Ricordi quel film, La parola ai giurati? La traduzione del titolo originale e Dodici uomini arrabbiati. Ma perche 'arrabbiati'? Perche la gente crede fermamente nella veridicita della propria visione. Se non ci possiamo fidare dei nostri occhi, degli occhi di chi dovremmo fidarci?»

Ricordando quelle parole Falcon si era arrestato di colpo, la gamba alzata, ridicolo come uno di quei mimi sulla calle Sierpes. I pensieri ruotavano vorticosamente intorno a quel punto cruciale, a una verita che gli permettesse di leggere nella mente dell'assassino di Raul Jimenez. Quella che avrebbe costretto la vittima, evitando le interferenze della mente, a vedere l'inaccettabile realta. Ma non riusci a raggiungerla e si risveglio sorpreso come un paziente anestetizzato, ridestatosi dopo quella breve vacanza dal mondo.

Giro intorno ai tavoli coperti da vasetti e barattoli pieni di pennelli induriti, incrostati di colore secco. Sotto i tavoli scatole di cartone e pile di libri, di cataloghi e riviste, oscuri periodici d'arte e risme di carta, rotoli di tela, fogli di cartoncino. Avrebbe impiegato un giorno intero solo per trasportare tutta quella roba al pianterreno, figuriamoci poi per esaminarla. Ma la questione era: non avrebbe dovuto nemmeno guardarla, avrebbe dovuto portarla via e bruciarla. Non buttarla via, ma distruggerla in modo radicale.

Falcon si passo le dita tra i capelli, piu e piu volte, impazzendo al pensiero dell'impresa in cui stava per imbarcarsi, consapevole di trovarsi li precisamente per disubbidire alle disposizioni di suo padre e di aver sempre rimandato quel momento dal giorno della sua morte, perche aveva avuto bisogno di prendere le distanze dalla fine di quell'epoca, per poter cominciare la propria. La propria? Si poteva parlare di un'epoca per le persone comuni come lui?

Si chino e sfilo una rivista da un mucchio, il New Yorker. Suo padre aveva amato molto i disegni di quella rivista; piu surreali erano, piu gli piacevano. In particolare si era entusiasmato per il disegno di un pezzo degli scacchi posto accanto a un cactus del deserto con la scritta: «Pedone ad Albuquerque, Nuovo Messico». Aveva trovato nell'abbagliante splendore di quell'insensatezza uno sguardo perfetto nei confronti della vita, forse perche la sua era arrivata vicino all'insensatezza a causa della perdita di un genio abbagliante.

I ricordi si affollavano, urtavano violentemente l'uno contro l'altro.

Una discussione su Hemingway, sulla ragione per cui Hemingway si fosse sparato. Era stato nel 1961, l'anno in cui la madre di Javier era morta. Un uomo che aveva raggiunto un tale successo e che si era ucciso perche non sopportava l'idea di non riuscire piu a ritornare a quel livello. Javier aveva sedici anni quando ne avevano parlato.

Javier: «Perche non si e ritirato e basta? Aveva piu di sessant'anni, perche non ha appeso la penna al chiodo e non si e sistemato in una veranda al sole di Cuba a bere mojito?»

Padre: «Perche era sicuro di poter ritrovare cio che aveva perduto, di doverlo ritrovare».

Javier: «Be', avrebbe potuto occuparsi di questo, la caccia al tesoro… un gioco che piace a tutti».

Padre: «Non e un gioco, Javier. Non e un gioco».

Javier: «Il suo posto nella letteratura era gia assicurato, aveva vinto il premio Nobel. Dopo Il vecchio e il mare il suo lavoro era finito, non c'era altro da dire. Perche cercare di dire di piu se…?»

Padre: «Perche aveva avuto quella cosa e l'aveva perduta. E come perdere un figlio… non si riesce mai a superarlo».

Javier: «Ma guarda te, papa. Anche a te e successo, eppure…»

Padre: «Non parliamo di me».

Falcon getto via la rivista al pensiero della sua stupidita. Trascino uno scatolone in mezzo alla stanza e lo apri. Tutta quella roba accumulata in una vita, la vita di un artista che si attaccava a ogni oggetto capace di far scaturire una nuova idea! Compi qualche passo lungo gli scaffali di libri ai lati e in fondo alla stanza. «Devo bruciare anche questi?» si domando. «E questo che vuoi? Vuoi che dia fuoco ai libri? Che li butti giu dalla galleria nel patio e accenda un falo di parole e di figure? Non e possibile che tu lo abbia voluto.» Ah, la capacita di persuasione dell'animo colpevole che sta per trasgredire!

Nella parete che dava sulla strada c'erano quattro finestroni; li aveva fatti aprire suo padre per ottenere il massimo di luce naturale, ogni finestra munita di un cancello retrattile di metallo. Lo studio era praticamente una fortezza.

Arrivo davanti alla parete di lavoro del padre e, attraverso una porta in un angolo, entro in un locale senza finestre e illuminato da una lampadina appesa al soffitto. Lungo una parete quattro rastrelliere verticali, dove erano riposte tele e altro materiale, mentre il lato opposto era occupato quasi interamente da una cassapanca sulla quale le scatole si ammonticchiavano in pile alte quasi fino al soffitto. Un odore di muffa, di chiuso e, dopo il lungo inverno, di umido. Si avvicino alle rastrelliere ed estrasse un foglio a caso. Era uno schizzo a carboncino di uno dei nudi di Tangeri. Ne prese un altro, un disegno a matita dello stesso nudo. Un altro e un altro ancora, ognuno una rielaborazione dello stesso soggetto, lo sviluppo di un particolare, lo studio di un angolo. Passo alle tele. Lo stesso nudo di Tangeri dipinto piu e piu volte, in grande, in piccolo, sempre lo stesso soggetto. Guardo nelle altre rastrelliere e scopri che ognuna delle quattro corrispondeva a uno dei quattro famosi nudi Falcon. Centinaia di disegni e di carboncini, di oli e di acrilici.

Fu sopraffatto da una tremenda tristezza. Quei lavori, la parete di rastrelliere in quella stanza dalla luce fioca, ecco tutto cio che restava del tentativo di suo padre di ritrovare il suo genio, di riappropriarsene, di farlo rivivere non fosse che una sola volta, non fosse che in un solo minuscolo dettaglio. Un'ondata di tristezza che faceva male, perche Falcon aveva visto, nonostante la luce patetica di quella misera lampadina, che nessuno di quei lavori conteneva qualcosa dell'eccezionale qualita degli originali. Era tutto perfetto, ma non vi era vita, ne slancio, ne fiamma, ne vibrazione. Quelle cose erano mediocri. Erano migliori i suoi paesaggi astratti, erano migliori perfino le sue cupole e le sue finestre, le sue porte e le sue arcate. Quelle cose poteva bruciarle, poteva darle alle fiamme senza pensarci due volte.

Salito su uno sgabello, tiro giu una scatola. Pesante. Altri libri. L'apri e frugo all'interno, tra i volumi rilegati

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