contro tutti gli altri. Guarda, per questo mi sono ispirato a Picasso, e questi sono i miei lavori giovanili, e questo e quello che sto facendo adesso. Che cose strane, Nat, piene di talento. Vuoi dire che nessuno lo sa? Quasi nessuno. Chi le capirebbe. Io le capisco, Nat. Lo sapevo, Helene.

Sai una cosa? Non ho mai lavorato con una modella. Un passo avanti importante nella mia carriera. Oh, no, non potrei. Proprio non potrei. Voglio dire, sarei imbarazzata da morire! Ma perche? Dio ti ha dato il corpo. Senti, da che mondo e mondo le ragazze hanno posato per artisti famosi. E io ne ho bisogno. Come faccio altrimenti a crescere come artista? Lei esita. Be’, forse. Fumiamo prima. Lui tira fuori la sua riserva di erba. Lei aspira due boccate per ognuna di quelle di lui. Ridacchiando. Lui e mortalmente serio. Glielo chiede di nuovo. Si, si, si. Sei sicuro che tua madre non salira? No di certo, non gliene frega niente di quello che io faccio quassu.

Poi. I vestiti che cadono. Il suo corpo incandescente. Appena riesce a guardarla. Quindici anni e non l’ha mai vista. Un po’ indietro per la sua eta, ha passato troppo tempo da solo in soffitta. Maglione, reggiseno. I suoi seni sono pesanti; non spuntano dritti, quando sono nudi, penzolano un poco. I capezzoli molto piccoli, appena piu grandi dei suoi. Fossette nel sedere. I peli piu scuri dei capelli, e piu crespi. Sembra che le manchi qualcosa, senza l’uccello. Lui ha le guance in fiamme. Ecco, resta ferma cosi. Non osa toccarla. La fa mettere in posa muovendo le mani in aria. Vorrebbe che allargasse le gambe. Non sa bene che aspetto abbia, e non riesce a vedere. Ma lei non lo fa. E cosi fumata, pero

Prende la creta. Si. Si. Lavora furiosamente. Nel frattempo quel posare la eccita. Anche l’artista dovrebbe essere nudo, dice. Per essere pari. Lui ride. Che idea assurda. Non riuscirei a concentrarmi. Mezz’ora. Il sudore che gli cola dalla fronte. Sono stanca di posare, dice lei. Posso smettere? Smettono. Lei gli viene vicino. Lo guida. Metti la mano qui. E qui. Oh. Oh. Oh. Gli tira giu la cerniera. Il suo uccello sta per esplodere. Presto, vienimi sopra. Oh. Oh, Dio!

LA GRANDE CITTA

Un piccolo appartamento. Dozzine delle sue opere favorite sparse dappertutto. Il famoso critico d’arte che gli fa visita. Alto, serio, i capelli argentei. Anche l’artista e alto e serio. Diciannove anni. Perche vorresti andare a una scuola d’arte, chiede il critico. Ragazzo mio, tu sei gia un maestro. Una mano paterna intorno alle spalle di Hamlin. Quello che ti serve adesso e un mercante. Con una sponsorizzazione adeguata potresti arrivare lontano. E sei cosi giovane. Ancora la peluria sulle guance. Cosi dicendo il famoso critico d’arte accarezza le guance imberbi. Fissando nel fondo degli occhi il giovane artista. Potresti rendermi l’uomo piu felice del mondo questa notte, dice il famoso critico d’arte, con tenerezza.

NELLA GALLERIA D’ARTE

Piccoli cerchi rossi incollati su ogni etichetta. Venduto. Venduto. Venduto. Venduto. Un debutto di buon auspicio. Tutta la gente in vista che compra. Il mercante, grasso, nella gloria della sua carne, che gli da pacche sulle spalle. Ventidue anni. Un successo immediato. Adesso le scene si susseguono a caso, fondendosi l’una con l’altra, qualche volta due contemporaneamente, sullo schermo diviso a meta.

L’AVVENTO DELLA PSICOSCULTURA AMORE NON CORRISPOSTO LE SEDUZIONI DELLA RICCHEZZA LA CELEBRE ATTRICE SOLO SULLA VETTA I TORMENTI DELLA FAMA IL GIORNO IN CUI IL MUSEO COMPRO TUTTO INCONTRANDO DI NUOVO HELENE, QUINDICI ANNI DOPO VIAGGIANDO PER IL MONDO UN CALCIO AL VIZIO UNO DI TROPPO MI CHIAMO LISSA

E la telecamera sempre piu veloce, all’impazzata.

L’ANTIGONE IL MAL DI TESTA IL CROLLO IL PRIMO STUPRO FOLLE DI PAURA IL LITIGIO CON LA MOGLIE L’ANTIGONE TERMINATA LISSA BUTTATA DALLE SCALE MATTO DA LEGARE STUPRO DOPO STUPRO ARRESTATO CONDANNATO OBLITERATO RISVEGLIATO

E la sequenza sfasata.

SOLO SULLA VETTA FINE DELLA SUBLIMAZIONE LA GRANDE CITTA UN CALCIO AL VIZIO MATTO DA LEGARE NELLA GALLERIA D’ARTE PIACERI SOLITARI L’ARTISTA SCOPRE IL SUO DONO

Sempre piu veloce. Nomi, date, eventi, aspirazioni, che roteano in una densa zuppa di ricordi, tutto che si confonde, i dettagli che spariscono. Forse non era mai accaduto nulla di tutto questo.

…Buona notte, vecchio mio.

Lissa piangeva sommessamente, fra se, quando Macy ando a letto, martedi sera. Le tocco un braccio, e lei si scosto. Dopo, gli disse che le spiaceva di essere stata cosi scortese.

Mercoledi mattina, uscendo per recarsi al lavoro, a Macy parve di scorgere uno degli scagnozzi del Centro Riab, che a detta di Gomez dovevano sorvegliarlo. Un tipo piccoletto, con la pancetta, in piedi sull’ingresso dell’edificio dall’altra parte della strada, con in mano un giornale. Uno scambio imbarazzato di occhiate guardinghe. Da parte di Macy un rapido sorriso. Io e la mia ombra. Mano destra sulla spalla sinistra! Mano sinistra sulla spalla destra! Mani intrecciate dietro il collo!

Quella sera, propose a Lissa di andare in centro, in una fumeria, ma Lissa non volle. Una serata tranquilla in casa, con Brahms e Shostakovich. All’ora di andare a letto, Lissa disse di aver trovato un sistema per liberarsi di Hamlin.

— Come?

— Potresti violentare qualcuna e farti prendere. E dare la colpa a lui. Ci penseranno le autorita a cancellarlo completamente.

— Mi ucciderebbe se dovessimo essere arrestati — disse Macy. Un’idea folle. Una ragazza folle. Potresti violentare qualcuna e farti prendere. Dentro di lui Hamlin rise. Lissa pianse ancora quella notte, e quando Macy le chiese se poteva aiutarla, non rispose.

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