«Un mercante.»

«Voglio dire… chi siete davvero. Cosa fare a Bartorstown.»

«Il mercante.»

Len corrugo la fronte.

«Davvero non capisco. Credevo che tutti gli abitanti di Bartorstown fossero qualcosa di diverso. Scienziati, costruttori di macchine… cose di questo genere.»

«Io sono un mercante,» ripete Hostetter. «Kovacs e un barcaiolo. Rosen e un buon amministratore, e tiene il canale in ordine e in perfetta efficienza, perche per noi e d’importanza vitale. Petto, al traghetto indiano… sai, conoscevo il padre di Petto, ed era un eccellente specialista di elettronica, ma il ragazzo e un mercante come me, solo che si trattiene molto piu a lungo in un solo posto. Ci sono soltanto alcuni scienziati e tecnici potenziali in qualsiasi comunita, quindi anche a Bartorstown. E loro hanno bisogno di tutti noi, per andare avanti. Dall’inizio del tempo, ci sono stati degli scienziati e degli studiosi, e dei mercanti e degli amministratori e degli operai che li hanno aiutati a portare avanti il lavoro.»

«Volete dire…» domando lentamente Len, che stava cominciando a rivedere tante idee preconcette che si erano formate da anni nella sua mente. «Volete dire che per tutto questo tempo, per tutti questi anni, il vostro lavoro e stato veramente quello di…»

«Di un mercante,» ripete Hostetter. «Si. Ci sono circa quattrocento persone a Bartorstown, senza contare noi che viviamo nel mondo esterno. Devono tutti mangiare, e indossare dei vestiti. Poi ci sono molte altre cose necessarie, il ferro e le leghe metalliche e le sostanze chimiche e le spezie, e cosi via. Tutte queste cose, naturalmente, devono essere portate a Bartorstown dall’esterno.»

«Capisco,» disse Len. Poi, dopo una lunga pausa, disse, in tono malinconico. «Quattrocento persone. A Refuge ce n’erano piu del doppio.»

«Si tratta di un numero che supera del novanta per cento quello che avrebbe dovuto esserci. In origine, c’erano trentacinque o quaranta uomini, tutti specialisti, che lavoravano su questo progetto segretissimo, alle dipendenze del governo. Poi, quando e cominciata la reazione piu violenta, dopo la guerra, e la situazione si e fatta molto brutta, costoro portarono molti altri uomini, con le loro famiglie, scienziati, professori, gente che non era piu popolare nel mondo esterno, tutt’altro. Noi siamo stati fortunati. Esistevano moltissime altre installazioni segrete, in questo paese, ma Bartorstown e l’unica che non sia stata scoperta, o tradita, o abbia dovuto essere abbandonata.»

Len si strinse le ginocchia, con occhi scintillanti.

«Cosa facevano, la, quei quaranta uomini… gli specialisti?»

Un’espressione bizzarra apparve negli occhi di Hostetter. Ma egli si limito a dire:

«Cercavano di trovare la risposta a un certo problema. Non posso dirti di che cosa si tratta, Len. Posso dirti soltanto che quella risposta non e stata trovata.»

«Stanno ancora cercando?» domando Len. «Oppure non potete dirmi neppure questo?»

«Aspetta di arrivare la. Allora potrai fare tutte le domande che vorrai, e avrai le risposte dalle persone autorizzate a dartele. Io non sono autorizzato.»

«Quando arrivero la,» mormoro Len. «Sapete, ancora non mi sembra vero. Quando arrivero a Bartorstown… me lo sono detto milioni di volte, l’ho sognato milioni di volte, ma adesso e reale, e non ci credo. Quando arrivero… io, Len Colter… a Bartorstown.»

Sii prudente. Non e un nome da ripetere troppo a voce alta.»

«State tranquillo. Ma… com’e, laggiu?»

«Come aspetto fisico,» disse Hostetter, «E un buco. Piper’s Run, Refuge, Louisville… la comunita che vedi laggiu… sono tutte metropoli, al suo confronto.»

Len guardo il tranquillo, ridente villaggio che si snodava lungo il canale, e la grande pianura verde che si stendeva piu oltre, spruzzata dai puntini delle fattorie e del bestiame al pascolo, e disse, ricordando le immagini e le sensazioni di un sogno:

«Niente luci? Niente torri?»

«Luci? Be’, si e no. Torri… temo di no.»

«Oh,» disse Len, e tacque. La barca scivolava sulle acque, che gorgogliavano dolcemente nella scia, e respirare era un vero e proprio sforzo. Dopo qualche tempo Hostetter si tolse il largo cappello, e si asciugo la fronte, e disse:

«Oh, no, e troppo caldo. Non puo durare.»

Len guardo il cielo. Era sereno e di un azzurro intenso; ma anche lui disse:

«Il tempo sta per rompere. Penso che avremo una brutta tempesta.» Rivolse di nuovo la sua attenzione al villaggio. «Una volta quella era una citta, non e vero?»

«Una grande citta.»

«La ricordo, ora, il suo nome era stato dato in onore del re di Francia. Signor Hostetter…»

«Si?»

«Che cosa e accaduto a quegli altri paesi… voglio dire, ai paesi come la Francia?»

«Sono all’incirca nella nostra situazione… quelli che hanno vinto. Dio solo sa che cosa ne e stato degli sconfitti. L’intero mondo e ritornato indietro, somiglia molto all’epoca nella quale Louisville era di queste stesse dimensioni, e questo canale e stato scavato dal lavoro degli uomini. Molti temevano che l’uomo avesse cambiato il mondo, e invece il mondo e ritornato indietro, molto in fretta, come ai primi tempi. Come nei primi tempi, quando gli uomini erano ansiosi di crescere e di cambiare.»

«Rimarra sempre cosi?»

«Niente,» disse Hostetter, «Rimane mai uguale.»

«Ma non sara durante la mia vita,» mormoro Len, ripetendo le parole del giudice Taylor. «Ne durante quella dei miei figli.» E nella sua mente c’era il suono lontano e triste della caduta da altissimi edifici costruiti su un mare di nuvole.

«Nel frattempo, pero,» disse Hostetter. «Questo e un buon mondo. Cerca di godertelo.»

«Un buon mondo, dite,» ripete Len, amaramente. «Un mondo pieno di gente come Burdette, e come Watts, e come gli uomini che hanno ucciso Soames?»

«Len, il mondo e stato sempre pieno di uomini cosi, e lo sara sempre. Non chiedere l’impossibile.» Guardo il viso di Len, e poi sorrise. «Ma anch’io commetto lo stesso errore. Anch’io sto domandando l’impossibile.»

«Cosa intendete dire?»

«E una questione di eta,» disse Hostetter. «Non ti preoccupare. Ci pensera il tempo a porvi rimedio.»

Passarono attraverso le ultime chiuse, e ritornarono sul fiume, sotto le grandi cascate. Verso la meta del pomeriggio, l’intero orizzonte settentrionale era diventato di un nero violaceo, e un grande silenzio minaccioso era calato sulla terra. «Brutta faccenda,» disse Kovacs, e mando di nuovo Len ed Esau sottocoperta, a rifornire di carbone le macchine. La barca prosegui lungo la corrente, a tutto vapore, con una grande scia di schiuma. L’immobilita dell’aria si fece maggiore, il calore aumento, soffocante, fino a quando non parve che il mondo fosse sul punto di scoppiare, e poi i primi brontolii della tempesta si udirono in lontananza, dominando anche il rumore della macchina. Finalmente Sam si affaccio alla sommita della scaletta, e grido a Charlie di lasciar perdere, e di prepararsi all’attracco. Sudati e barcollanti, Len ed Esau uscirono all’aperto, trovandosi in un fantastico mondo oscuro, nel quale il cielo era stato calato sulla terra come un mantello d’inchiostro. Si stavano fermando, ormeggiando in mezzo al fiume, al riparo di un’isola, la cui riva settentrionale si ergeva come una scogliera protettiva.

«Ci siamo,» annuncio in tono lugubre Hostetter.

Si misero tutti al riparo, nella cabina. Il vento arrivo per primo, facendo ondeggiare gli alberi e facendo cadere i rami piu teneri. Poi cadde la pioggia, portata dal vento impetuoso a raffiche solide, che nascondevano ogni cosa alla vista, e si mescolavano con le foglie e i rami portati dal vento d’uragano. E poi cominciarono i lampi, e i tuoni, e il rumore secco degli alberi che venivano sradicati dalle folate piu violente, e poi, dopo molto, molto tempo, rimase soltanto la pioggia, che scendeva diritta e pesante, come se qualcuno, in alto, la stesse rovesciando a catinelle. Salirono sul ponte, allora, assicurandosi che tutto fosse a posto, rabbrividendo perche l’aria si era fatta fredda e pungente, e poi ritornarono nella cabina, e dormirono a turno. La pioggia diminui d’intensita, fin quasi a fermarsi, e poi ritorno di nuovo impetuosa, con l’arrivo di una nuova bufera, e durante il suo turno di guardia Len pote vedere tutto l’orizzonte illuminato dai lampi, mentre le nuvole tempestose danzavano nel cielo una danza incomprensibile, avanzando e indietreggiando, portate dalla massa di aria fredda che scendeva dal nord. Verso mezzanotte, attraverso il tamburellare della pioggia, ora costante e uggiosa, e il lontano brontolio iroso del tuono, Len comincio a sentire un suono diverso, e capi che era il fiume che si stava gonfiando per l’ondata di piena.

Ripartirono all’alba, un’alba limpida nella quale tutto il mondo sembrava essere stato rimesso a nuovo, lavato e meraviglioso, e una brezza fresca soffiava increspando le acque, da un cielo che pareva di porcellana dipinta, solcato qua e la da nuvolette bianche, e solo i rami strappati degli alberi, e le acque del fiume gonfie e limacciose e piene di rottami, ricordavano la furia selvaggia degli elementi, durante la lunga notte. A mezzo miglio dal punto in cui Kovacs aveva ormeggiato la barca, essi sorpassarono un rimorchiatore, con tutto il suo corteo di zattere, scagliato dalla forza della tempesta sulla riva sud, e piu avanti, dopo un paio di miglia, c’era un mercantile, in secca sulla riva, dove era stato spinto dal vento.

Fu quello l’inizio di un lungo viaggio, e, per Len, l’inizio di un lungo e strano periodo che nella sua mente assunse la qualita di un sogno. Seguirono l’Ohio fino alla foce, e poi andarono a nord, avventurandosi nel Mississippi. Ora risalivano la corrente, arrancando lenti e sicuri lungo un canale che cambiava continuamente direzione tra le rive, e la barca pareva sempre sul punto di urtare i pali di segnalazione imbiancati a calce. Consumarono tutto il carbone, e continuarono con la legna presa a una stazione di rifornimento dell’Illinois, e avanzarono ancora fino alla foce del Missouri, e successivamente, per giorni e giorni, arrancarono per risalire le rapide del Big Muddy. Faceva sempre caldo. C’erano temporali, e pioggia, e verso la meta di agosto le notti cominciarono a farsi piu fredde, portando con loro i primi, lontani aliti dell’autunno. A volte il vento soffiava cosi violentemente contro di loro da costringerli ad ormeggiare la barca e ad aspettare, osservando il traffico che seguiva la corrente svilupparsi davanti ai loro occhi, velocissimo e sicuro. A volte, dopo la pioggia, l’acqua si gonfiava e cominciava a scorrere cosi precipitosa da impedir loro qualsiasi misurazione, e poi scemava con altrettanta celerita, mostrando loro come si fosse spostato l’insidioso canale, e allora dovevano sudare per ore e ore, impiegando tutte le loro energie, per liberare la barca dai banchi di sabbia nei quali era rimasta intrappolata. L’acqua fangosa bloccava la macchina, e cosi dovevano fermarsi a pulirla, e molte volte dovevano fermarsi per procurarsi la legna. Ed Esau si lamentava, borbottando:

«Questo e un modo di viaggiare molto disgraziato, per uomini di Bartorstown!»

«Esau, ascolta,» disse Hostetter. «Se avessimo degli aeroplani, saremmo felici di usarli. Ma non abbiamo aeroplani, e questo modo di viaggiare e molto migliore di quello ancora piu semplice, e cioe andare a piedi… come scoprirai presto.»

«Dobbiamo viaggiare ancora molto?» domando Len.

Hostetter indico un punto a occidente.

«Fino alle Montagne Rocciose.»

«Quanto tempo ci vorra ancora?»

«Un mese. Forse qualcosa di piu, se ci saranno degli ostacoli. Forse qualcosa di meno, se tutto andra liscio.»

«E non volete dirci niente, su quello che troveremo?» domando Esau. «Com’e il posto, qual e il suo aspetto, come si vive?»

Ma Hostetter si limito a fornire la stessa, breve risposta che aveva sempre dato a quelle domande:

«Lo scoprirete da soli, quando arriverete la.»

Non voleva parlare con loro di Bartorstown. Aveva fatto quella dichiarazione, affermando che Piper’s Run era un posto piu piacevole, e poi non aveva piu voluto dire altro. E neppure gli altri uomini si rivelavano piu loquaci. Benche i giovani rivolgessero la domanda in ogni maniera possibile, cercando di deviare la conversazione in modo tanto sottile da strappare qualche indizio, gli uomini della barca parlavano di qualsiasi argomento, amabilmente, tranne che di Bartorstown. E Len capi che non ne parlavano, perche avevano paura di dire qualsiasi cosa.

«Avete paura che noi possiamo denunciare i vostri segreti,» disse un giorno a Hostetter. E poi, non per esprimere un rimprovero, ma per constatare un fatto, aggiunse, «Penso che ancora non vi fidiate di noi.»

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