sibili, e gracidii. Ma perfino quel suono confuso era per loro un vero prodigio. Era un suono che non avevano mai udito prima, pieno di mistero, e dava la sensazione di grandi spazi invisibili, ed era prodotto da una macchina. Non lasciarono la radio fino a quando il sole non fu cosi basso sull’orizzonte da riempirli di timore, e costringerli ad andarsene. Allora Esau nascose con ogni cura la radio nel tronco cavo di un albero, avvolgendola prima in un panno, e assicurandosi che il bottone principale fosse girato fino in fondo, fino a produrre un piccolo scatto, il modo per impedire alla radio di produrre anche il piu lieve rumore: il rumore avrebbe potuto attirare l’attenzione di qualche cacciatore, o di qualche pescatore, che fosse passato casualmente di la, ed Esau non voleva correre questo rischio.
Quell’albero cavo divento il perno intorno al quale giravano le giornate di Len, e fu la cosa piu eccitante che si potesse immaginare, ma anche quella che procurava le maggiori frustrazioni. Ora che aveva una ragione vera per andare la, gli sembrava sempre piu difficile, se non impossibile, trovare il tempo e le scuse per addentrarsi nei boschi, che erano stati la meta di tutte le sue peregrinazioni nei giorni e negli anni precedenti. La stagione cambio, comincio a fare freddo, e venne la pioggia, e poi la brina, e poi cadde la neve. Il bestiame doveva essere portato nelle stalle, all’inizio della stagione fredda, e da quel giorno c’era poco tempo a disposizione, nella giornata, occupata completamente dalle necessita di tanti animali da sfamare, lavare, accudire. C’era la mungitura, e poi il pollaio da vedere, e poi da dare una mano alla mamma a mescolare il burro e a portare la legna da ardere per la stufa, e cosi via.
Dopo le faccende del mattino, che doveva sbrigare quando era appena chiaro, egli percorreva un miglio e mezzo di strada fino al villaggio, su strade che un giorno erano piene di fango, e il giorno dopo ghiacciate e dure come il ferro. Sul lato occidentale della piazza del villaggio, oltre la bottega del fabbro, ma prima di quella del ciabattino, c’era la casa del signor Nordholt, il maestro di scuola, e la, con gli altri ragazzi di Piper’s Run, Len doveva combattere contro l’aritmetica e le lettere, le letture e la storia della Bibbia, fino a mezzogiorno, quando veniva lasciato libero di ritornare a casa, sempre a piedi, e sempre su quella strada difficilmente praticabile. E poi c’erano tutte le altre cose. Spesso Len pensava di avere piu da fare di papa e di suo fratello James messi assieme.
Suo fratello James aveva diciannove anni, e stava per sposare la figlia maggiore del signor Spofford, il mugnaio. Era molto simile a papa, grande e grosso e tranquillo, fiero della sua bella barba recente, malgrado essa fosse quasi rosea. Quando il tempo era bello, Len andava con lui e con papa nella legnaia, oppure in giro, a riparare le staccionate o a pulire le siepi, e a volte andavano tutti a caccia, sia per procurarsi la carne che per procurarsi le pelli degli animali, perche nulla veniva sprecato, ne gettato via. C’erano cervi, tassi, opossum, procioni e roditori, secondo la stagione dell’anno, e scoiattoli; e si diceva, anche se le voci erano molto vaghe e confuse, che gli orsi che vivevano nelle parti piu selvagge della Pennsylvania avessero deciso di scendere dalle loro colline, per spingersi a ovest, fino all’Ohio; e a volte, se l’inverno era molto duro, c’erano voci che parlavano di branchi di lupi a nord, nella regione dei laghi. C’erano delle volpi da tenere lontane dai pollai, e topi da tenere lontani dal grano, e conigli da tenere lontani dal frutteto. E tutte le sere c’era di nuovo la mungitura, e le faccende da sbrigare prima del riposo, e poi la cena, e il letto. Non rimaneva molto tempo, percio, per la radio.
Eppure, sia da sveglio che nel sonno, la radio non gli usciva mai dalla mente. Due cose erano legate a essa: un ricordo e un sogno. Il ricordo era la morte di Soames. Il tempo lo aveva trasfigurato, fino a renderlo piu alto, e piu nobile, e piu splendido di quanto mai fosse stato qualsiasi mercante dai capelli biondi, e la luce del falo che lo aveva illuminato si era confusa con la gloria del martirio. Il sogno era quello di Bartorstown. Era stato composto pezzo per pezzo dalle storie narrate dalla nonna, e da alcuni frammenti di sermoni, e dalle descrizioni classiche del paradiso. Quella Bartorstown aveva dei bianchi edifici immensi che salivano verso il cielo, ed era piena di suoni e di colori, e di persone vestite in fogge strane, e risplendeva di luce, ed era piena di tutte le cose che la nonna aveva descritto, macchine e generi di lusso e mille e mille piaceri.
La cosa piu tormentosa di quella piccola radio era che lui ed Esau sapevano che si trattava di un legame con Bartorstown, e che se essi avessero saputo usarla avrebbero potuto udire realmente le voci degli uomini di Bartorstown parlare delle meraviglie di Bartorstown. Forse avrebbero potuto scoprire addirittura dove si trovava, e come la si poteva raggiungere, se si desiderava farlo. Ma per Esau andare nel bosco era difficile almeno quanto per Len, e nei pochi momenti rubati al lavoro quotidiano essi non riuscirono a ottenere dalla radio che dei rumori privi di senso.
La tentazione di rivolgere alla nonna qualche domanda sulle radio era quasi superiore alle capacita di resistenza di Len. Ma non osava farlo, e comunque era sicuro che la nonna non doveva saperne piu di quanto ne sapeva lui.
«Abbiamo bisogno di un libro,» disse Esau. «Ecco quello che ci manca. Un libro che spieghi come funzionano queste cose.»
«Si,» disse Len. «Certo. Ma come pensi di procurartelo?»
Esau non rispose.
Le grandi ondate di freddo calarono dal nord e dal nord-ovest, una dopo l’altra. Cadde la neve, che poi si sciolse nel vento caldo venuto dal sud, e poi il pantano che rimase nei campi gelo, per le nuove ondate di freddo, mentre la temperatura si abbassava. Qualche volta piovve, invece, una pioggia gelata e insistente, e i boschi nudi gocciolavano. La pila di concime dietro il fienile si trasformo in una bruna montagna collosa. E Len pensava.
Forse era stato merito dello stimolo offerto dalla radio, o semplicemente lui stava diventando adulto, o entrambe le cose si erano unite… ma lui vedeva le cose che lo circondavano in una luce diversa, come se fosse riuscito a distaccarsi un poco da esse, evitando di farsi confondere alla vicinanza. Questo nuovo tipo di prospettiva non era con lui sempre, certo: anzi, in prevalenza lui era troppo stanco o troppo affaccendato per pensare ad altre cose. Ma di quando in quando vedeva la nonna seduta accanto al fuoco, intenta a lavorare a maglia con le sue mani vecchie e malferme, e si sentiva triste per lei perche era vecchia, e pensava alla lunga vita che aveva avuto e a tutto cio che aveva visto, mentre la piccola Esther, una copia in miniatura della mamma, con la cuffietta leggera e il piccolo grembiule e tutte le gonne, era giovane e cominciava a vivere allora.
Poi vedeva la mamma, sempre affaccendata intorno a qualcosa, a lavare, cucire, filare, tessere, ricamare, assicurarsi che la tavola fosse ben rifornita di cibo per gli uomini stanchi del lavoro e pieni di sano appetito, una donna solida, sicura, molto dolce e molto tranquilla. Vedeva la casa nella quale viveva, le familiari camere dipinte di bianco delle quali conosceva ogni fessura e sporgenza delle pareti di legno. Era una vecchia casa. La nonna diceva che era stata costruita solo un anno o due dopo la costruzione della chiesa. I pavimenti salivano e scendevano, e le pareti pendevano un poco, ma la casa era ancora solida come una montagna, fatta di grandi tronchi messi insieme dal primo Colter che era venuto la, molte generazioni prima della Distruzione. Una casa vecchia, eppure non era troppo differente dalle nuove case che venivano costruite ora. Quelle che erano state costruite durante l’infanzia della nonna, o subito prima, erano le case dall’aspetto realmente strano, piccole cose dal tetto piatto le cui pareti avevano dovuto essere in prevalenza rinforzate con grandi, robusti tronchi, e le cui finestre chiuse da assi inchiodate erano buchi grandi e privi di ragione. Lui si alzava e cercava di toccare il soffitto, e pensava che l’anno prossimo avrebbe potuto riuscirci. E una grande ondata di amore lo travolgeva, e pensava. Non me ne andro mai da qui, mai, mai! E la sua coscienza doleva, con una forza quasi fisica, perche lui sapeva di comportarsi male a giocare con la radio proibita e con i sogni proibiti di Bartorstown.
Per la prima volta, lui vedeva davvero suo fratello James, com’era realmente, e lo invidiava. Il suo viso era placido e liscio come quello della mamma, e nei suoi occhi non brillava neppure una scintilla di curiosita. Lui non si sarebbe curato neppure dell’esistenza di venti Bartorstown sull’altra riva del Pymatuning, non avrebbe fatto nulla per raggiungerle, neppure per vederle. Lui voleva soltanto sposare Ruth Spofford e restare dov’era. Len intuiva confusamente che suo fratello James era uno di quei pochi privilegiati che non dovevano mai pregare Dio per ottenere da lui la grazia di un cuore contento.
Papa era diverso. Papa aveva dovuto lottare. La lotta aveva lasciato dei segni sul suo viso, ma erano segni buoni, segni di forza. E la sua serenita era diversa da quella del fratello James. Non era venuta cosi, spontaneamente. Papa aveva dovuto lottare e sudare per conquistarla, esattamente come si doveva sudare e lottare per avere un buon raccolto da un campo povero. Era qualcosa che si poteva avvertire, quando si era con lui, ed era una cosa bella, una cosa che si sarebbe desiderata anche per se.
Ma era possibile? Si poteva rinunciare a tutti i misteri e a tutte le meraviglie del mondo? Era possibile non vedere mai tutte quelle cose, ne desiderare di vederle? Era possibile soffocare l’ansia e la speranza di udire una voce dal nulla, una voce che usciva da una scatoletta quadrata?
In gennaio, subito dopo Capodanno, ci fu una vera e propria tempesta di ghiaccio, durante un sabato sera. Il lunedi mattina Len si mise in cammino per andare a scuola quando il sole era appena sorto, e ogni albero, ramo, ed erba intirizzita erano rivestiti di una brillante gloria di gelo. Si attardo sulla strada, contemplando i boschi familiari diventati strani e risplendenti come una foresta di vetro… una visione molto piu rara e affascinante della coltre di neve che ricopriva spesso i rami, trasformando il paesaggio in una bianca distesa abbagliante… ed era tardi quando attraverso la piazza del villaggio, passando davanti al monumento di pietra eretto in memoria dei caduti di tutte le guerre dai cittadini di Piper’s Run. Un tempo sulla pietra c’era stata un’aquila di bronzo, ma ora non rimaneva altro che un grumo di metallo corroso che ricordava due artigli. Anch’esso era rivestito di ghiaccio, e il terreno era scivoloso, infido. Sui gradini della casa del signor Nordholt era stata cosparsa della cenere Len sali i gradini, arrivo sulla veranda, ed entro nella casa.
La stanza era ancora fredda, malgrado l’allegro scoppiettare del fuoco nel camino. Aveva il soffitto molto alto, e doppie porte ugualmente alte, e lunghe finestre, cosi che entrava piu freddo di quanto il fuoco potesse eliminarne. I muri erano imbiancati, con molte decorazioni di legno lucido, di grana grossa. Gli studenti erano seduti su rozze panche, prive di schienale, con lunghi tavolini davanti. Erano disposti in ordine di altezza, i piu piccoli davanti, i piu alti dietro, le ragazze da un lato, i ragazzi dall’altro. Erano ventitre in tutto. Ognuno aveva una lavagnetta liscia, un gessetto, e uno straccio per cancellare, e tutto quello che veniva loro insegnato, a eccezione dell’aritmetica, veniva dalla Bibbia.
Quella mattina sedevano tutti immobili, con le mani in grembo, e ognuno cercava di confondersi nella stanza come un coniglio nella siepe, per non farsi notare. Il signor Nordholt era in piedi davanti a loro: era un uomo alto e magro, con la barba bianca e un’espressione di gentile fermezza che spaventava solo i piu piccoli. Ma quella mattina il signor Nordholt era in collera. Era furibondo, lo si vedeva fiammeggiare di sdegno, e i suoi occhi dardeggiarono Len con uno sguardo di fronte al quale egli cerco di farsi piu piccolo. Il signor Nordholt non era solo. C’erano anche il signor Glasser, il signor Harkness, il signor Clute, e il signor Fenway, che costituivano la legge e il consiglio di Piper’s Run, e che ora sedevano rigidamente in fila, osservando con occhi tempestosi gli studenti.
«Se ora il
Len scivolo al suo posto nell’ultimo banco, senza fermarsi a togliersi la pesante giacca e la sciarpa che gli circondava il collo. Rimase seduto la, cercando di farsi piccolo piccolo, di assumere un’aria innocente, chiedendosi cosa fosse successo per produrre una simile tempesta, e pensando con un senso di acuta colpa alla radio.
Il signor Nordholt disse:
«Per tre giorni, a Capodanno, io sono stato ad Andover, per fare visita a mia sorella. Non ho chiuso a chiave la porta, andandomene, perche non e mai stato necessario chiudere le porte contro i ladri, a Piper’s Run».
La voce del signor Nordholt era soffocata da un’intensa emozione, e Len ebbe la certezza che doveva essere accaduto qualcosa di veramente brutto. Ripenso frettolosamente alle sue azioni di quegli ultimi tre giorni, ma non trovo niente che gli potesse essere imputato.
«Qualcuno,» annuncio con voce sepolcrale il signor Nordholt, «Si e introdotto in questa casa, durante la mia assenza, e ha rubato tre libri».
Len s’irrigidi. Ricordo le parole che aveva detto Esau, qualche tempo prima: «Abbiamo bisogno di un libro…».
«Questi libri,» prosegui il signor Nordholt, «Appartengono alla comunita di Piper’s Run. Sono libri anteriori alla Distruzione, e percio insostituibili. E non servono per uso ozioso o indiscriminato, percio desidero che siano immediatamente restituiti».
Si fece in disparte, e allora si alzo il signor Harkness. Era un uomo piccolo e massiccio, con le gambe arcuate per avere camminato per tutta la vita dietro a un aratro, e la sua voce aveva un tono rauco, gutturale. Durante le riunioni, era lui a recitare, sempre, le preghiere piu lunghe. Egli guardo le file di banchi con due piccoli occhi d’acciaio che usualmente erano amichevoli come quelli di un cane.
«Ora,» disse il signor Harkness, «Rivolgero una domanda a ciascuno di voi, a turno. Vi chiedero se avete preso i libri oppure no, o se sapete chi li abbia presi. E non voglio menzogne o false testimonianze».
Si avvicino all’angolo di sinistra e comincio, camminando lungo i banchi. Len ascolto i monotoni
Dopotutto lui non sapeva che si trattasse proprio di Esau… non poteva averne la certezza. «Non dirai falsa testimonianza», aveva detto il signor Harkness, e darsi un’aria colpevole quando non lo si era, in fondo, era come prestare falsa testimonianza. Inoltre, se avessero fatto delle ricerche troppo accurate, se la loro attenzione si fosse concentrata su di lui, avrebbero potuto scoprire…
Gli occhi e l’indice di Harkness si puntarono su di lui
«No,» disse Len, «No, signor Harkness».
Gli sembro che tutte le colpe e le paure del mondo pesassero e vibrassero in quelle semplici parole, ma il signor Harkness non indugio, e passo a interrogare il ragazzo vicino a Len. Quando giunse in fondo all’ultimo banco, disse:
«Benissimo. Forse voi tutti dite la verita, forse no. Lo scopriremo. Ora vi diro questo: se voi vedete un libro che non appartiene alla persona che lo usa, dovete venire subito da me, o dal signor